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sabato 4 gennaio 2025

IL VERBO SI E' FATTO CARNE


 La gloria di Dio 
che risplende 

nella debolezza 

di un uomo



 «A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio». 

Giovanni 1,12

 Commento di don Gianni Carozza*

Nella seconda domenica dopo Natale la liturgia ci propone alcuni testi di grande spessore teologico perché, dopo l’aspetto emotivo e semplice del Natale impariamo ad approfondire il mistero che ci è stato rivelato, per cogliere in profondità la ricchezza di ciò che adoriamo. Il libro del Siracide (24,1-4.8-12), che ci propone il cantico della Sapienza, alludendo all’azione dei profeti attraverso i quali la parola di Dio si era comunicata agli uomini, dice che la Sapienza divina ha preso Gerusalemme come sua residenza.

L’espressione che adopera il Siracide, parlando della sapienza, è la stessa che adotta l’evangelista Giovanni (1,1-18), parlando del Logos di Dio, cioè il suo pensiero – ancora di più della parola – la sua logica, la sua sapienza ha piantato la tenda nell’umanità: si è accampato nella nostra situazione precaria; ha preso dimora e abitazione nella nostra esperienza umana, per condividere la nostra umanità, per farci dono della sua divinità. Con Gesù noi siamo arrivati pienamente a Dio o, meglio, Dio è arrivato per primo e pienamente a noi. Attraverso Gesù riceviamo il «potere di diventare figli di Dio»: ecco la rivelazione della nostra segreta identità.

Dio è in noi. Non in pochi privilegiati, ma in ogni fratello che vive. È in noi nonostante la nostra miseria, fisica e morale, per dirci: «Io ti amo come un figlio. Amo la tua solitudine, la tua ricerca inappagata, le tue debolezze, le tue lacrime, la tua disperazione. Non c’è nulla nella tua vita che mi possa lasciare indifferente. Io ti amo. Voglio essere come l’istinto positivamente più bello e più profondo del tuo cammino».

«Il Verbo si è fatto carne». Gesù è la rivelazione di Dio, ma  è una rivelazione che avviene nella «carne», cioè in una forma velata. In Gesù Dio ha manifestato la sua gloria, ma non bisogna dimenticare che quella gloria risplende nella fragilità e nella debolezza di un uomo che per amore finirà sulla croce.

Se il Verbo si è fatto carne per amore, per accoglierlo occorre una risposta amorosa, u n ’ i n t e l l i g e n z a amante. Per questo Gesù un giorno dirà: «Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli» (Matteo 11,25). «Ai piccoli»: a quelli che hanno la sapienza del cuore.

È un dono, questo, dello Spirito da chiedere continuamente, come ci invita a fare l’apostolo Paolo nella seconda lettura, in un bellissimo passo della Lettera agli Efesini (1,3-6,15-18): «Il Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una profonda conoscenza di lui; illumini gli occhi del vostro cuore per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi» (1,17-18).

 

Famiglia Cristiana

 *Gianni Carozza

Gianni Carozza è biblista e presbitero della diocesi di Chieti-Vasto. Dopo la maturità classica ha frequentato la Pontificia Università Gregoriana e conseguito la licenza in Sacra Scrittura presso il Pontificio Istituto Biblico di Roma. Attualmente insegna greco biblico e letteratura giovannea presso l’Istituto Teologico Abruzzese-Molisano di Chieti e scienze bibliche presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose “G. Toniolo” di Pescara. È attivo sia nella formazione biblica sia come animatore di esercizi spirituali. Ha pubblicato: La Parola è più dolce del miele (Padova 2019) e Il cammino che sorprende. Il mistero di Gesù in Marco (Padova 2020).

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sabato 2 gennaio 2021

IN PRINCIPIO ERA IL VERBO


“In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l'hanno vinta. Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. […]

Commento di p. Ermes Ronchi

Un Vangelo che toglie il fiato, che impedisce piccoli pensieri e spalanca su di noi le porte dell'infinito e dell'eterno. Giovanni non inizia raccontando un episodio, ma componendo un poema, un volo d'aquila che proietta Gesù di Nazaret verso i confini del cosmo e del tempo. In principio era il Verbo... e il Verbo era Dio.

In principio: prima parola della Bibbia. Non solo un lontano cominciamento temporale, ma architettura profonda delle cose, forma e senso delle creature: «Nel principio e nel profondo, nel tempo e fuori del tempo, tu, o Verbo di Dio, sei e sarai anima e vita di ciò che esiste» (G. Vannucci). Un avvio di Vangelo grandioso che poi plana fra le tende dello sterminato accampamento umano: e venne ad abitare in mezzo a noi. Poi Giovanni apre di nuovo le ali e si lancia verso l'origine delle cose che sono: tutto è stato fatto per mezzo di Lui. Nulla di nulla, senza di lui. «In principio», «tutto», «nulla», «Dio», parole assolute, che ci mettono in rapporto con la totalità e con l'eternità, con Dio e con tutte le creature del cosmo, tutti connessi insieme, nell'unico meraviglioso arazzo dell'essere.

Senza di lui, nulla di nulla. Non solo gli esseri umani, ma il filo d'erba e la pietra e il passero intirizzito sul ramo, tutto riceve senso ed è plasmato da lui, suo messaggio e sua carezza, sua lettera d'amore. In lui era la vita. Cristo non è venuto a portarci un sistema di pensiero o una nuova teoria religiosa, ci ha comunicato vita, e ha acceso in noi il desiderio di ulteriore più grande vita: «Sono venuto perché abbiano la vita, e l'abbiano in abbondanza» (Gv 10,10). E la vita era la luce degli uomini. Cerchi luce? Contempla la vita: è una grande parabola intrisa d'ombra e di luce, imbevuta di Dio. Il Vangelo ci insegna a sorprendere perfino nelle pozzanghere della vita il riflesso del cielo, a intuire gli ultimi tempi già in un piccolo germoglio di fico a primavera. Cerchi luce? Ama la vita, amala come l'ama Dio, con i suoi turbini e le sue tempeste, ma anche con il suo sole e le sue primule appena nate. Sii amico e abbine cura, perché è la tenda immensa del Verbo, le vene per le quali scorre nel mondo.

A quanti l'hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio. L'abbiamo sentito dire così tante volte, che non ci pensiamo più. Ma cosa significhi l'ha spiegato benissimo papa Francesco nell'omelia di Natale: «Dio viene nel mondo come figlio per renderci figli. Oggi Dio ci meraviglia. Dice a ciascuno di noi: tu sei una meraviglia». Non sei inadeguato, non sei sbagliato; no, sei figlio di Dio. Sentirsi figlio vuol dire sentire la sua voce che ti sussurra nel cuore: “tu sei una meraviglia”! Figlio diventi quando spingi gli altri alla vita, come fa Dio.

E la domanda ultima sarà: dopo di te, dove sei passato, è rimasta più vita o meno vita?

(Letture: Siracide 24,1-4.12-16; Salmo 147; Efesini 1,3-6.15-18; Giovanni 1,1-18)

Cercoiltuovolto

sabato 4 gennaio 2020

HA POSTO LA SUA TENDA IN MEZZO A NOI



Il nostro Dio, il Dio che conosciamo attraverso la sua Parola, è un Dio che ha le sue preferenze
La prima grande preferenza di Dio è stare con gli uomini
Fra gli uomini preferisce la compagnia di quelli che nessuno vede. Magari sono dentro le nostre case e nessuno li vede. 
Forse sono nel nostro luogo di lavoro e nessuno li vede. Potrebbero essere in una corsia di ospedale e nessuno li vede.
Forse stanno passeggiando lungo i viali dei giardini pubblici di una città, assorti nei loro pensieri e nelle loro solitudini e nessuno li vede. 
Dio, non solo ha scelto di porre la sua dimora, la sua tenda in mezzo a noi, ma ha messo radici fra di noi. Noi siamo diventati il suo pensiero fisso, il suo turbamento e tormento, la sua preoccupazione, la ragione della sua venuta
Perché questo amore così viscerale, così inspiegabile? 
La verità è una sola. Dio, ancora prima della creazione del mondo, ci aveva scelti pensando al suo Figlio Gesù che sarebbe diventato l'ultimo degli ultimiper far trionfare l'amore. Non ci saremmo sentiti attratti da un Dio chiuso nella sua inaccessibilità. Ci attrae un Dio che è diventato la mia povertà, la mia miseria, il mio peccato, il mio dolore, il mio bisogno di significato
Gesù è tutto questo. Lo stiamo contemplando in questi giorni affascinanti del Natale, forse indulgendo ad una sorta di commozione interiore a basso prezzo. 
Ma quel Bambino in fasce, sulla paglia, in una grotta, perseguitato fin dai primi giorni della sua esistenza umana, povero, umile, è DIO fra noi. E' un Dio che vuole dirci: “Io non abito nel castello dove dovete venire a chiedere un pezzo di pane. Io abito in una tenda in mezzo alle vostre tende. Io abito nel vostro campo dove ogni è mobile”.
Dio nella persona di Gesù, uomo come noi, si è fatto nomade. Non sceglie un angolino della terra dove può vivere in tutto comodo. Ma continua a camminare, a camminare, a camminare. Dovunque Lui trovi l'amarezza e il dolore, ma anche la gioia semplice, lì mette radici la sua tenda, per poi spostarsi quando un altro grido attrae il suo amore.
Il sublime testo di Giovanni che parla del Verbo di Dio con parole per noi inaccessibili, alla fine deve fare i conti con la realtà.
Gesù era la Luce, ma noi abbiamo preferito le tenebre alla Luce. Eppure Gesù non è scappato, è rimasto. Quella Luce è per ogni uomo, che prima o poi, voglia lasciarsi raggiungere e illuminare. Dio, Gesù, è venuto in mezzo a noi, e noi non lo abbiamo riconosciuto. Ci aspettavamo un Dio trionfatore, vincente, dominatore, capace di far tacere tutti, subito, per far prevalere la sua presenza; ma non era così. Gesù è un Dio dimesso, nascosto, umile, mite, sempre confuso tra le persone disperate, disprezzabili, non gratificanti. Lì dobbiamo riconoscere il nostro Dio. 
Gesù è venuto in mezzo ai suoi, ai suoi, in mezzo a quelli che lo avrebbero dovuto riconoscere subito, lo avrebbero dovuto accogliere a braccia aperte, il Messia, il Salvatore, il Promesso. Noi, i suoi, non lo abbiamo accolto. Viviamo dentro di noi come se Dio non ci fosse.
Anche le nostre comunità parlano di Dio, eppure Dio non lo si vede
Tuttavia, tra le righe di questo Vangelo estasiante, c'è un messaggio di speranza: “A quanti lo hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio”. Se accolgo Gesù, se Gesù diventa la ragione della mia esistenza, se Gesù diventa il tormento del mio sonno, se Gesù diventa il pungolo per i miei peccati; se Gesù diventa il mio pensiero dominante, il mio amore prioritario, riceviamo, in cambio, il potere di diventare figli di Dio. 
Non è strano! 
Stando con Dio, si rassomiglia a Dio. Stando con Gesù si rassomiglia a Gesù e al Padre che ce lo ha donato. Chi lo contempla ne porta l'impronta sul volto e negli occhi, nel cuore e nelle mani. 
Dio nessuno lo ha mai visto, ma Gesù, suo Figlio, ce lo ha rivelato perché voleva, con tutto il desiderio appassionato del suo cuore, che noi rassomigliassimo al Padre, rassomigliando al Figlio.

Gesù, non vorrei passare per una persona che si piange addosso. Credimi! 
Voglio essere solo sincero e onesto con Te e dirti: “ Tu sei venuto e io non ti ho accolto”. 
Gesù, quante volte mi sento orfano di Te, non perché tu hai sradicato la Tua tenda che era accanto alla mia, ma perché io mi sono barricato nella mia tenda, indifferente verso di Te. Tu mi cercavi, mi imploravi, piangevi per me.
Gesù, Tu sei venuto e io non ti ho riconosciuto. Come faccio a negarlo? E' così! 
Tante volte è avvenuto questo: avere accanto e dentro il mio cuore l' Amore e non riconoscerlo.
Gesù, può anche capirsi che io non ti abbia riconosciuto quando i miei occhi erano annebbiati. Ma non essere stato capace di arrendermi davanti a Te che mi cercavi; essermi messo di traverso davanti ai tuoi piedi quando mi cercavi, questo è incomprensibile. 
Come può essere che l'Amore non sia ri-amato da me? 
Come può capitare che l'Amato del mio cuore, diventi l'estraneo del mio cuore? 
Come può avvenire che, anche quando sono malato per i miei peccati, non venga a farmi ungere dal Tuo unguento che guarisce? 
Gesù, il Natale ha messo a nudo le mie idee storte su di Te.
Gesù, Tu non sei un Dio da piedestallo.
Gesù, Tu non sei un Dio che abita nella reggia. 
Gesù, Tu non sei un Dio che posso trovare con i benpensanti, con gli opulenti, con chi si crede più grande di Dio, e vorrebbe piegare Dio ai suoi desideri e alle sue pretese. 
Gesù, Tu sei dove qualcuno implora, dove qualcuno è rimasto solo, dove qualcuno è stato ritenuto indegno d'amore.
Gesù, devo essere sincero fino in fondo: Tu sei dentro il mio cuore, perché non ce n'è alcun altro che abbia bisogno di Te quanto il mio cuore, che abbia bisogno di essere guarito dal tuo amore, dalla tua tenerezza, dalle tue viscere di misericordia come il mio cuore. 
Quanto mi attrae, Gesù, questa tua sconvolgente scelta. Se non avevo, prima d'oggi, capito l'Amore, adesso inizio a capire l'Amore. 

Don Mario Simula

PAROLE NUOVE