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venerdì 15 marzo 2024

RAGAZZI. SALUTE MENTALE IN CRISI



 
Solitudini, dipendenze, disagio, ritiro sociale: i più giovani sotto pressione. 

E gli adulti non stanno molto meglio.

Il punto annuale sul benessere psichico degli italiani nel convegno dell’Ufficio Cei per la Pastorale della salute con psichiatri e studiosi. Cresce l’allarme per patologie che insidiano le nuove generazioni


Baturi: «L’incontro nasce solo quando riconosco l’altro come persona, anche con tutte le sue ferite. E mi prendo cura di lui»

 

-         di PINO CIOCIOLA

    

Il futuro non sembra di grande compagnia. Anzi, mostra piazze quasi solo virtuali e solitudini reali, condite da una discreta tristezza e qualche senso di vuoto. Mentre il presente neppure mostra un barlume d’inversione di rotta e tendenze. Non c’è insomma da stare granché allegri, specie pensando ai più giovani, ma tocca muoversi, com’è stato spiegato a “Le grandi solitudini. La Chiesa italiana e la salute mentale”, settima edizione del convegno promosso dall’Ufficio nazionale per la Pastorale della salute della Cei, in collaborazione con l’Associazione italiana psicologi e psichiatri cattolici e l’associazione “In punta di piedi”, con una ventina di relatori.

 Pandemia della solitudine.

 Diversi elementi «ci fanno dire che oggi viviamo una “pandemia della solitudine”, e si direbbe che il contesto sociale occidentale attuale non aiuta la relazione», dice in un videosaluto inviato al convegno monsignor Giuseppe Baturi, segretario generale della Cei. Ma «l’incontro, la relazione, può nascere solo quando riconosco l’altro, anche nelle sue fragilità, anche quando è vulnerato, ha subito qualche ferita, lo riconosco come persona, come un “tu” che possiede quell’originario valore per sé stesso. E mi prendo cura di lui».

 Ritiro sociale. Punto, già sconsolante, di partenza, socialmente parlando: «Una percentuale di ragazzi tra l’11 e il 27% soffre di sentimenti di tristezza e vuoto, quando diventano consapevoli della scarsa quantità e qualità delle proprie relazioni sociali», percentuale che «sale al 40% se si considera l’età adulta», spiega Stefano Vicari, docente di Neuropsichiatria infantile alla Cattolica di Roma e responsabile dell’Unità operativa complessa Neuropsichiatria infantile e dell’adolescenza all’Ospedale Bambino Gesù. Occhio poi al cosiddetto “ritiro sociale” (sottrarsi alle opportunità d’interazione con i coetanei), visto che si stimano in questa condizione «120mila ragazzi ».

 Vita da smartphone . Ancora Vicari: «Il 78,3% di bambini fra 11 e 13 anni utilizza internet tutti i giorni, soprattutto attraverso lo smartphone ». A proposito, «i bambini tra sei e dieci anni che utilizzano lo smartphone tutti i giorni sono passati dal 18,4% del 2018/19 al 30,2% del 2020/2021», cioè dopo la pandemia. Risultato? «Facile e veloce soddisfazione dei bisogni virtuali», «controllo sugli altri, sulle proprie emozioni e i propri comportamenti», «eccitazione da immagini, suoni e video durante la navigazione». Naturalmente con la “sindrome da disconnessione” scattano «ansia, tristezza e rabbia», annota Vicari. Così – conclude – «la dipendenza da strumenti elettronici è la piaga di questi anni». Con relativa e annessa solitudine.

 Condizione patologica. Tanto più che c’è una bella differenza fra stare soli, restarci o finirci: «Se usiamo l’espressione “stare da soli” – annota l’Ufficio Cei per la Pastorale della salute, diretto da don Massimo Angelelli – possiamo pensare a un’opportunità per generare nuove energie, progetti, sviluppi. Se passiamo a “restare da soli” tratteggiamo uno scenario velato di tristezza, con la sensazione che si sia perduto qualcuno di prezioso. Ma quando nel nostro linguaggio entra la parola “solitudine” disegniamo un quadro malinconico che confina con – o addirittura entra in – una condizione patologica». Dunque, «nato per la relazione, l’essere umano, si trova non poche volte in condizione di solitudine, al punto che la letteratura a più riprese lo descrive come un essere “solo” dalla nascita alla fine».

 I “divorzi grigi”. Prendiamo la coppia che scoppia, altro giro di potenziali (e purtroppo non solo) solitudini. Un campanello ormai più che d’allarme sono i “ grey divorces” (divorzi grigi), i divorzi che avvengono oltre i cinquant’anni. E sono le donne – sottolinea Cinzia Niolu, medico, psicoterapeuta, psichiatra, dirigente della Uoc di Psichiatria della Fondazione Policlinico Tor Vergata – ad avere «una maggiore difficoltà a riprendersi emotivamente e psicologicamente».

 Disabilità. Ancora, pensando alla solitudine delle famiglie con figli disabili, «nell’ultimo decennio il numero delle consulenze neuropsichiatriche al Dipartimento emergenza e accettazione del Bambino Gesù è aumentato undici volte», fa sapere Paolo Alfieri, dottore in Neuroscienze dello Sviluppo, Uoc di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza del Bambino Gesù di Roma. Intanto, nel mondo «più di un adolescente su sette tra 10 e 19 anni convive con un disturbo mentale diagnosticato» e «il suicidio è la seconda causa di morte tra 15 e 19 anni in Europa». Testimonianza della mamma di una ragazza disabile in cura al Bambino Gesù: « Invitare un familiare in casa a pranzo o per un semplice incontro è impensabile. Ancor più quando tutti si riuniscono», come a Natale o per un compleanno, che «per noi rimane un’utopia».

www.avvenire.it  

 

venerdì 2 luglio 2021

ALLARME SBALLO PER I GIOVANISSIMI


In oltre 400 pagine 

la fotografia dei consumi e dello sballo 

al tempo del lockdown

 

-         di Viviana Valoisio

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Un quadro tanto dettagliato quanto drammatico. In particolare, sulla situazione dei minori, a cui viene dedicato un capitolo apposito circa gli effetti del lockdown e dell’isolamento, i cui effetti a lungo termine l’Italia ha iniziato a osservare nelle ultime settimane. La Relazione annuale al Parlamento sulle tossicodipendenze, pubblicata ieri sera in oltre 400 pagine, è la fotografia da cui partire per ripensare il sistema dei servizi. Un bilancio che riprende, in buona sostanza, i diversi allarmi lanciati negli ultimi mesi su come il mondo dell’offerta e della domanda di sostanze si sia per così dire “adattato” alla pandemia. Ovvero, perfettamente, visto che nell’anno delle chiusure le droghe hanno continuato ad arrivare con facilità a chi le cercava: meno le operazioni di sequestro (giù del 13%), molto di più le sostanze intercettate (un secco +7% rispetto all’anno prima), per un totale di 58.828 chili. E ben 44 le nuove sostanze psicoattive scoperte sul territorio italiano, con un aumento delle segnalazioni del +200% nel primo semestre post-lockdown.

Sul fronte dei consumi, l’impennata ampiamente annunciata è quella che riguarda la cocaina: dei 5.331 utenti arrivati nei Serd da Nord a Sud, il 39% ha chiesto il trattamento per l’abuso primario di cocaina e cocaina fumata (crack),  il 27% di eroina, il 19% di alcol e il 9% di cannabis. Il dato della cocaina, per intendersi, per la prima volta super l’eroina e segna un + 2% rispetto al 2019, quello dell’alcol addirittura un +4%, mentre la cannabis è in leggera flessione. Sull’emergenza alcol, soprattutto tra giovani e giovanissimi, la Relazione d’altronde parla chiaro: l’82% degli studenti italiani di età compresa fra i 15 e i 19 anni ha consumato almeno una bevanda alcolica senza alcuna differenza di genere, il 76% lo ha fatto negli ultimi 12 mesi e il 43% nel corso dell’ultimo. Ubriacature per il 35%, binge drinking per il 16% (che riferisce di aver fatto 5 o più bevute di fila nel periodo di restrizioni, anche qui sostanzialmente senza distinzione rilevante di genere). Un’emergenza nell’emergenza. Non è l’unico focus della Relazione, che analizza anche gli effetti della dipendenza da Internet, visto che il 98% degli studenti di 15-19 anni possiede un dispositivo atto a navigare su Internet e il 47% rimane collegato mediamente più di 4 ore alla rete. E analizzando nello specifico i minori che hanno utilizzato almeno una sostanza illegale nell’anno (il 19%) emerge che oltre la metà degli utilizzatori di sostanze (54%) rimane collegata per oltre le 4 ore quotidiane contro il 45% osservato fra i non consumatori e il 47% tra gli studenti nel loro complesso. Nello specifico, le percentuali di studenti utilizzatori di sostanze risultano più che doppie per quanto riguarda navigare su siti per adulti e svolgere giochi di abilità come solitari e sudoku per oltre 4 ore. È l’altra faccia della medaglia: perché i giovanissimi sempre più spesso giocano anche, d’azzardo possibilmente. Fra gli studenti di 15-19 anni, la percentuale di coloro che lo hanno fatto nel corso degli ultimi 12 mesi è pari al 44% e chi ha giocato online rappresenta l’8,2%. Gli studenti giocatori con profilo “a rischio”, tanto per intendersi, sono il 9,3%.

Tra le note positive della Relazione, la diminuzione invece delle morti per overdose nell’anno 2020: nel corso del 2020 i decessi riconducibili all’abuso di sostanze stupefacenti rilevati dalle Forze di Polizia o segnalati dalle Prefetture hanno raggiunto i 308 casi (267 gli uomini, 41 le donne), con un decremento del 18% rispetto al 2019. Stabili a oltre 7mila, invece, i ricoveri, anche questi per lo più legati al consumo di cocaina ed eroina (23% e 20%).

 www.avvenire.it

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