giovedì 28 dicembre 2017

MASCHIO o FEMMINA. QUALE IDENTITÀ' ?

IL SIGNIFICATO DELL'IDENTITA' 

       Il libro di Francesco Pesce, “Due Nessuno Centomila. Genere, gender e differenza sessuale” (EDB, 2017), spiega le varie declinazioni del termine “gender” nei vari contesti.
        Quante volte, in questi ultimi anni, abbiamo sentito parlare di gender? Troppo o troppo poco? 
      C’è chi minimizza il problema e c’è chi non perde l’occasione per proiettare paure e catastrofi imminenti attaccando tutto e tutti. Ognuno faccia le proprie considerazioni. Una cosa però è certa: oggi, come ricorda Papa Francesco, non siamo di fronte ad un’epoca di cambiamenti ma ad un cambiamento d’epoca. 
     Libri sull’argomento (gender) ne sono stati pubblicati molti negli ultimi anni, ma la distinzione va fatta all’origine: con questo termine si indicano, da una parte, i cosiddetti “Gender studies” (studi di genere) che cercano di approfondire il significato dell’identità maschile e dell’identità femminile; dall’altra, invece, l’ideologia gender tenta di promuovere un’idea di identità slegata dal corpo, dalle relazioni, dalla storia, dal contesto e, perciò, tutta incentrata sul soggetto stesso. 
      Segnalo un interessante e sintetico libro sull’argomento scritto da Francesco Pesce, dal titolo “Due Nessuno Centomila. Genere, gender e differenza sessuale” (2017, Edizioni Dehoniane Bologna). 
      L’autore precisa subito che, data l’ambiguità di significato della parola “gender”, bisogna fare molta attenzione ai contesti in cui viene utilizzata. Infatti la frase “il gender (o la teoria del gender) non esiste” può essere vera o falsa a seconda del contesto in cui viene pronunciata. Se ci troviamo nell’ambito scientifico, tale cosiddetta “teoria” risulta non documentata e perciò irrilevante. In un dialogo tra genitori all’uscita di una scuola, la stessa frase potrebbe essere falsa: per rendersene conto, basta leggere qualche titolo di giornale o guardare agli incontri organizzati in classe per la distribuzione di alcuni “libretti”. Quindi bisogna fare molta attenzione. 
        Uno degli spunti più interessanti offerti dall’autore è il capitolo che cerca di individuare le cause di questa ideologia. E se fosse per paura di un sereno confronto con l’altro? Mi spiego meglio. La domanda dalla quale si parte è la seguente: perché cercare nell’altro l’identico a sé? Nella Bibbia possiamo leggere «voglio fargli un aiuto che gli corrisponda». 
     Richiamando Enzo Bianchi, potremmo dire che «l’uomo e la donna sono, infatti, l’uno per l’altro, ma al tempo stesso l’uomo è un problema per la donna e la donna per l’uomo». La donna è un aiuto per l’uomo proprio perché è di fronte a lui e contro di lui (e viceversa): l’altro modo di pensare mi è di aiuto proprio perché mi è contro, perché non posso esserne il padrone, perché resta un mistero, e mi spinge oltre me. 
     L’altro/a è un mondo che sfugge alla presa: per incontrarlo sono chiamato a dominare l’animalità interiore. Per tale motivo la differenza sessuale è impegnativa, spinge l’altro ad una presa di coscienza oppure a… scappare. 
     L’altro sesso mette le persone alla pari, le fa uscire da sé, provoca a diventare adulti. Le relazione (uomo-donna) permette di decentrarsi, perché fa fare i conti con un mondo differente, completamente altro: un altro modo di vedere la realtà. 
     Con Gilles Bernheim (rabbino di Francia), possiamo dire che: «Ogni persona è portata, prima o poi, a riconoscere che possiede solo una delle due varianti fondamentali dell’umanità e che l’altra le sarà per sempre inaccessibile. La differenza sessuale è quindi un segno della nostra finitezza. Io non sono tutto l’umano. Un essere sessuato non è la totalità della sua specie, ha bisogno di un essere dell’altro sesso per produrre il suo simile». 
     Allontanandoci dall’altro sesso ci si allontana, sostanzialmente, dalla possibilità feconda di diventare genitori, con tutto quello che comporta la relazione uomo-donna. Cercare, come si fa oggi, il neutro, l’ibrido, l’androgino, l’unisex fino ad arrivare al “queer” (termine che indica le persone che non si riconoscono in nessun genere) può essere un modo di evitare la fatica della differenza sessuale. 
     Conseguenza? Ci si snatura per non affrontare, consapevolmente, l’altro sesso e per non confrontarsi con la natura del nostro essere persone di sesso maschile o femminile. Comunque la si pensi, occorre convenire che ci troviamo di fronte a problematiche di scottante attualità con cui, o prima o poi, dovremo fare i conti. 

Domenico De Angelis




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