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venerdì 15 agosto 2025

IL SANGUE DEGLI INNOCENTI


Pizzaballa: 

il sangue di ogni innocente 

a Gaza 

e nel mondo

 non è dimenticato


Il Patriarca di Gerusalemme dei Latini celebra la Messa dell'Assunzione nel monastero benedettino di Abu Gosh. Rileggendo il brano dell'Apocalisse, ammette che “questi mesi carichi di dolore” non consentono discorsi sulla pace "edulcorati e astratti, e perciò non credibili". Con realismo invita a considerare che il potere di Satana sarà sempre all'opera; compito del cristiano è continuare a seminare vita, a restare sotto il manto protettivo di Dio, affinché il "drago" non abbia l'ultima parola.

 -Antonella Palermo - Città del Vaticano

 Il dolore di questo tempo, osserva il cardinale Pierbattista Pizzaballa, "non ci permette di fare discorsi sulla pace edulcorati e astratti, e perciò non credibili, né di limitarci alle ennesime analisi o denunce. Piuttosto - insiste -, si tratta di stare da credenti dentro questo dramma, che non è destinato a finire così presto". Nell'omelia della Messa celebrata dal patriarca di Gerusalemme dei Latini nella abbazia benedettina di Abu Gosh, nella Solennità dell'Assunzione, una meditazione sul testo dell'Apocalisse, brano che, dice, ha accompagnato la comunità dei cristiani ed è stato all’origine delle riflessioni più volte, "in questi mesi carichi di dolore". 

Consapevoli che il male continuerà a operare nel mondo

Pizzaballa condivide con realismo ciò che si evince per l'oggi dalla lettura del testo; in particolare si sofferma sul potere di Satana, raffigurato come il drago, Satana, che "non cesserà mai di affermarsi e accanirsi sul mondo, in modo particolare 'contro quelli che custodiscono i comandamenti di Dio e sono in possesso della testimonianza di Gesù'. Noi tutti vorremmo che il male fosse sconfitto quanto prima - ammette -, che scomparisse dalla nostra vita", ma non è così. "Lo sappiamo, ma dobbiamo sempre di nuovo imparare a convivere con la dolorosa consapevolezza che il potere del male continuerà ad essere presente nella vita del mondo e nella nostra. Noi non potremo con le nostre sole forze umane sconfiggere il potere enorme di quel drago. È un mistero, per quanto duro e difficile, che appartiene alla nostra realtà terrena. Non è rassegnazione. Al contrario - precisa -, è presa di coscienza delle dinamiche della vita del mondo, senza fughe di alcun genere, ma anche senza paura, senza condividerle ma anche senza nasconderle".

In Terra Santa sembra ci sia la più alta manifestazione di Satana

Tuttavia, sottolinea ancora il cardinale alla luce della Solennità odierna, "sul seme di vita, frutto di amore, il drago non può prevalere". Ed evidenzia che nella Bibbia il deserto non è luogo di assenza, ma luogo in cui Dio provvede. "Nella nostra esperienza attuale, così dura e difficile, Dio continua a provvedere a noi, avvertendoci innanzitutto della forza del male, del potere mondano che in questa Terra e in questo tempo sembrano davvero prevalere", prosegue. È molto chiaro Pizzaballa quando afferma che "non dobbiamo farci illusioni". La fine della guerra, avverte, non segnerebbe comunque la fine delle ostilità e del dolore che esse causeranno. "Dal cuore di molti continuerà ancora ad uscire desiderio di vendetta e di ira. Il male che sembra governare il cuore di molti, non cesserà la sua attività, ma sarà sempre all’opera, direi anche creativo. Per molto tempo ancora avremo a che fare con le conseguenze causate da questa guerra sulla vita delle persone. Sembra proprio che questa nostra Terra Santa, che custodisce la più alta rivelazione e manifestazione di Dio, sia anche il luogo della più alta manifestazione del potere di Satana. E forse proprio per questo, perché è il Luogo che custodisce il cuore della storia della salvezza, che è diventato anche il luogo nel quale 'l’Antico Avversario' cerca di imporsi più che altrove".

Pochi, mai allineati, "fastidiosi", saremo il rifugio di Dio

Di fronte a un contesto di morte e distruzione, il patriarca incoraggia ad avere fiducia, a confermare l'alleanza con chi desiderare e semina il bene, e "creare con essi contesti di guarigione e di vita". Amaramente consapevole che il male continuerà ad esprimersi, Pizzaballa invita a essere luogo di vita, così che il 'drago' non avrà l'ultima parola. "Non saremo dunque il centro della vita del mondo. Non seguiremo la logica che accompagna buona parte della vita dei potenti. Saremo probabilmente pochi, ma sempre diversi, mai allineati, e forse per questo diventeremo anche fastidiosi. Saremo comunque il luogo dove Dio provvede, un rifugio custodito da Dio. Meglio ancora, siamo chiamati a diventare noi rifugio per quanti vogliano custodire il seme di vita, in tutte le sue forme".

Il sangue degli innocenti non è dimenticato

Proseguendo ancora conl a metafora biblica, il cardinale è convinto che prima o poi il drago cederà, ma che ora bisogna sopportare, che il sangue degli innocenti, non solo in Terra Santa, a Gaza come in qualsiasi altra parte del mondo, "non è dimenticato". Il sangue "non è buttato via in qualche angolo della storia", scorre sotto l’altare, "mischiato al sangue dell’Agnello, partecipe anch’esso dell’opera di redenzione al quale siamo associati. Lì noi dobbiamo stare. È quello il nostro luogo, il nostro rifugio nel deserto". La vita cristiana, capovolge i criteri del mondo, conclude il cardinale Pizzaballa ricordando anche la testimonianza di santa Francesca Romana, ostacolata da Satana nel suo desiderio di vivere per Dio ma che, alla fine, ha compiuto l’opera di Dio. Il modo di operare di Dio è proprio questo con chiunque: entra e rovescia. 

Guardare dunque al mistero dell’assunzione di Maria Vergine, alla cui intercessione Pizzaballa infine affida tutti, come anticipo della redenzione eterna.

 Vatican News

 

sabato 8 giugno 2024

UN PROBLEMA DI IDENTITA'


UN CAMBIAMENTO RADICALE
 -X domenica del tempo ordinario-

Letture: Gen 3,9-15; Sal 129 (130); 2Cor 4,13-5,1; Mc 3,20-35

 Commento di Walter Abbattista

 Il Vangelo di questa domenica ci presenta un problema d’identità. Al centro dei riflettori c’è Gesù. La sua attività di predicazione e di azione sta facendo notizia tra i villaggi della Galilea intorno al lago e questo diventa motivo di preoccupazione, potremmo dire, ad intra e ad extra.

 Da una parte, infatti, i suoi parenti, da Nazaret, sono spiazzati da quest’uomo, che per tutta la sua infanzia e giovinezza aveva vissuto tranquillo nel suo villaggio e ora se ne va in giro predicando la prossimità del regno di Dio – elemento strettamente legato all’attesa messianica del tempo – guarendo malati e scacciando demoni.

 Dall’altra la notizia di questa sua attività arriva fino a Gerusalemme e un gruppo di scribi – potremmo definirli i «teologi» del tempo – si reca in Galilea per esaminare il caso.

 Il risultato è che, per i familiari di Gesù, quest’uomo è semplicemente andato fuori di senno, è impazzito e bisogna in qualche modo portarlo via, farlo «rientrare» nelle sue quattro mura domestiche. Per loro il Gesù che hanno di fronte non corrisponde più al Gesù che avevano conosciuto nel loro villaggio, figlio di Giuseppe e Maria.

 Per gli scribi, invece, l’autorità e il potere che Gesù esercita verso gli spiriti immondi è preoccupante: da chi riceve così tanta forza e potere? Che sia egli stesso un posseduto?

 Queste due posizioni s’intrecciano nel racconto e Gesù deve rispondere a entrambe. Ma prima di vedere il modo con cui egli risponde, vorrei invitare a riflettere proprio su ciò che sta a monte, ovvero il problema d’identità.

 Ciò che accomuna i due gruppi che si presentano davanti a Gesù, i parenti e gli scribi, è la difficoltà di «identificarlo», di catalogarlo, di definire la sua identità. E tale difficoltà nasce proprio dal fatto che Gesù esce dai loro schemi, dalle loro visioni e proiezioni «pre-definite». Questo porta i familiari e gli scribi non a modificare le loro «pre-comprensioni», ad aprire le loro menti e allargare i loro orizzonti o, potremmo dire con un linguaggio moderno, a considerare altre variabili che impongono un reset del proprio sistema, ma a eliminare il problema, ad azzerarlo.

 La diversità di Gesù – il suo essere «di-verso», ovvero il suo porsi in un «verso» opposto a quello «pre-dato» in ambito sia familiare che religioso – va semplicemente eliminata, proprio perché non catalogabile e quindi non comprensibile secondo gli schemi dati. Ciò che non si può identificare è semplicemente una minaccia, un nemico da eliminare, e molte potrebbero essere le piste di riflessione che si aprono a partire da questo punto, riflessioni di cui avremmo tanto bisogno per guardare «diversamente» le complesse realtà che in questo mondo generano conflitti.

 Ma torniamo alla risposta di Gesù. All’accusa, mossa dagli scribi, di essere un posseduto, Gesù risponde con un’argomentazione di una logica ferrea: come può uno che combatte gli spiriti immondi essere a sua volta posseduto da essi? Ecco le sue parole: «Come può Satana scacciare Satana? Se un regno è diviso in se stesso, quel regno non potrà restare in piedi; se una casa è divisa in se stessa, quella casa non potrà restare in piedi. Anche Satana, se si ribella contro se stesso ed è diviso, non può restare in piedi, ma è finito. Nessuno può entrare nella casa di un uomo forte e rapire i suoi beni, se prima non lo lega. Soltanto allora potrà saccheggiargli la casa».

 In altre parole, Gesù dimostra l’assurdità della loro affermazione: proprio il fatto che sta combattendo il demonio dimostra che egli stesso non è in suo potere, altrimenti significherebbe che il demonio sta combattendo se stesso, che si sta autodistruggendo.

 Per i familiari, compresa sua madre, la risposta è ancora più radicale e «stravolgente» proprio perché «stravolge» il concetto di «legame familiare»: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli? (…) chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre».

 Se la propria origine, le proprie radici sono parte costitutiva dell’identità, qui ci troviamo di fronte a una vera e propria rivoluzione «etnico-sociale». Per comprenderla più in profondità ci basta tenere a mente un particolare che oggi non compare più in modo evidente, ma che è ancora alla base dei nostri sistemi anagrafici: una volta nelle carte di identità venivano dichiarate anche la paternità e la maternità.

 Nella risposta di Gesù si ha uno scardinamento «radicale» (ovvero delle «radici», dell’origine) di questo parametro identitario. Si tratta di una vera e propria rivoluzione, forse ancora oggi non del tutto compresa: l’identità di una persona fondata non su un contesto bio-sociale, ma su una libera scelta progettuale e valoriale, che a sua volta fonda una radicale (sempre in senso di «radici», di origine) struttura identitaria: «Chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre».

La portata rivoluzionaria di tale affermazione – non unica, ma sicuramente tra le più importanti – è proprio lo scardinamento di ogni altra componente identitaria che si fondi su un legame genetico, geografico, etnico e, se si allarga lo sguardo, oserei dire anche (con una dovuta precisazione del termine) «religioso».

 Il Regno

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