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venerdì 12 maggio 2023

UNA CASA CHE NON SI TROVA


 - di Giuseppe Savagnone*

 

Le tende contro il mercato

Il moltiplicarsi delle tende impiantate dagli studenti davanti alle sedi universitarie è diventato il simbolo di una protesta che immediatamente riguarda il costo eccessivo degli affitti e che ha, però, anche altri significati su cui vale la pena di soffermarsi.

Ma cominciamo dal livello più immediato, quello logistico. Il caro-affitti, nelle città universitarie, ha raggiunto livelli insostenibili (si calcola che nel giro di due anni l’aumento sia stato del 20%). E colpisce la fascia più vulnerabile degli studenti, quelli fuori-sede. Ragazzi le cui famiglie fanno già grandi sacrifici per mantenerli agli studi accollandosi, oltre il costo delle tasse universitarie, anche quello del mantenimento in una città diversa dalla propria.

Ragazzi, bisogna aggiungere, che vivono loro stessi una condizione problematica, lontani come sono dal luogo dove sono cresciuti e dove, oltre a poter contare sulla famiglia, hanno una rete di amicizie, a volte anche legami sentimentali, che tentano disperatamente di mantenere malgrado la distanza materiale, attraverso Whatsapp o Skype, sperimentando però sulla loro pelle la differenza tra i rapporti “veri” e quelli solo virtuali.

La maggior parte proviene dal Sud, che ormai da diversi anni conosce un esodo di cervelli e di competenze a favore delle università del Nord. Un fenomeno disastroso per il Meridione, che risulta così sempre più desertificato, spogliato com’è delle sue risorse umane più qualificate. Dove il problema non è tanto il livello dei docenti – ce ne sono di ottimi anche negli atenei meridionali – ma le diverse opportunità che si aprono a livello lavorativo, già prima della laurea, a uno studente che esce da una università di Milano o di Bologna e uno che acquisisce lo stesso titolo in quella di Palermo.

Sono questi giovani “migranti” che le cosiddette “leggi del mercato” costringono a vivere, nelle città dove studiano, accampati in alloggi spesso squallidi, condivisi con estranei, pagati a prezzi esorbitanti, sfruttando il bisogno assoluto che essi hanno di trovare comunque un tetto. Ennesimo esempio di come la società neocapitalista sia organizzata in modo da penalizzare i più deboli, al di fuori di ogni criterio di umanità.

Risposte inadeguate

Questa situazione ha radici remote e non può certo essere imputata a un governo in carica da pochi mesi che ora, davanti al montare del malcontento, sta cercando di tamponare, sbloccando 660 milioni destinati ad attenuare, se non a risolvere, il disagio.

Ciò che può essere imputata alla destra al governo, invece, è la rozzezza della risposta che alcuni dei suoi membri ha ritenuto di dare alla protesta dei ragazzi. Spicca quella del ministro della Pubblica Istruzione, Valditara, che non perde occasione per mostrare la sua difficoltà culturale a sintonizzarsi con le istanze educative a cui il suo ministero dovrebbe rispondere.

Aveva già dato prova di sé stigmatizzando pubblicamente la bella lettera in cui una preside di Firenze aveva richiamato gli studenti del suo liceo a ribellarsi alla cultura dell’indifferenza e a rimanere vigili contro ogni forma di violenza e di chiusura.

 Adesso, davanti a una protesta che esprime disperazione, il ministro ha ritenuto opportuno spostare il discorso sul piano della polemica partitica, precisando che la responsabilità della situazione è dei sindaci di sinistra. Una lettura che ha indignato perfino un altro membro del suo stesso governo, Anna Maria Bernini, la responsabile dell’Università, la quale ha sottolineato, in polemica col collega, che il problema va affrontato ben al di là delle beghe di parte.

Altrettanto scoraggiante è stata la reazione di Matteo Savini, ministro delle Infrastrutture, che, nella fretta di sfruttare retoricamente la situazione, ha deprecato che nel suo dicastero non ci sia mai stata «una direzione riservata agli affitti degli studenti, degli impiegati, degli operai» e si è personalmente impegnato a crearla, salvo a scoprire che l’ufficio c’è già e che era lui a non conoscerne l’esistenza. A conferma delle accuse che gli vengono rivolte di dedicarsi più ai giri elettoli nelle piazze che al suo lavoro di ministro.

A queste “uscite a vuoto” fanno eco quelle dei giornali di destra, come «Libero», che ha titolato, in prima pagina: «Fatevi il mazzo non la tenda» e il cui direttore, Vittorio Feltri, nel suo editoriale, scrive che «è ovvio, un’antica abitudine, che le persone poco abbienti (…) pretendano comunque di vivere come i ricchi. Esse non ragionano ma voglio ottenere certi beni (…). Non sanno, o non vogliono sapere, che in tutte le capitali, non solo d’Europa, un monolocale costa un occhio della testa quanto nei pressi della nostrana Madonnina». E si appella al «mercato», contro cui «è assurdo protestare».

Un disagio più profondo

Ma l’immagine di questi ragazzi e ragazze che hanno dovuto trasferirsi nelle tende, per far capire a una società di adulti la loro condizione, evoca un disagio più profondo di quello riguardante il caro-affitti. Il nostro non è un paese per giovani. Basti pensare al problema del lavoro. Il caso di quelli del Sud, che, per sperare di trovarne uno, devono andare a studiare e a vivere lontano dalle loro case, è emblematico.

Ma il problema riguarda le nuove generazioni nel loro complesso. Pochi decenni fa si cominciava a lavorare prima dei venticinque anni. Oggi quasi dieci anni dopo. E l’impiego, che una volta nella maggior parte dei casi era definitivo, ora è quasi sempre a tempo determinato, lasciando aperta l’incognita del futuro. (Proprio nel Consiglio dei ministri del 1° maggio, che voleva simbolicamente evocare la centralità del lavoro agli occhi del governo, si è incrementato il sistema dei voucher, favorendo ulteriormente lo sfruttamento del precariato).

La ricaduta sulla possibilità di questi giovani di mettere su una famiglia è sotto gli occhi di tutti. Ci si sposa sempre più tardi. Nell’attesa si convive. La tanto deprecata diminuzione della natalità è una conseguenza inevitabile sia di questi matrimoni tardivi, rispetto ai tempi di fecondità della coppia, sia dell’incertezza del “tempo determinato”, sia dalla mancanza, soprattutto nel Meridione, di quella rete di supporti e di servizi che in altri paesi rendono possibile alle donne di affrontare la maternità senza dover rinunziare al lavoro.

Se l’essere attendati è un simbolo di provvisorietà e di fragilità, se confrontato con l’abitare in una vera casa, la protesta delle tende esprime bene non solo l’esclusione di questi giovani da appartamenti troppo cari, ma una condizione esistenziale che li tiene ai margini della società e li deruba del futuro.

La nostalgia di una vera “casa”

Vi è, infine, un terzo livello di significato, a cui l’immagine degli studenti accampati nelle nostre piazze fa pensare. Al di là del luogo materiale in ci si può vivere, al di là di un contesto sociale ed economico accogliente in cui essere inseriti, ciò di cui i giovani oggi vivono la mancanza è un orizzonte di valori che consenta loro di dare un senso ai loro problemi e alle loro esperienze. Perché noi adulti, a nostra volta, non abbiamo più certezze e non siamo in grado, perciò, di comunicarle ai nostri figli.

Viviamo in un mondo in cui gli imponenti palazzi delle ideologie sono miseramente crollati. Per certi versi bisogna rallegrarsene, perché queste belle costruzioni facevano pagare la sicurezza con la rinunzia a pensare. Il guaio è che al loro posto è rimasto il vuoto. E anche il vuoto non favorisce la riflessione e la ricerca, perché spinge le persone a riempirlo moltiplicando gli stimoli superficiali e i miraggi illusori che possono fare da surrogato al senso, fino al punto da dimenticare che se ne ha disperatamente bisogno.

È questa la condizione di tanti giovani che al vuoto si sono arresi. Emblematico il caso dei NEET (Not in employment, education or training) – persone che non studiano, non lavorano né cercano lavoro – , che in Italia rappresentano il 25,1% della popolazione compresa tra i 15 e i 34 anni (circa tre milioni di giovani). Ma tanti altri, che pure sono studenti o lavoratori, si sono abituati a questa desertificazione valoriale e l’accettano come normale.

Da questo punto di vista la tenda – riparo, ma provvisorio – può essere il richiamo alla consapevolezza che non ci si può rassegnare a non avere una casa e che quella in cui abitiamo attualmente non lo è.

 

* Scrittore ed Editorialista. Responsabile del sito della Pastorale della Cultura dell'Arcidiocesi di Palermo, www.tuttavia.eu

Foto: Repubblica



 


venerdì 18 febbraio 2022

DIRITTO ALLA SALUTE E ALLO STUDIO


Protocollo tra i dicasteri dell’istruzione e della salute

  -di  Salvatore Pappalardo

 Il 17 febbraio 2022 con la firma del protocollo d’intesa tra il ministro dell’istruzione Bianchi e della salute Speranza, si cerca di dare attuazione al principio dell’inviolabilità dei diritti dell’uomo, quali patrimoni irrinunciabili della persona umana.

Diritti inviolabili

L’art. 2 della Costituzione nell’affermare e garantire i diritti inviolabili dell’uomo, colloca la persona umana sopra tutti i valori presenti nel sistema costituzionale e ne qualifica i diritti a essa insiti fra cui il diritto alla salute e il diritto allo studio. Occorre evidenziare inoltre, che i diritti inviolabili dell’uomo non sono riconosciuti e garantiti solo alla persona nella sua dimensione individuale, ma anche nel contesto sociale in cui si sviluppa la sua personalità.

Il protocollo

Il protocollo si muove secondo i principi costituzionali e si pone l’obiettivo di tutelare “i diritti alla salute, allo studio e all’inclusione”, quali diritti che non possono essere compressi e violati neanche dal pubblico potere in questo senso il protocollo intende valorizzare:

Il diritto alla salute

attraverso i programmi volti a garantire la tutela della salute e del benessere psicofisico di studentesse e studenti, famiglie e insegnanti attraverso la promozione di campagne informative e di sensibilizzazione sulla prevenzione di tutti quei comportamenti che determinano rischi per la salute.

Il diritto allo studio

Attraverso la promozione d’iniziative volte a garantire la presa in carico globale di bambini, alunni e studenti con disabilità e con disturbi evolutivi specifici, assicurandone l’inclusione scolastica.

Conoscenza e formazione

Il protocollo fra i due dicasteri, in condivisioni con le famiglie e le reti di scuole, prevede un percorso volto a garantire la conoscenza e la formazione del personale scolastico al fine di accompagnare gli studenti e le studentesse in attività articolate secondo specifiche aree tematiche: dalla conoscenza del valore delle vaccinazioni, all’educazione alimentare, dalla mobilità sostenibile, all’inclusione scolastica di bambini, alunni e studenti con disabilità, fino alla prevenzione del fenomeno del cyberbullismo.

Durata del protocollo

“Il tutto avrà la durata di tre anni e prevede la costituzione di un comitato e la formazione di gruppi di lavoro specifici ai quali potranno partecipare esperti del mondo della scuola, dell’università, della sanità e delle associazioni”.

 Tecnica della scuola

MINISTERO - COMUNICATO



 

 

lunedì 11 dicembre 2017

IL DIRITTO ALLO STUDIO DI ALUNNE E ALUNNI FUORI DELLA FAMIGLIA DI ORIGINE

La Ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Valeria Fedeli, e la garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, Filomena Albano, hanno siglato oggi al MIUR le Linee guida per il diritto allo studio delle alunne e degli alunni fuori dalla famiglia di origine frutto di un Protocollo sottoscritto a maggio per garantire “Pari opportunità nell'istruzione per le persone minori d’età”.
Le Linee guida sono dedicate a tutte quelle alunne e quegli alunni che si trovano, per ragioni diverse, a volte in modo definitivo e talvolta solo provvisoriamente, fuori dalla famiglia d’origine. Si tratta quindi di: bambine e bambini, ragazze e ragazze che sono in affidamento familiare per difficoltà della famiglia di origine a prendersi cura dei figli; alunne e alunni che sono ospiti, provvisoriamente, nelle strutture dei sistemi di protezione (comunità familiari, case famiglia, comunità educative, comunità sociosanitarie) perché non è possibile disporre di un affidamento familiare; minori stranieri non accompagnati, in forte aumento negli ultimi tre anni; ragazze e ragazzi sottoposti a provvedimenti dell’autorità giudiziaria minorile in ambito penale.
A queste alunne e a questi alunni viene per la prima volta dedicato uno strumento specifico per l’accoglienza all’interno del sistema di istruzione, una cassetta degli attrezzi, una bussola pedagogica per le e gli insegnanti sulla via dell’inclusione. Un modello educativo che si basa sulla convinzione che la presenza di alunne e alunni provenienti da contesti sociali e biografici di complessità diverse può essere un’opportunità e un’occasione di cambiamento per tutta la scuola.
“Le Linee guida siglate oggi – sottolinea la Ministra Fedeli - sono il frutto di un impegno preso insieme all’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza. Questa firma rappresenta un momento importante: stabiliamo interventi operativi per strutturare percorsi didattici ed educativi che mirino al pieno sviluppo di ogni giovane, al di là della sua storia personale, delle condizione economiche della sua famiglia, della sua provenienza geografica. E confermiamo che confermare la straordinarietà del nostro sistema di istruzione e formazione: un sistema che accoglie, include, non lascia indietro nessuno, ponendo le basi di società di eguali diritti e pari opportunità, in cui i valori fondanti della nostra Costituzione – e faccio riferimento in particolare all’articolo 3 di questa – non rimangono enunciazioni di principio, ma trovano concreta attuazione nella vita delle cittadine e dei cittadini”.
“Numerosi e diversificati sono gli ostacoli che rendono difficile, alle ragazze e ai ragazzi allontanati dalla propria famiglia di origine, il poter realizzare il proprio percorso di istruzione e formazione. Queste Linee guida possono contribuire a superarne alcuni – sottolinea la Garante Filomena Albano -. In primo luogo  offrendo al personale scolastico elementi di conoscenza generali sul funzionamento del sistema di tutela dei minorenni. Accanto a ciò fornendo utili indicazioni per semplificare, rendere possibili e strettamente aderenti alle necessità individuali, le attività connesse alle varie fasi del percorso scolastico (iscrizione; scelta della classe d'ingresso; definizione dei tempi di inserimento, scelta dell’orientamento scolastico). Con la speranza – prosegue Albano - di ridurre il più possibile, se non proprio di eliminare, quegli elementi discriminatori che contribuiscono ad aggravare una situazione di per sé complessa e confidando nello spirito di resilienza e consapevolezza che i bambini e i ragazzi dimostrano di avere”.
Le Linee guida sono state elaborate  e redatte da un gruppo composto da rappresentanti del Miur e dell’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza con l’apporto prezioso e partecipato delle principali associazioni impegnate su queste tematiche. Contengono indicazioni e suggerimenti concreti, a tutti i livelli, dalla governance tra istituzioni diverse, con una chiara e necessaria definizione di  “chi fa che cosa”, alla gestione della classe e delle relazioni tra gli allievi, agli aspetti pratici e amministrativi relativi all’iscrizione a scuola, all’inserimento in classe, alla documentazione del percorso scolastico, spesso molto frammentato, all’orientamento scolastico e al bisogno di percorsi di avviamento al lavoro.  Pertanto la peculiarità di questo documento è di aver posto l’attenzione sulle alunne e gli alunni fuori famiglia a conferma dell’attenzione  della scuola italiana alla centralità della persona in relazione con l’altro.
Leggi: LINEE GUIDA