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lunedì 11 marzo 2024

LA SCUOLA e LA BELLEZZA

 


"Che cosa c’entra la bellezza 

con la scuola?

 Il fine della vita non è la sopravvivenza ma la bellezza. 

Che le cose lottino per sopravvivere è evidente, ciò che sorprende è che la lotta miri alla bellezza.

-          

-         di Alessandro D’Avenia

 

Qualche giorno fa mi si è reso ancora una volta chiaro in una piccola piazza di Milano: sui rami di alcune magnolie brillavano già, in una luce ancora invernale, le prime fioriture. Non era un’anomalia. Molti si fermavano ad ammirare, colti da quel desiderio che la bellezza risveglia perché, essendo la bellezza vita compiuta, ci ricorda che siamo fatti per questo: compierci nel tempo e nel mondo che ci sono dati. La bellezza chiede: a che punto sei con i doni della vita? E se la bellezza è il fine della vita, dovrebbe esserlo anche dell’educazione che è aiutare la vita a crescere.

Avviene nel luogo deputato, dopo la famiglia, a questo: la scuola? Vi si dovrebbe scoprire la propria unicità per poi portarla a compimento cercando nel mondo e nel tempo ciò che serve allo scopo. Eppure, il «XXI Profilo dei diplomati» presentato il 29 febbraio da AlmaDiploma, analizzato già su queste pagine, riferisce che un ragazzo su due dice di aver sbagliato indirizzo scolastico e universitario. Esito inevitabile di un orientamento quasi assente nella scuola secondaria di primo e secondo grado. Si esce da medie e superiori possedendo delle competenze, ma non se stessi. E senza questo non si può essere felici. Perché?

 In un mondo in cui il criterio della felicità è l’efficienza, ciò che conta è acquisire quanto prima competenze «spendibili» nel lavoro.

 Essere «spendibili» significa essere «comprabili», cioè, diventare noi stessi «risorsa» da «esaurire»: questo vuol dire risorsa, e purtroppo abbiamo deciso che le persone sono risorse umane.

 Invece la felicità dipende dalla profondità di rapporti che abbiamo con il mondo e con gli altri: i nostri ricordi felici riguardano infatti ciò che abbiamo creato con le nostre attitudini e le relazioni significative che abbiamo stretto. Se non so chi sono e con chi sono, le competenze sono solo vestiti su un manichino.

L’orientamento dovrebbe servire a scoprire i propri talenti per poi farli fiorire a beneficio degli altri nel tempo, grazie a terreni e giardinieri scelti perché adeguati a quelle caratteristiche, come le magnolie che richiamano passanti a sostare e bambini a giocare. Non conoscendo se stessi (cioè non essendo ri-conosciuti da chi li educa) i ragazzi si affidano a impressioni fugaci, scelte di maggioranza, aspettative familiari. Non si può non scegliere ma se non si ha l’energia e il coraggio di una vocazione, si sceglie ciò che sembra più certo, comodo, sicuro, rinunciando così alla propria specifica bellezza. Per questo molti ragazzi si ritrovano in vite non loro, con il senso di colpa e l’ansia tipici di una cultura della perfezione e della performance. A differenza di quelle magnolie che fanno ciò a cui sono chiamate nel tempo che serve loro, proprio in mezzo al traffico, noi rischiamo di essere inghiottiti da quel traffico: un mondo che ci dice come essere e che cosa fare prima di averci permesso di scoprire chi siamo e per chi. Può essere felice una magnolia a cui si chiede di fare pere o di fiorire in tutte le stagioni? Entrerà in contraddizione con se stessa, sarà sfruttata (privata dei suoi frutti) e appassirà.

 Allo scopo di orientare nella scuola è stata introdotta quest’anno la figura del docente tutor. È un primo passo, ma una formazione di 20 ore online non può bastare al paziente lavoro educativo necessario a scoprire l’unicità di un ragazzo. Non si diventa giardinieri in 20 ore e l’uomo è più complesso di una magnolia. Qualche giorno fa ho letto l’intervista al calciatore Rafa Leão, per il quale nutro una parzialissima simpatia calcistica, che raccontava la sua infanzia a Lisbona: «il pallone sempre fra i piedi in un quartiere molto popolare, la maggior parte dei suoi abitanti sono immigrati, in molti dall’Africa. Non un posto facile. Lì di buono c’era il pallone, ci giocavo dalla mattina alla sera. Interi pomeriggi nel parcheggio del supermercato. Spesso erano carte appallottolate o una lattina o una bottiglia usate come palla, mentre un’auto era la porta. Il mio modo di giocare è ancora quello, un calcio di strada, fatto di finte, scatti, furbizia». Quel bambino, come ogni bambino, aveva una vocazione che lo avrebbe reso felice: «Dio mi ha dato un dono e io gli sono grato. Il mio lavoro è giocare a pallone, ho coronato il mio sogno di bambino. Come potrei non sorridere?». E quel bambino continua a cercare bellezza e gioia: «Amo i gol belli. Il calcio oggi è solo statistiche, cifre. E a me non piace. Il calcio è magia, gioia. Mi fa arrabbiare che la gente pensi solo ai numeri. Io non sono così. Perché la gente deve divertirsi. E allora mi devo divertire anche io. Sono per la bellezza». Ma senza ciò che hanno fatto per lui la famiglia e i primi maestri quel talento sarebbe andato sprecato.

 I livelli della vita parlano dialetti diversi ma la lingua è la stessa: il talento del calciatore e quello delle magnolie sono doni dati ai singoli a beneficio del mondo. Ho scoperto che le magnolie di quella piazza si chiamano soulangeane, una specie i cui fiori bianchi, rosa e viola sbocciano mentre i rami degli altri alberi sono ancora spogli. Il loro nome viene da un ufficiale dell’esercito napoleonico, Étienne Soulange-Bodin (1774–1846), che ne creò l’ibrido da due varietà cinesi nella campagna a cui dedicò la seconda parte della sua vita, diventando un famoso botanico. Un uomo che aveva perso tempo in campagne militari fu poi capace di tornare alle campagne vere e proprie, la sua vocazione, e quella di ogni uomo: creare bellezza. Oggi pensiamo a una persona in formazione come a una macchina su cui installare software sempre più aggiornati e veloci; invece, siamo più simili alle piante che con la loro energia intrinseca e specifica realizzano, senza fretta né ritardi, la bellezza a cui sono chiamate. E non lo fanno in competizione (competenza e competizione hanno la stessa radice e avranno quindi gli stessi frutti: tutti lottano per emergere ma sappiamo che ci riusciranno i già avvantaggiati), ma in collaborazione (lavorare insieme: ciascuno emerge per la sua unicità che lo rende necessario agli altri, di cui a sua volta ha bisogno).

La cooperazione è per me uno dei capitoli più interessanti della recente botanica, sviluppato negli ultimi anni dagli studi di Suzanne Simard che ha riscritto il paradigma competitivo nell’evoluzione delle piante (consiglio il TedTalk «How trees talk to each other» del 2016 e il suo libro L’albero madre): quando l’albero di un gruppo è minacciato o si ammala, gli altri esemplari, anche di specie diverse, scambiano non solo informazioni aeree tramite ormoni diffusibili ma soprattutto sostanze nutrienti attraverso l’immensa rete delle loro radici. Gli alberi non sono innanzitutto attori individuali in competizione per le risorse, ma un sistema collaborativo, con alcuni alberi che per la loro età hanno un ruolo centrale per la nascita e la vita dei più giovani, questo sistema è definito da Simard «intelligenza del bosco». Finché la scuola non avrà questa intelligenza, userà solo la lingua dell’utile e dell’efficienza (rendimento, crediti, debiti, competenze...) e non della vita (crescita, maturazione, cooperazione, vocazione...) i suoi «virgulti» spesso appassiranno prima della «maturità» invece di diventare belli come le magnolie che, persino nell’asfalto trafficato e inquinato, spingono a fermarsi a respirare e a chiedersi perché e per chi siamo qui.

 

Alzogliocchiversoilcielo



mercoledì 3 maggio 2023

DOCENTI TUTOR E ORIENTATORI. PRESENTAZIONE DOMANDE

Il Ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara ha firmato una direttiva per riconoscere a chi svolgerà le attività di docente tutor e orientatore un punteggio aggiuntivo ai fini della mobilità e delle graduatorie interne. Il punteggio sarà definito in sede di contrattazione integrativa.

Il Ministero ha inoltre prorogato al 31 maggio il termine per presentare domanda di candidatura per la posizione di docente tutor o orientatore.

Ai fini della preparazione, chi lo desidera potrà prendere parte al corso di formazione online di 20 ore organizzato da Indire, tramite la piattaforma ScuolaFutura. Quest’ultimo prevederà un programma articolato in moduli e permetterà agli insegnanti delle scuole secondarie di secondo grado che vi prenderanno parte di acquisire una formazione di base. Seguirà un’attività di accompagnamento, sempre a cura di Indire, nel corso dell’anno scolastico 2023/2024. Gli insegnanti che volessero accedere alla formazione dovranno manifestare la disponibilità a svolgere la funzione di tutor/orientatore per almeno un triennio.

Per sostenere le scuole nell’avvio della riforma, le domande e risposte più frequenti saranno pubblicate, sottoforma di Faq (frequently asked questions), sul sito docentitutor.istruzione.it, al cui interno il Ministero ha predisposto apposite sezioni dedicate sia a docenti, dirigenti e personale scolastico che a studenti e famiglie.

 Docente tutor e orientatore: come fare domanda

La circolare ministeriale specifica anche come fare domanda per diventare docente tutor e orientatore e tutto deve partire dalla formazione e dalle singole istituzioni scolastiche.

Devono essere le scuole, infatti, a comunicare i docenti da avviare ai percorsi di formazione individuati, utilizzando la piattaforma “FUTURA PNRR”.

Le domande con i nominativi per i docenti tutor e orientatori dovranno essere inoltrate a partire dalle ore 15.00 del 17 aprile 2023 e fino alle ore 15.00 del 2 maggio 2023 (prorogato al 31 maggio).

Il percorso da seguire è il seguente:

  • “FUTURA PNRR – Gestione Progetti”;
  • Area “Iniziative”;
  • sezione “docenti tutor orientamento.

I docenti tutor individuati riceveranno successivamente apposita comunicazione per l’accesso ai percorsi formativi dedicati tramite la piattaforma “Scuola Futura”.

È quindi la dirigenza scolastica a dover individuare i docenti tutor e orientatori da avviare alla formazione tramite apposita richiesta solo dopo aver ricevuto dalla Direzione Generale per i Sistemi informativi la comunicazione del numero indicativo minimo degli insegnanti da poter coinvolgere, calcolato in proporzione del numero degli studenti iscritti alle classi del secondo biennio e del quinto anno per l’anno scolastico 2023/2024.

I docenti in possesso dei requisiti per diventare tutor e orientatori dovranno primariamente dichiararsi disponibili a ricoprire uno dei due ruoli e pertanto devono:

  • essere in servizio con contratto a tempo indeterminato con almeno 5 anni di anzianità maturata con contratto a tempo indeterminato o determinato;
  • avere svolto compiti rientranti in quelli attribuiti al tutor scolastico e al docente orientatore (funzione strumentale per l’orientamento, per il contrasto alla dispersione scolastica, nell’ambito del PCTO…);
  • aver manifestato la disponibilità ad assumere la funzione di tutor e di docente orientatore per almeno un triennio scolastico.

Per maggiori dettagli sulle figure dei docenti tutor e orientatori rimandiamo alla pagina ministeriale indicata dal Mim in cui sono disponibili il decreto, la circolare e gli allegati scaricabili e consultabili.

 


giovedì 30 marzo 2023

DOCENTE TUTOR. LUCI E OMBRE

Pregi e limiti 
di una figura 
 in cerca d’autore

 Nella scuola secondaria di secondo grado arrivano due nuove figure: il docente tutor e l’orientatore. Ma non mancano le criticità. Molti i punti da definire

- di  Silvia Ballabio

 

 La bozza di decreto che istituisce le figure del docente tutor e del docente formatore per il triennio della scuola è stata presentata in data 21 marzo 2023 ai sindacati, ed è ora in attesa di parere da parte del Cspi. Il decreto prevede anche lo stanziamento di risorse derivanti dal Pnrr e dal Pon per remunerare attività didattiche di potenziamento sulle discipline (soprattutto per le discipline Stem e con metodologie innovative) e relative all’orientamento come misura di contrasto alla dispersione scolastica.

Sono candidabili a diventare docenti tutor e orientamento, a partire dall’anno scolastico 2023/24, da parte delle istituzioni scolastiche i docenti in ruolo da cinque anni e che abbiano preferibilmente svolto già il compito di funzione strumentale in campo di tutoraggio o orientamento. Solo per il docente tutor è previsto un corso di formazione di 20 ore, erogato online da Indire da aprile (praticamente da dopodomani). Entrambe le figure saranno retribuite; più consistente la retribuzione per il docente tutor (da 2.850 a 4.750 euro lordo) di quella del docente orientamento (da 1.000 a 2.000 euro lordo). Il docente tutor o orientamento dovrà mantenere la funzione per almeno tre anni.

Al docente tutor sarà affidata la “personalizzazione degli insegnamenti”; coordinerà e svilupperà attività didattiche con un duplice scopo, il recupero per le studentesse e gli studenti che manifestano maggiori difficoltà, e il potenziamento delle abilità particolari per quelle studentesse e studenti che, nelle parole del ministro Valditara, in classe “si annoiano”. Dalle varie sottolineature fatte la finalità primaria sembrerebbe essere limitare la dispersione scolastica, con buona pace di chi in classe si annoia. Il tutto sarà limitato al solo triennio della scuola superiore e con un tutor ogni raggruppamento di studenti (da 30 ai 50 studenti per raggruppamento). Quanto al docente orientamento, le sue funzioni dovrebbero essere quelle di elaborare dati e informazioni relative al contesto e porsi come figura di raccordo con i docenti tutor, gli studenti e le famiglie.

Il ministro dell’Istruzione e del merito Giuseppe Valditara ha descritto le nuove figure come il primo passo di un cambiamento radicale della scuola, e anche il presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha lodato la misura. Più critiche le varie sigle sindacali, che hanno evidenziato i limiti, anche evidenti, del provvedimento che verrà.

Entrambe le figure sono innovative, o perlomeno “nuove” in senso formale; come altre necessità reali del mondo della scuola, sostenere gli studenti in difficoltà, valorizzare le eccellenze e guidare a una scelta consapevole relativa al proprio percorso presente e futuro sono attività intrinsecamente strutturali alla funzione docente. Svolgerle in modo compiuto, responsabile, e pedagogicamente adeguato è un altro paio di maniche.

 Le difficoltà di apprendimento, oltre quelle certificate e per le quali viene redatto da tempo un Piano didattico personalizzato, il Pdp, hanno sempre più a che fare con situazioni di disagio personale delle studentesse e degli studenti. Le cause di questo disagio sono molteplici; comprendono fenomeni sociologicamente nuovi, come il dilagare dell’isolamento fisico e della dipendenza dal virtuale (con tutti i fenomeni collegati, quali il cyberbullismo) e meno nuovi, quali la dissoluzione dei nuclei familiari, o per separazione/divorzio dei genitori o per la difficoltà oggettiva di questi a occuparsi dei figli, garantendolo loro un tempo genitoriale, se non abbondante, perlomeno sereno e non convulso.

Qualsiasi azione intrapresa dal singolo docente o da un gruppo di docenti è come il tentativo di camminare su cocci di bottiglia aguzzi a piedi nudi. Diremmo: “Se non puoi curare, non fare danni”, col rischio tuttavia che l’inazione comporti tanti, o più, danni dell’azione. Ciò non significa che il docente si ritiri, ma solo che se ha coscienza del proprio “essere” (ruolo o mestiere sono termini inadeguati) sa che intervenire sulle difficoltà è complesso, e anche rischioso. Se non teme (ancora) il rischio (professionale e umano) per sé, certo lo teme per i possibili effetti della sua azione/inazione.

Inutile quasi sottolineare che per il tutor orientamento l’azione nel triennio potrà quasi esclusivamente orientarsi alla scelta post-scuola secondaria, visto che il cambio di percorso comporta prove integrative che non tutti gli studenti desiderano o possono affrontare.

La figura del tutor, su cui si sono concentrate le energie creative del ministero, risponderà alle reali necessità? Il primo limite è innanzitutto il fatto che sia previsto solo nel triennio. Si spera che questo sia dovuto a limiti di fondi e alla scelta di immagine di garantire “fino al termine degli studi” la presenza di questa figura, e non alla cecità di fronte alla evidente accelerazione delle problematiche sopra descritte (e altre) che si presentano ben prima del triennio finale, anche alla scuola media di primo grado.

Un secondo limite è legato alla vaghezza della funzione stessa del docente tutor, ideale coordinatore di attività didattiche volte a recuperare chi è in difficoltà; si parla di corsi di recupero? Di tutoraggi individualizzati? Di gruppi di lavoro fra studenti? Il tutto sarà forse svelato con l’inizio dei corsi di formazione (e quindi a brevissimo, sembrerebbe), anche se – terzo elemento di criticità – la brevità del corso e soprattutto il suo essere solo online non lascia ben sperare.

Il rischio è che poi il docente, pur “formato” e testato con una prova finale, peschi nel nuoto di quanto fatto nell’istituto dove presta servizio, sia in termini di ideazione che di risorse umane. Un altro limite è l’ampiezza del raggruppamento (non classi ma raggruppamenti, con quali criteri? anche questo sarà trattato nel corso di formazione, o lasciato alla iniziativa del docente tutor?) delle studentesse e degli studenti (da 30 a 50 studenti).

 Se questo provvedimento è il primo tassello di un disegno complessivo già definito, verrebbe da farsi una domanda semplice: quale è il disegno complessivo? Se esiste, perché non è stato “svelato”, se non proprio dettagliato in tutti i suoi passaggi? E a quali linee pedagogiche si ispira?

 Il Sussidiario