giovedì 16 novembre 2023

ESSERE ASSOCIAZIONE OGGI

 

“Le associazioni di fedeli 

nella Chiesa oggi” 

- di d. Giovanni Buontempo 

                  

Condivido con voi alcune riflessioni sulla realtà dell’associazionismo laicale oggi. Il nostro Dicastero, all’interno della Santa Sede, ha la competenza di concedere il riconoscimento giuridico alle associazioni internazionali di fedeli e di accompagnarle nel loro sviluppo e nel loro apostolato. Al momento attuale vi sono 116 realtà aggregative laicali riconosciute dalla Santa Sede. Sono molto diverse fra di loro, per origine, natura, finalità. Mi concentro in particolare su quelle, come l’UMEC, che hanno il carattere di associazioni di fedeli.

            Alcune di queste associazioni appartengono al gruppo delle ex Organizzazioni Internazionali Cattoliche (OIC), dicitura non più utilizzata, e trovano la loro origine in quella corrente associativa di carattere laicale che ha avuto un grande impulso tra la fine del XIX secolo e i primi decenni del XX secolo. L’allora Pontificio Consiglio per i Laici, in uno studio a loro dedicato, vedeva una duplice finalità delle OIC: «la promozione della vita apostolica e missionaria dei propri membri» e insieme «la capacità di organizzare e gestire una presenza cristiana incisiva nella vita internazionale»[1]. L’ambiente ecclesiale e culturale che ha dato origine a questa “corrente associativa” era contraddistinto da una nuova visione di Chiesa come “mistero di comunione”, dal desiderio di portare l’annuncio cristiano in ambienti sempre più secolarizzati, dalla crescente consapevolezza del protagonismo laicale[2].

Numerosi testi magisteriali hanno sostenuto e incoraggiato tali realtà. Ne cito uno particolarmente significativo, la Gaudium et Spes, che afferma: «simili associazioni giovano non poco a istillare quel senso universale, che tanto conviene ai cattolici, e a formare la coscienza di una responsabilità e di una solidarietà veramente universali» (n. 90). Con il nuovo Codice di Diritto Canonico del 1983, si è resa necessaria la revisione dello statuto giuridico di tali realtà, che hanno riformulato i loro statuti, diventando “Associazioni Internazionali di fedeli”, rientrando dunque sotto la competenza del Pontificio Consiglio per i Laici, e, a partire dal 2016, del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita.

Dal testo del Pontificio Consiglio per i Laici e dal testo conciliare Gaudium et Spes emergono queste quattro finalità in relazione a quelle Associazioni di fedeli che hanno raccolto l’eredità delle OIC: 1) promuovere una attività apostolica coordinata; 2) rendere incisiva la presenza cristiana nella vita internazionale, 3) promuovere un senso internazionale tipicamente cattolico; 4) formare alla corresponsabilità universale. Cosa è cambiato oggi rispetto a queste finalità?

 Una prima differenza fondamentale è che ai tempi che hanno visto nascere molte OIC, la formazione cristiana era previa all’appartenenza all’associazione e la si riceveva altrove: in famiglia, nella parrocchia, persino a scuola. Ora non è più così. Nell’attuale contesto culturale che caratterizza molte delle società occidentali, tante persone – in alcuni paesi la stragrande maggioranza – non ricevono più alcune formazione cristiana (e religiosa in genere) né in famiglia, né in parrocchia o in altre strutture ecclesiali (che non frequentano più) e, ancor meno, nelle scuole e nelle altre istituzioni formative. Sorge dunque un nuovo compito e una nuova responsabilità per le Associazioni di fedeli, quella di diventare luoghi di formazione cristiana per i loro membri. Spesso le persone si avvicinano ad una associazione attratti da qualche evento a cui prendono parte, più spesso per via di relazioni di amicizia che si stringono con coloro che sono già membri, ma la fede di chi oggi diventa membro di una qualsiasi associazione di fedeli non può più essere data per scontata. Al giorno d’oggi, sempre più spesso, proprio l’associazione diventa il luogo del primo incontro con il Signore, del primo incontro con la fede e con la realtà viva della Chiesa. Prima ancora di promuovere un’azione apostolica coordinata, prima di pensare alla presenza cristiana nella vita internazionale e nella società, prima di rivolgere un appello alla responsabilità internazionale, è necessario accompagnare le persone in un graduale cammino di iniziazione alla vita cristiana. La grande sfida per molte associazione è quella di offrire, in modo permanente, percorsi di evangelizzazione e catechesi, di primo annuncio, di formazione alla fede, di accompagnamento nella crescita spirituale. Sottolineo che per “formazione cristiana” non bisogna limitarsi a conferenze scolastiche, ma catechesi vive e kerigmatiche, introduzione alla vita sacramentale della Chiesa, celebrazioni liturgiche, introduzione alla vita di preghiera, verifica della vita alla luce della Parola di Dio, momenti di confronto e dialogo, esperienze di fraternità, esperienze di servizio e di carità, esperienze missionarie etc. Il modello è la “formazione alla fede” che Gesù fece con i suoi discepoli.

Il Santo Padre afferma nella Evangelii Gaudium: «La formazione dei laici e l’evangelizzazione delle categorie professionali e intellettuali rappresentano un’importante sfida pastorale» (EG 102). In altri tempi la sfida sarebbe stata quella di “mobilitare” le categorie professionali (con una identità cattolica già ben delineata) e di “orientare” il loro impegni verso un fine apostolico comune. Ora la sfida pastorale è quella di “evangelizzare” le categorie professionali.

             Una seconda grande differenza rispetto ai tempi delle origini delle OIC è data dal nuovo contesto culturale che viviamo a livello globale. Cito le parole significative di Papa Francesco pronunciate in occasione del lancio del grande progetto che va sotto il nome di “Patto educativo globale”:

«Viviamo un cambiamento epocale: una metamorfosi non solo culturale ma anche antropologica che genera nuovi linguaggi e scarta, senza discernimento, i paradigmi consegnatici dalla storia. L’educazione si scontra con la cosiddetta rapidación, che imprigiona l’esistenza nel vortice della velocità tecnologica e digitale, cambiando continuamente i punti di riferimento. In questo contesto, l’identità stessa perde consistenza e la struttura psicologica si disintegra di fronte a un mutamento incessante che contrasta con la naturale lentezza dell’evoluzione biologica» (Messaggio del Santo Padre Francesco per il lancio del Patto Educativo, 12 settembre 2019).

È un testo molto denso. Papa Francesco, per caratterizzare il nostro tempo, ha affermato più volte che si tratta non di “un’epoca di cambiamento” bensì di “un cambiamento d’epoca” che trasforma «velocemente il modo di vivere, di relazionarsi, di comunicare ed elaborare il pensiero, di rapportarsi tra le generazioni umane e di comprendere e di vivere la fede e la scienza»[3]. Al tempo della nascita di molte OIC, c’era senza dubbio una maggiore uniformità antropologica, persino fra credenti e non credenti. C’era una tacita condivisione di una “visione d’insieme”, nel senso che esisteva un modo fondamentale di intendere la persona, le relazioni, la vita famigliare, la vita sociale, che era lo stesso per tutti. Ora, come dice il Papa, i “paradigmi consegnatici dalla storia” non sono più accettati. Più che rifiutati, sono semplicemente ignorati. Pensiamo, ad esempio al modo di concepire l’uomo (nella sua costitutiva realtà corporea-spirituale), al modo di concepire la relazione uomo-donna, la relazione genitori-figli, la relazione individuo-stato, la relazione fra individuo e territorio di appartenenza (cfr ad esempio la distinzione di D. Goodhart fra generazione degli “anywhere” rispetto a quella dei “somewhere”)[4].

            Questo dissolvimento dei paradigmi storici provoca la perdita di coesione sociale e la dissoluzione dell’identità e della struttura psicologica delle persone (basta guardare allo smarrimento dei giovani!). Proprio di fronte a tutto ciò il Papà ha proposto un “Patto Educativo globale” che vorrebbe «costruire un “villaggio dell’educazione” dove … trovare la convergenza globale per un’educazione che sappia farsi portatrice di un’alleanza tra tutte le componenti della persona: tra lo studio e la vita; tra le generazioni; tra i docenti, gli studenti, le famiglie e la società civile con le sue espressioni intellettuali, scientifiche, artistiche, sportive, politiche, imprenditoriali e solidali»[5], e soprattutto dove al centro di tutto si torni a mettere la persona.

            Le Associazioni di fedeli, e voi dell’UMEC in particolare, sono chiamate in causa in questa sfida. Si tratta di ridare senso all’esistenza di tante persone. Si tratta di ritrovare le motivazioni profonde dell’essere persona, dello stare insieme, della relazione uomo donna e della sfida di accogliere un progetto di vita coinvolgente e bello come la famiglia. Si tratta di riflettere sull’interconnessione di tutti gli uomini e dunque di ripensare la responsabilità dell’uomo nei confronti degli altri, della società, della creazione. Si tratta, in fondo, di “ridire” l’uomo e le sue dimensioni fondamentali, in modo creativo, avvincente e incoraggiante. Con un linguaggio e degli stili che siano propositivi e generino entusiasmo, non usando toni censori, risentiti e di condanna.

 un compito che vi riguarda in prima persona poiché, gli insegnanti sono appunto educatori, e molto spesso le figure educative più importanti e autorevoli in assoluto nella vita di tanti giovani. Proprio la fede cristiana dà uno slancio particolare al compito educativo, perché dalla fede nasce un interesse, un amore particolare al bene della persona e al bene del suo sviluppo integrale. La fede infatti porta con sé la carità divina, che ci spinge dall’interno a cercare il bene degli altri e a considerare la loro piena realizzazione e la loro felicità come nostra stessa felicità. Dunque, un insegnante veramente cristiano è quasi sempre un educatore appassionato, che ha particolare empatia con le persone, propenso a valorizzare i loro doni, a sottolineare la loro dignità, a far emergere la loro unicità.

 Per concludere, vorrei richiamare un pensiero di S. Agostino. Nel libro X delle Confessioni, Agostino osserva che tutti gli uomini desiderano la felicità, ma, si chiede, dove hanno conosciuto la verità? Infatti, si desidera solo ciò che si conosce (Conf. X,20,29). Dunque per desiderare la felicità gli uomini devono averne fatto in qualche modo esperienza (X,21,31). Ma, si chiede ancora Agostino, qual è questa esperienza che ha fatto provare loro felicità? Deve trattarsi di una esperienza che è alla portata di tutti e che dunque tutti hanno fatto e che perciò ha lasciato in tutti un “ricordo della felicità” che è rimasto impresso in modo indelebile nell’animo umano. Secondo Agostino questa esperienza è la conoscenza della verità! Conoscere la verità provoca una intima gioia nell’uomo, Agostino afferma infatti che la felicità è essenzialmente il “piacere del vero” (Conf. X, 23,33). Ma, andando ancora più a fondo, Agostino si spinge fino a dire che ogni esperienza di verità è in fondo una esperienza di Dio. Egli afferma: «Dove ho trovato una verità, là ho trovato il mio Dio, che è la verità stessa» (Conf X,24,35) (Ubi enim inveni veritatem, ibi inveni Deum meum, ipsam veritatem). Ogni esperienza di verità è una esperienza di Dio che provoca un intimo gaudio nell’uomo e che lascia una traccia di sé indelebile nella memoria. L’uomo desidera la felicità perché desidera provare ancora quell’esperienza di appagamento e di gioia che ha provato nel conoscere la verità. Dobbiamo notare che Agostino parlava di ogni verità, non solo di verità religiose.

Capiamo dunque la grande opportunità che ha un insegnante. Ogni insegnante, di qualsiasi materia, è una “guida verso la verità”, quella verità che abbraccia tutti i campi del sapere umano: sia essa la verità storica, la verità matematica e scientifica, la verità estetica, la verità filosofica, ed ogni altra verità. Questa esperienza è così potente da lasciare tracce di gioia nell’animo umano così profonde che diventano un richiamo silenzioso di Dio stesso. La conoscenza, o meglio, l’“esperienza” della verità accende nell’animo una segreta aspirazione dell’animo verso Dio che è la pienezza della verità. Aiutare i giovani a cercare la verità, aiutarli ad innamorarsi della verità, significa dunque indirizzarli verso Dio, significa aprire il loro animo alla ricerca della vera felicità e dunque della vera pace. Quale grande missione, quale grande responsabilità per ogni insegnante!

 

[1] Cf. Pontificio Consiglio per i Laici, L’Assemblea generale della Conferenza delle OIC, in Notiziario 8 (2003), n. 7.

[2] G. Carriquiry Lecour, Lo sviluppo del fenomeno associativo nella Chiesa cattolica, in G. Carriquiry Lecour, ed., Statuti delle Organizzazioni Internazionali Cattoliche, Milano 2001, IX-XI.

[3] Papa Francesco, Discorso alla Curia Romana per gli auguri di Natale, 21 dicembre 2019.

[4] David Goodhart, The Road to Somewhere: The Populist Revolt and the Future of Politics, C Hurst & Co, 2017.

[5] Messaggio del Santo Padre Francesco per il lancio del Patto Educativo, 12 settembre 2019.




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