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venerdì 13 dicembre 2024

IL CUORE e L'INTELLIGENZA ARTIFICIALE

 

 "La cosa più grande"






di Silvano Petrosino

 

 

 

 

 

 

 

 Siamo circondati dall’intelligenza artificiale, e questa è una buona notizia; siamo invece invasi dai discorsi sull’intelligenza artificiale, e questa è una pessima notizia. In effetti, sembra che non ci sia altro di cui parlare e su cui riflettere, e così, ancora una volta, si sentono risuonare le seducenti parole di Lucignolo che promettono un futuro radioso in cui «le vacanze d’autunno cominciano con il primo di gennaio e finiscono con l’ultimo di dicembre». C’è dell’infantilismo, nel migliore dei casi, e dell’idolatria, nel peggiore dei casi, nell’attuale celebrazione dell’IA. che, come ogni vero idolo, risplende ma anche acceca, arrivando ad occupare tutta la scena. 

Evidentemente, non si tratta di misconoscere le potenzialità di questo magnifico strumento, ma neppure si può sorvolare sulle allucinazioni e sulle illusioni che, a dispetto di ogni buona volontà individuale, si coagulano attorno a questo nuovo, anche se momentaneo, protagonista della nostra attualità. 

 L’ultima lettera enciclica di Papa Francesco non parla dell’IA, e questa è un’ottima notizia. Nelle pagine della Dilexit nos si preferisce parlare del cuore e di conseguenza dell’amore, del cuore come via d’accesso all’amore. L’intera argomentazione, che ultimamente intende richiamare l’attenzione «sull’amore umano e divino del cuore di Gesù Cristo», si raccoglie attorno a due «convinzioni fondamentali», se così ci si può esprimere, che hanno il merito, visto l’argomento, di evitare le trappole del sentimentalismo e dell’emotività (vale la pena notare che spesso il termine in questione è scritto tra virgolette: “cuore”). La prima di tali «convinzioni» è che «Il nucleo di ogni essere umano, il suo centro più intimo, non è il nucleo dell’anima ma dell’intera persona nella sua identità unica, che è di anima e corpo. Tutto è unificato nel cuore, che può essere la sede dell’amore con tutte le sue componenti spirituali, psichiche e anche fisiche» (21). Al di là dell’opposizione anima e corpo, ma al tempo stesso anche più profondamente dell’unità anima e corpo, il cuore si configurerebbe così come il segreto più intimo e misterioso dell’essere umano in quanto sede e fonte dell’amore, di quell’amore – è il tratto fondamentale dell’antropologia cristiana, vale a dire di quella visione dell’uomo istruita dal modo di vivere e di parlare di Gesù il nazareno – che è la carne stessa di ogni esistenza umana, dell’intera esistenza umana e non solo della sua «dimensione emotiva», «perché ogni essere umano è stato creato anzitutto per l’amore, è fatto nelle sue fibre più profonde per amare ed essere amato» (ibidem). 

 La seconda «convinzione» all’origine del testo del Santo Padre è che «la parola “cuore” non può essere spiegata in modo esaustivo dalla biologia, dalla psicologia, dall’antropologia o da qualsiasi scienza. È una di quelle parole originarie “che indicano la realtà che spetta all’uomo tutt’intero in quanto persona corporea e spirituale”». Questa «parola originaria» non può essere spiegata in modo «esaustivo» dalla scienza, più precisamente dalle singole scienze, proprio perché in quanto «originaria» è essa stessa la luce che illumina la scena, l’intero, all’interno della quale ogni spiegazione può emergere e svilupparsi: «Così il biologo non è maggiormente realista quando parla del cuore, perché ne vede solo una parte, e l’insieme non è meno reale, ma lo è ancora di più. Nemmeno un linguaggio astratto potrebbe avere lo stesso significato concreto e contemporaneamente complessivo» (15). 

Il termine “cuore” rinvia ad una dimensione dell’esistenza umana la cui misteriosa natura sfugge alla presa della comprensione scientifica: questo mistero, infatti, non coincide con l’ignoto di cui parla e che appassiona la scienza. In tal senso, non solo «nell’era dell’intelligenza artificiale, non possiamo dimenticare che per salvare l’uomo sono necessari la poesia e l’amore» (20), ma neppure possiamo negare che anche solo per tentare di «leggere e interpretare» la trama sottile e aggrovigliata dell’esperienza umana è necessario il cuore della poesia e dell’amore. L’enciclica parla dell’«ordinario-straordinario» di quelle «migliaia di piccoli dettagli che compongono le biografie di tutti» (20), ordinario-straordinario che non potrà mai stare tra gli algoritmi, che non potrà mai essere letto e apprezzato dagli algoritmi, e non perché quest’ultimi siano male formulati ma perché è la loro stessa formula, la potenza della lora formula, a non essere in grado di apprezzarli proprio nella loro straordinaria piccolezza. 

 Riferendosi a San Paolo («Mi ha amato e consegnato se stesso per me» Gal 2,20), il Papa scrive: «La dedizione di Cristo sulla croce lo soggiogava, ma aveva senso solo perché c’era qualcosa di ancora più grande di quella dedizione: “Mi ha amato”. Quando molte persone cercavano in varie proposte religiose la salvezza, il benessere o la sicurezza, Paolo, toccato dallo Spirito, ha saputo guardare oltre e meravigliarsi della cosa più grande e fondamentale: “Mi ha amato”» (46).

 

Silvano Petrosino (Milano 1955), studioso di filosofia contemporanea, si è occupato prevalentemente dell’opera di M. Heidegger, E. Lévinas e J. Derrida. 

Oggetto dei suoi studi sono la natura del segno, il rapporto tra razionalità e moralità, l’analisi della struttura dell’esperienza con particolare attenzione al rapporto tra la parola e l’immagine. 

Insegna Filosofia della comunicazione presso l’Università Cattolica di Milano. 

Il suo ultimo libro, pubblicato da Vita e Pensiero, è "Piccola metafisica della luce".

 

Fonte: Vita e Pensiero

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sabato 17 aprile 2021

EDUCARE: FARE LA DIFFERENZA



- di Rocco Gumina *

Dalla lunga gestazione del DDL Zan alle infinite discussioni sulle unioni civili, dalle aggressioni omofobe alle incomprensioni causate dal termine gender, dal ruolo delle donne nella nostra società ad una falsa e spesso dannosa idea di mascolinità, in Italia si avverte il bisogno di cammini educativi rivolti a tutte le fasce d’età che permettano una comprensione profonda di tali temi. La finalità di simile operazione dovrebbe essere connessa al tentativo di far chiarezza a partire dalle fondamenta delle questioni le quali, oltre ad animare il dibattito pubblico, nella maggior parte dei casi scadono in derive ideologiche slegate dal nocciolo dell’argomento

Genere e disuguaglianze

Con il libro Fare la differenza. Educazione di genere dalla prima infanzia all’età adulta (Il Mulino, 2019), la professoressa Rossella Ghigi, sociologa della famiglia e delle differenze di genere all’Università di Bologna, offre un valido contributo alle famiglie, agli insegnanti, agli educatori, agli amministratori pubblici e a tutti i soggetti interessati per districarsi e orientarsi in merito ad una serie di tematiche inerenti all’educazione di genere. Proprio quest’ultima rappresenta il cuore della ricerca dell’autrice per la quale il genere nell’educazione «fa riferimento a un’attività consapevolmente intrapresa per sollecitare competenze, offrire risorse, mediare la conoscenza in un’ottica di genere» (p. 9). Inutile negarlo, nella nostra società esistono veri e propri muri che investono il mondo della famiglia, del lavoro, della cultura tanto da originare delle diseguaglianze che l’educazione di genere può limitare e contrastare. È chiaro che la scuola, secondo la Ghigi, ha forse più delle altre agenzie educative il compito di «far emergere specificità e talenti, alimentare competenze nella selezione e nel vaglio critico delle informazioni, offrire gli strumenti per costruire una società più egualitaria e inclusiva» (p. 12). Tuttavia non si tratta soltanto di inserire nel piano di studi l’ora di educazione di genere bensì di rileggere globalmente tutti i contenuti curriculari con una visione attenta al genere. Dalla storia alla letteratura, dalla religione all’arte, dalla musica alla filosofia necessita uno studio più interessato alle dinamiche di genere per favorire un pensiero che oggi possa promuovere la parità fra i sessi.

L’importanza dell’educazione di genere

Il punto di partenza dell’autrice è la funzione dell’educazione chiamata a rivestire un ruolo indispensabile per guidare le giovani generazioni verso una maggiore consapevolezza dell’importanza della parità fra i generi. Il problema, ancora presente nelle nostre comunità, è legato al fatto che siamo portati a ricondurre la maschilità e la femminilità a caratteristiche e propensioni che nella maggior parte dei casi sono stereotipi alimentati da alcune forme e modalità di apprendimento sociale veicolate in famiglia o tramite la TV e i social. Ad esempio, la relegazione delle donne alla sfera della cura domestica e familiare ha comportato la loro quasi totale esclusione dal mondo della politica e in genere del potere pubblico e privato. Ciò ha nutrito tutta una gamma di diseguaglianze diffuse in larghi strati della nostra società. Invece, a parere della Ghigi, l’educazione di genere propone un modello comunitario dove «venga dato riconoscimento alle donne lavoratrici e in cui ci sia una più equa distribuzione del lavoro domestico» attraverso una rinegoziazione di «significati che spesso diamo per acquisiti. Si tratta di stimolare un punto di vista critico sull’ovvietà» (p. 46).

Biologia, cultura, differenza

I diversi studi citati dall’autrice mostrano come la gran parte delle differenze fra uomo e donna non sono dovute al dato biologico bensì a quello culturale pertanto occorre un investimento educativo sulle pari opportunità che attraversi ambiti come il mercato del lavoro, la cura domestica, l’impegno nella società. Nondimeno, la radice e la finalità di simile opera non potrà coincidere con una mera rivendicazione dell’uguaglianza bensì occorrerà collocare la differenza sotto una nuova luce quella del rispetto e dell’interazione fra le reciproche diversità. Infatti, diverse esperienze di educazione di genere mirano a riprendere «il tema del maschile come visione parziale e non universale del mondo, e a indagare i vincoli e le rigidità della socializzazione alla virilità, soprattutto in adolescenza» (p. 63). Inoltre è utile ricordare che tali acquisizioni sono importanti al fine di ricomprendere tanto l’eterosessualità quanto l’omosessualità.

Il testo di Rossella Ghigi si pone come uno strumento valido per le comunità educanti tutte. Si tratta di una rigorosa introduzione ad una questione che nessun segmento della nostra società potrà più eludere. Il libro manifesta chiaramente come ogni percorso legislativo volto a favorire le pari opportunità deve essere radicato e finalizzato in un’ottica che al contempo è educativa e culturale. Il nostro Paese, specie al Sud, ha bisogno di una rinnovata consapevolezza associata all’educazione di genere che oltre a garantire uguali dignità fra donne e uomini potrebbe rappresentare un’occasione di sviluppo sociale, economico e politico delle nostre comunità.

 *Rocco Gumina

Rocco Gumina insegna Religione nell'arcidiocesi di Palermo. Dal 2014 è presidente dell'associazione culturale "A. De Gasperi". Pubblica, su riviste specialistiche, articoli che sviluppano temi legati alla relazione fra teologia, spiritualità e politica.

R. Ghigi, Fare la differenza. Educazione di genere dalla prima infanzia all’età adulta, Il Mulino 2019, pp. 135, 11,00 euro.

 www.tuttavia.eu