giovedì 22 febbraio 2018

DOTTRINA SOCIALE. DOVE VA L'EUROPA?

Dottrina Sociale in Europa, 

è davvero la fine delle illusioni?

                                                                                                       di Andrea Gagliarducci
Un continente in crisi, creato artificialmente e retto solo da accordi economici, che ha rinnegato le sue radici e per questo manca di identità: il Nono Rapporto dell’Osservatorio Van Thuan sulla Dottrina Sociale della Chiesa è dedicato all’Europa, e ad una crisi che sembra essere prima di tutto identitaria.
Il Cardinale Angelo Bagnasco, presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee, ha più volte parlato della volontà di costruire “un ordine mondiale senza Dio”. E questo ordine mondiale senza Dio ha la sua prima espressione nella decisione di privare l’Europa della sua identità, non citando le sue radici giudaico cristiane.
Ne consegue – è l’analisi del Rapporto – che l’Europa appare come un continente di immigrati, con varie storie ma senza una Storia comune. Un continente poi unificato improvvisamente sotto l’idea dell’Illuminismo, che viene fuori all’improvviso nella storia europea, come se non ci fosse stato un prima e un dopo.
Dal rapporto vengono fuori anche domande sostanziali, che fanno comprendere quanto, in realtà, il progetto europeo abbia rappresentato una omologazione dei popoli, non certo l’esaltazione della loro diversità e delle loro storie. E così, mentre il Regno di Francia aveva diversi possedimenti, sparsi, con una certa autonomia anche storica, succede che la Repubblica Francese crea uno Stato unitario, che taglia le province amministrative diverse in favore di un territorio più omogeneo e omologato.
La distinzione tra Stati e Imperi non va sottovalutata. Perché uno Stato è una identità burocratica, centralizzata, mentre l’impero ha una visione più sussidiaria, unisce più popoli senza la necessità di una unità culturale. Anzi, creando una sintesi.
Dopo il tema della migrazioni che rappresentò la “case history” dell’Ottavo Rapporto sulla Dottrina Sociale della Chiesa, l’ Osservatorio Van Thuan punta così gli proprio su un continente, l’Europa, che con le migrazioni sta vivendo una sorta di sostituzione.
E certo – ammette l’arcivescovo Giampaolo Crepaldi, presidente dell’Osservatorio – può sembrare un controsenso che un rapporto che guarda ai cinque continenti, con centri di ricerca che stanno anche fuori dai confini europei, si dedichi ad uno solo di essi. Ma la scelta è giustificata dal fatto che “se l’Europa, dal punto di vista geografico, ha dei confini, e se dal punto di vista geopolitico essa sembra compressa e relativizzata da altre potenze sia ad occidente che ad oriente, come idea esprime una civiltà potenzialmente universale”.
Lo aveva detto anche Papa Francesco, parlando con gli intellettuali francesi di Poisson Rose, che l’Europa era l’unico continente in grado di portare l’unità, ed è stato questo un tema generale dei vari discorsi del Papa sull’Europa, da quelli al Parlamento Europeo e al Consiglio d’Europa a quelli per i 60 anni dell’Unione fino al discorso per il Premio Carlo Magno.
Insomma, se c’è una crisi dell’Europa, “quella interessa tutto il mondo”, anche perché “per la Dottrina Sociale della Chiesa l’Europa non rappresenta un punto di riferimento casuale”, perché lì essa “è stata originariamente incarnata e per molti versi il rapporto tra Chiesa e mondo così come è stato realizzato in territorio europeo ha un significato ben più vasto”, continua l’arcivescovo Crepaldi.
In pratica, se “l’evangelizzazione del sociale frena significativamente o si arresta qui in Europa, ciò accadrà in tutto l’Occidente”.
Ci vuole – secondo l’arcivescovo Crepaldi – “un radicale ripensamento di metodi e soprattutto di contenuti”, perché è vero che “lungo la sua storia, il processo di unificazione europea ha preso strade sbagliate”, ma è anche vero che ha avuto “le occasioni per fare ammenda e rimettersi sulla giusta strada”, in particolare dopo il disfacimento dell’impero comunista dell’Est europeo.
Ma quell’“occasione storica”, è l’amara conclusione dell’arcivescovo Crepaldi, è andata perduta.
Eppure, i segnali di un risveglio di identità cristiana europea ci sono proprio ad Est. Gianfranco Battisti, nel saggio del Rapporto intitolato “Europa, le molte ragioni di una crisi epocale”, sottolinea “l’opposizione che giunge dai popoli e dai Parlamenti ai diktat che giungono da Bruxelles in materia di controllo delle nascite, di definizione di famiglia, di svalutazione della nazionalità”, e fa l’esempio della “Ungheria ha messo nella Costituzione il carattere cattolico della nazione”, della “Croazia vi ha fissato la definizione di matrimonio”, della Lettonia che vieta matrimonio omosessuale.
Ma la spaccatura di Europa c’è anche sulla questione migranti: il Gruppo di Visegrad, composto da Ungheria, Cechia, Slovacchia e Polonia cui si aggiungono Austria, Slovenia e Craozia, va quasi a riproporre la versione aggiornata dell’impero asburgico.
L’Europa è andata al di là dell’idea politica, giungendo a siglare un trattato di Maastricht che proponeva una unione economica, ma con “basi dottrinali, valoriali e religiose” troppo fragile.
E così, è l’amara analisi dell’arcivescovo Crepaldi, “prevalse la ‘ragione strumentale’, prevalse il convenzionalismo dei diritti umani, prevalse l’accentramento e la normalizzazione dall’alto, anziché la sapienza politica della costruzione articolata e sussidiaria dal basso. E questo è continuato anche in seguito, anche con l’ingresso dei nuovi Paesi dell’Europa orientale, creando oggi una nuova frattura al’interno dell’Unione”.
Per questo, l’idea di Europa, nata per “congedarsi dagli Stati ideologici”, è diventata preda di pressioni ideologiche, e in particolare mosse dai Lumi e dal “predominio della nomneklatura intellettuale e politica secondo l’ideologia del Manifesto di Ventotene”, vale a dire “da una concezione astratta dei diritti senza una visione condivisa dei doveri”.

“L’errore di fondo – conclude l’arcivescovo Crepaldi - è di aver pensato di aver vinto le ideologie del XX secolo con la democrazia formale, procedurale, tollerante tutto fino ad essere intollerante con chi dica che non si può tollerare tutto. E questo errore di fondo continua ad essere presente, anzi si irrobustisce, segno di una insipienza che continua nel tempo. E’ qui che l’Europa dimostra di essere ancora una illusione. Non è certo se sia una illusione finita, è certo che siamo davanti alla fine delle illusioni”.






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