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sabato 21 dicembre 2024

DOVE STA LA GRAMMATICA ?


 Grammatica a scuola

allarme 

lanciato dall'Accademia della Crusca

Gli italiani fanno fatica a comprendere i testi che leggono: per l'Accademia della Crusca è colpa della scarsa conoscenza della grammatica

 

 


-di Patrizia Chimera*

 Il 58esimo rapporto annuale del Censis ha svelato un quadro preoccupante per quello che riguarda la situazione sociale del nostro Paese. Per quello che riguarda la formazione e l’istruzione sono molti i punti deboli che emergono dall’indagine. In particolare i riflettori sono puntati sulla scarsa capacità di comprendere i testi che si leggono. Secondo l’Accademia della Crusca questo “problema” potrebbe essere dovuto al fatto che non si studia e non si impara più la grammatica italiana come una volta. Qual è il collegamento tra la comprensione di un testo e la grammatica di una lingua?

La scarsa conoscenza della grammatica italiana

Gli italiani hanno gravi difficoltà a comprendere i testi, un aspetto che fa parte del cosiddetto analfabetismo funzionale. Mirko Tavoni, professore di Linguistica italiana e Filologia dantesca all’Università di Pisa, in un intervento sul sito dell’Accademia della Crusca, ha analizzato i dati del Censis, soffermandosi sulla conoscenza degli italiani della grammatica.

La domanda che il linguista si pone è la seguente: lui si chiede se “la grammatica che si fa – o forse non si fa – nella scuola secondaria abbia o non abbia conseguenze sulla migliore o peggiore comprensione dei testi: abilità, quest’ultima (Reading literacy), senza alcun dubbio di capitale importanza nei sistemi educativi di tutto il mondo”.

Il linguista si chiede anche come vengono “spese le due o tre ore di scuola dedicate alla lingua, sulle sei complessive riservate all’Italiano, ogni settimana, da due milioni e mezzo di adolescenti nel pieno del loro sviluppo intellettuale, e replicate per tre anni (alle medie) più due (al biennio) della loro vita”. La mole di tempo è molta e la domanda se questo tempo e le energie spese vengono messi a frutto bene o male. Perché questo può fare la differenza per il futuro degli studenti.

Conoscere la grammatica per comprendere i testi che si leggono

Le Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione, che il Miur ha reso note nel 2012, non pongono troppo l’accento sulla grammatica, “né in generale né in particolare per servire a comprendere i testi”. A essere protagoniste sono le quattro abilità chiave: saper ascoltare, saper parlare, saper leggere, saper scrivere.

Il linguista, nel suo intervento, ha segnalato che 50 anni fa è iniziata la svalutazione della grammatica. I risultati di tale scelta sono sotto gli occhi di tutti, visto il rapporto del Censis e anche gli esiti delle prove Invalsi. Secondo Tavoni, però, la conoscenza della grammatica italiana ha una forte influenza nella comprensione dei testi.

“La grammatica scolastica, per quanto migliorata nella capacità di descrivere finemente la norma e l’uso, è rimasta immutata – a parte limitate iniezioni di grammatica valenziale – nell’impostazione teorica sottostante, cioè nella obsoleta routine di analisi grammaticale, analisi logica, analisi del periodo, e annesse inerti tassonomie. Appunto il tipo di grammatica che non serve granché a capire i testi”, ha poi aggiunto Mirko Tavoni.

Secondo lui, sarebbe il caso di mettere a disposizione uno strumento didattico utile ad affrontare le tematiche fondamentali “che andrebbero fatte a scuola, come la linguistica moderna ci ha insegnato da almeno trent’anni, e che costituirebbero anche l’introduzione ottimale alla comprensione dei testi”. Ad esempio, analizzare la frase in sintagmi, distinguere il livello sintattico dal livello semantico e da quello informativo, riconoscere la struttura argomentale non solo dei verbi. Per passare “dalla grammatica implicita alla grammatica esplicita, cosa che le Indicazioni nazionali raccomandano agli insegnanti di fare senza dare loro la minima indicazione su come farlo”.

Rapporto annuale del Censis e analfabetismo funzionale in Italia

Il 58° Rapporto Censis ha messo in evidenza un cambiamento generazionale. I giovani sono più attenti all’ambiente, ma frequentano un sistema scolastico che è sempre più fragile. I risultati peggiori si hanno in italiano e in matematica e sono molte le lacune per quello che riguarda la conoscenza della storia e della letteratura.

Secondo quanto è emerso, quasi la metà degli studenti delle scuole superiori (43,5% in italiano, 47,5% in matematica) non raggiunge gli obiettivi di apprendimento previsti. Anche alle scuole medie le percentuali sono allarmanti: quasi il 40% in italiano e il 44% in matematica. Molti italiani non conoscono le date fondamentali della storia italiana, come l’Unità d’Italia, o i personaggi più importanti del Risorgimento, come Giuseppe Mazzini. Scarsa anche la conoscenza di grandi eventi storici internazionali o di grandi capolavori della letteratura.

 * GIORNALISTA PUBBLICISTA

 Mondo Scuola

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sabato 13 aprile 2024

SALVARE LA LINGUA ITALIANA

 

Le preoccupazioni della Accademia della Crusca: 
«L'italiano è una responsabilità di tutti»



-di Laura Perina

Il linguista Paolo D'Achille, presidente dell'Accademia della Crusca, l'istituzione dedita allo studio e alla conservazione della lingua italiana è intervenuto all'università di Verona per una lezione aperta dal titolo «L'italiano a inizio millennio fra tradizione e innovazione»

«L'inglese, che ha un ruolo riconosciuto come lingua della comunicazione scientifica internazionale, tende a espandersi un po' troppo all'interno delle varie nazioni. Per esempio, che all'università ci siano corsi di studio esclusivamente in inglese fa sì che l'italiano perda delle porzioni importanti di lessico che sono indispensabili perché una lingua sia pienamente tale. La comunicazione scientifica è il rischio più grande che corre oggi l'italiano».

 A esprimere questa preoccupazione è il linguista Paolo D'Achille, presidente dell'Accademia della Crusca, l'istituzione dedita allo studio e alla conservazione della lingua italiana. Ospite dell'ateneo di Verona per una lezione aperta dal titolo «L'italiano a inizio millennio fra tradizione e innovazione», D'Achille ha rilanciato la presa di posizione espressa anche qualche settimana fa in una lettera inviata alla ministra dell'università e ricerca, Annamaria Bernini, non condividendo la progressiva eliminazione della lingua italiana dagli insegnamenti universitari.

 «L'italiano è una responsabilità di tutti», ha ribadito nell'aula gremita del Polo Zanotto, introdotto dai saluti del prorettore dell'università di Verona Diego Begalli e di Arnaldo Soldani, direttore del Dipartimento culture e civiltà che ha organizzato l'appuntamento culturale.

 Interpellato sulla situazione attuale della nostra lingua italiana e sulla sua prossima evoluzione, ha detto: «È importante che non vi siano rivendicazione dei dialetti a porsi come lingue altre», ha puntualizzato D'Achille. «Certamente i dialetti vanno tutelati, e la Crusca stessa li studia e li mette in comunicazione con l'italiano», ha sottolineato, «ma l'italiano come lingua nazionale deve essere difesa, come tutte le altre lingue nazionali europee, che sono lingue di cultura con una forte tradizione letteraria e di scrittura. E questa tradizione, debitamente aggiornata, deve essere mantenuta».

 


giovedì 26 novembre 2020

SCRIVERE A MANO, UN ECCELLENTE ALLENAMENTO CEREBRALE


 "Scrittura a mano rischia di sparire" 

Allarme della Crusca

   "Il recupero della scrittura a mano è un obiettivo importante, anzi importantissimo" per la scuola, dove sempre più spesso i bambini fin dalle elementari mostrano grosse difficoltà con la grafia. "Incoraggiando la scrittura manuale" si sostiene anche la lingua italiana e se ne promuove lo studio e la conoscenza. "Il recupero della scrittura a mano merita grande attenzione, senza demonizzare pc, tablet e smartphone che devono affiancare, non sostituire, la modalità tradizionale di scrittura. Vecchio e nuovo possono convivere, non sono in contrasto, l'uno non esclude l'altro. Accostiamoci al nuovo senza rinunziare al vecchio, è questa la sfida". E' l'Accademia della Crusca, la secolare istituzione incaricata di custodire il tesoro dell'idioma di Dante Alighieri, Francesco Petrarca e Giovanni Boccaccio, a invocare un ricorso sempre più frequente negli istituti scolastici alla "bella scrittura", nella consapevolezza che "redigere testi scritti in maniera chiara e ordinata è un eccellente allenamento cerebrale".

Lo storico della lingua italiana e filologo Rosario Coluccia, professore emerito di linguistica italiana dell'Università di Salerno e Accademico della Crusca, riflette sul tema per conto dell'Accademia fiorentina fondata nel 1583, la più antica ancora attiva in Europa, e richiama l'attenzione del mondo della scuola e delle istituzioni sul'importanza dell'educazione alla calligrafia.

L'intervento di Coluccia, come riferisce l'AdnKronos, parte da una recente petizione circolata su internet, indirizzata alla ministra dell'Istruzione, Lucia Azzolina, dal titolo "Promuoviamo la bellezza della scrittura a mano", e ne apprezza la filosofia di fondo. Non è, precisa il linguista, "un complessivo nostalgico invito a ripristinare nella scuola del XXI secolo pratiche didattiche del passato. Fino alla scuola degli anni '60 del Novecento bambini e ragazzi si sono sempre esercitati nella 'bella scrittura'. L'ora di calligrafia era inserita fra le materie di studio; poi fu abbandonata, giudicata strumento educativo sorpassato, mortificante della creatività". "Un dato, per quanto esterno, pare difficilmente contestabile: gli studenti dei decenni passati per la maggior parte erano in condizione di produrre temi, riassunti e diari con nitidezza e pulizia quasi tipografiche. Meno gradevole la forma esterna dei testi elaborati da gran parte dei ragazzi di oggi".

Da anni gli insegnanti della scuola primaria e media segnalano la crescente difficoltà dei loro allievi a scrivere manualmente, ricorda l'Accademia della Crusca. Nei testi redatti a mano i caratteri appaiono "incerti e disallineati, con parole mal disposte sul rigo, con i tratti delle singole lettere a volte difficili da decifrare, con vacillanti legamenti tra una lettera e l’altra, con incongrui miscugli di stili e di caratteri nelle stesse parole o nella stessa sequenza di parole: corsivo e stampatello, maiuscolo e minuscolo".

"Non vale solo per i bambini delle elementari o al massimo delle medie. La difficoltà di scrivere a mano è presente in adolescenti delle scuole secondarie superiori e coinvolge in maniera preoccupante i giovani universitari - sottolinea l'Accademico della Crusca - Spesso gli scritti manuali degli studenti medi e universitari rasentano l’indecifrabilità, con pensieri sconclusionati, in una forma che non rispetta gli standard minimi di coerenza e coesione".

Sostiene il professore Coluccia nel suo intervento pubblicato sulle pagine del sito internet dell'Accademia della Crusca: "L'aspirazione a una scrittura ordinata e ben leggibile non è un fatto estetizzante. La scarsa connessione neuro-cerebrale tra pensiero e manualità crea ritardi nello sviluppo del linguaggio, parlato e scritto. Ne viene coinvolto il processo cognitivo di bambini e adolescenti, fondamentale perché implica l'esercizio di una capacità umana molto antica (la scrittura è stata inventata più o meno cinquemila o cinquemilacinquecento anni fa), che oggi corriamo il rischio di perdere".

"Diciamolo in maniera esplicita. La scrittura a mano non può essere sostituita dalla scrittura su tastiera, sono entrambe utili perché assolvono a funzioni diverse - sostiene lo storico della lingua italiana - Nel mondo occidentale bambini e ragazzi sono fortemente sedentarizzati; alcuni non sanno abbottonarsi i vestisti o allacciarsi le scarpe (sono in gran voga scarpe senza lacci, definite 'a strappo' o 'con strappi'; praticissime, assicura la pubblicità, e crescono le vendite delle scarpe a strappo); altri non sanno lavarsi i denti da soli; altri non riescono a fare operazioni semplici (tracciare cerchi e rettangoli con l'aiuto di compasso e di righello) o addirittura attività semplicissime (ridurre un foglio di carta in segmenti più piccoli tendenzialmente uguali). E, nello stesso tempo, mostrano carenze espressive e linguistiche. Redigere testi scritti in maniera chiara e ordinata è un eccellente allenamento cerebrale".

Una ricerca coordinata dal pedagogista Benedetto Vertecchi dell'Università di Roma Tre ha mostrato che, con opportuno allenamento alla scrittura manuale, bambini di terza, quarta e quinta elementare, migliorano progressivamente la qualità grafica dei loro testi e nello stesso tempo ottengono una maggiore appropriatezza ortografica e una più accurata selezione del lessico. A livello cerebrale esiste un legame tra attività manuale e area del linguaggio, che si influenzano reciprocamente. Nel tracciare manualmente i caratteri del corsivo al cervello del bambino è richiesto uno sforzo in più, la forma di ciascuna lettera deve essere continuamente plasmata perché sia possibile legarla alle altre. "Si tratta di una sfida che non è presente nel carattere stampatello o quando si adoperano strumenti elettronici come il touchscreen, che richiedono una gestualità semplice e ripetitiva", evidenzia Rosario Coluccia.

La difficoltà di scrivere nitidamente ha riflessi sulla qualità dell’apprendimento e sulla capacità di coordinare il pensiero. La caduta investe sia la capacità di tracciare adeguatamente i caratteri sul foglio, sia quella di organizzare correttamente la sequenza di parole e le frasi necessarie per trasmettere il messaggio. Spiega l'Accademia della Crusca: "Mettiamo per ipotesi che nessuno scriva più con carta e penna, che si usino solo mezzi digitali. Il correttore automatico riduce la consapevolezza ortografica: non c’è bisogno di conoscere l’ortografia delle parole, il correttore automatico vi provvede al posto nostro. C’è di più. Il ricorso ossessivo alla funzione 'copia e incolla' riduce la necessità di sviluppare una linea argomentativa coerente. Ed ha avuto una portata dirompente, ha influito sulle strutture mentali di chi elabora un testo, ha cambiato la maniera di pensare e di fare ricerca, trasformando il modo in cui oggi vengono percepiti la organicità di un testo e concetti quali la ripetizione e il plagio".

Prima che esistesse il 'copia e incolla', evidenzia il professore Rosario Coluccia nel suo intervento, "appropriarsi di un testo altrui e includerlo nel proprio (operazione dolosa) richiedeva la riscrittura a mano o a macchina del brano copiato e comportava almeno un certo impegno intellettuale: non era possibile riscrivere qualcosa senza comprenderlo abbastanza profondamente. Oggi non è così. Nel web ci sono miliardi di pagine che non sono altro che la copia di altre pagine, in una sequenza senza storia, senza origine e senza fine. Si può copiare qualsiasi cosa senza interrogarsi sulla sua plausibilità, senza nemmeno sforzarsi di conoscerne a fondo il significato, è sufficiente uno sguardo alla prima riga o alle prime parole, per assicurarsi di non essere del tutto fuori strada".

 

Adnkronos