In movimento
Commento al Vangelo di domenica 4 febbraio 2018
di Paolo Curtaz
Esce dalla sinagoga, il Signore Gesù.
Ha appena guarito un indemoniato, il primo miracolo del primo
Vangelo, per ricordare a tutti che la prima purificazione da fare deve compiersi
all’interno della comunità, per superare una visione demoniaca della fede.
Esce e si dirige nella casa di Pietro.
Non è più la sinagoga, il luogo sacro, ad essere il cuore
della nuova comunità di discepoli, ma la casa. Dio esce dal tempio per abitare
e fecondare la quotidianità.
E noi, simpaticoni, lo abbiamo chiuso a chiave dentro i
tabernacoli.
Così Marco inizia il suo Vangelo, andando diritto
all’essenziale.
Raccontandoci una giornata-tipo di Gesù, fatta di ascolto, di
guarigioni, di liberazioni, di preghiera, di silenzi, di libertà interiore.
Così, per capire come orientare l’anno appena iniziato.
La suocera
Gesù, entrando in casa di Piero, scopre che sua moglie è a
letto, febbricitante.
Si avvicina, la prende per mano e la guarisce.
Lei, subito, si mette a servirli.
Anche noi siamo come la suocera di Pietro: guariti per
servire.
Se il primo atto da compiere all’interno della comunità è
quello di superare una visione demoniaca della fede, il secondo è quello di
servire il Signore e i fratelli.
La comunità non è composta da gente sana, bella, forte,
perfetta, esemplare.
Ma da ammalati guariti. Da peccatori perdonati. Da persone
fragili e impedite che in Cristo trovano guarigione e forza. Siamo dei
guaritori feriti perciò siamo in grado di servire i fratelli.
Senza giudicarli, senza criticarli, senza caricarli di sensi
di colpa.
Noi per primi, davvero, abbiamo sperimentato il peso delle
malattie dell’anima.
Lo sconforto, la paura, la solitudine, l’arroganza, la
lussuria, l’egocentrismo, il narcisismo, l’indifferenza. E ne siamo stati
guariti.
Sulla soglia
La curiosità raduna una piccola folla nel cortile interno
della casa della moglie di Pietro.
Gesù non li delude ed esce dalla piccola casa del pescatore,
si ferma sulla soglia e lì guarisce e libera.
Esiste ancora quella soglia.
La si vede visitando gli scavi archeologici della città di
Cafarnao, davanti alla casa identificata con certezza come la casa di Pietro.
C’è ancora quella soglia: un lastrone di pietra fra due sponde di muro che
dovevano contenere una semplice porta, unico accesso alla piccola costruzione.
Il Dio dei confini, che cerca pescatori di umanità in un
paesino di frontiera, sulla spiaggia, altro confine, ora si pone sulla soglia.
La soglia che unisce pubblico e privato, sociale e intimo,
folla e casa. Non più la sinagoga e nemmeno più la casa, ma la strada diventa
il luogo dell’annuncio e della guarigione.
Quando, profeticamente, il Papa parla delle periferie,
probabilmente intende qualcosa del genere.
Non restiamo chiusi nelle nostre sacrestie aspettando che la
gente del quartiere venga a bussare. Usciamo là dove veramente vive la gente,
nella contraddizione e nella fatica del quotidiano....
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