scritto
IN INGLESE
Per scrivere il Piano Scuola 4.0, che spiega agli insegnanti come usare la tecnologia in classe, il Ministero dell’Istruzione e del Merito italiano ha usato il vocabolario inglese. Il documento e talmente pieno di parole come roadmap, outcome e smart che se i docenti non conoscono a menadito la lingua inglese rischiano di capirci ben poco.
Per
questo l’Accademia della Crusca ha suggerito al Ministero di aggiungere un dizionarietto
per spiegare i termini presi in prestito dall’inglese (detti anglicismi) oppure
di tradurre in italiano tutte le parole del Piano Scuola.
L’operazione
non sarebbe difficile visto che molti dei vocaboli stranieri adoperati potrebbero
essere sostituiti con alternative italiane.
Per
esempio: che motivo c’è di scrivere “step” invece di “passo” o “labs” al posto
di “laboratori”? Perché usare “team” quando si può dire “gruppo”, “feedback”
invece di risposta e “target” al posto di “obiettivo”
Forse
a qualcuno sembra più moderno ma per tanti altri è solo incomprensibile.
Tra
gli esperti di lingua italiana all’Accademia della Crusca c’è Valeria Dalla
Valle che – insieme ai colleghi del gruppo Incipit – studia le parole
straniere entrate nell’italiano. “Alcune,
come computer, monitor, hostess o rock – ci spiega – sono usate perché nel
nostro dizionario non ci sono termini che indicano lo stesso concetto. Sono necessarie
e a nessuno verrebbe in mente di sostituirle. Oggi, però, le parole inglesi
sono scelte anche quando esistono alternative italiane: è una moda. Dire “call
center”, “bikers” o “location” al posto di “centralino”, “motociclisti” e “luogo”
impedisce alle persone che non sanno questa lingua di capire. Per questo gli anglicismi
inutili non dovrebbero essere usati dalle istituzioni, che debbono essere sempre
chiare coi cittadini.
Oggi
conoscere l’inglese è necessario. Infarcire di parole straniere i nostri
discorsi, anche quando esistono termini italiani con lo stesso significato,
invece, ha poco senso. “Anzi-dice Della Valle- se continuiamo a farlo, la
nostra lingua diventerà più povera. Non nasceranno più nuovi vocaboli e i
giovani scorderanno tante parole, a partire da quelle tipiche delle materie
tecniche e scientifiche”.
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