- di Simone Consegnati
Poche cose preoccupano i genitori più dei compiti
a casa, soprattutto se parliamo di bambini della scuola primaria e a
maggior ragione se questi pargoli frequentano la scuola a tempo pieno. In rete
ho letto che le paure più grandi, dopo la morte, sarebbero quelle legata ai
traslochi e al dover parlare in pubblico, ma niente – e sottolineo niente – è
paragonabile al brivido che corre lungo la schiena dei genitori quando il
venerdì pomeriggio all’uscita da scuola chiedono ai loro figli quanti
compiti hanno per il fine settimana. Di solito le reazioni sono
polarizzate: “Mamma, sono pieno”, con faccia triste del pargolo oppure ”Papà,
questa volta ne ho pochissimi” con sorriso di soddisfazione compiaciuta
annessa. Nessun compito è un’opzione poco battuta. Uscendo dall’ironia dobbiamo
constatare come l’argomento “compiti a casa” sia tra i più
divisi e complessi della storia dell’umanità.
Da un lato abbiamo gli ultras dello
studio, estremisti del senso del dovere, nostalgici del “ai miei
tempi si studiava comunque di più” e che credono che una maggiore quantità
di studio, anche per i bambini più piccoli sia sinonimo di più cultura, più
saggezza e maggiore intelligenza. Studiando di più, si impara di più, stop.
Dall’altro abbiamo i genitori libertini,
quelli che scrivono le giustificazioni per i figli che non fanno mai i compiti
o, peggio, si sostituiscono a loro e fanno i compiti al posto dei figli, che
denigrano il ruolo dei docenti o che pubblicamente, davanti ai figli,
sostengono l’inutilità dei compiti a casa. Entrambe le posizione, credo,
dannose e diseducativi.
In primis una considerazione: dobbiamo
uscire fuori dalla logica quantitativa dei compiti. Più esercizi,
soprattutto se legati alla dimensione mnemonica, ripetitiva, standardizzata non
migliorano le capacità logiche, deduttive, induttive, riflessive dei nostri
alunni. Un’altra considerazione cruciale è sul ruolo del riposo e
dell’educazione informale e non formale. Dopo otto ore di scuola, in contesti
molto spesso rigidi e formali, nei quali chiediamo ai bambini di stare seduti e
in silenzio, dovremmo riflettere sul perché non imparino come vorremmo.
E la soluzione non può essere continuare sulla strada del dare più compiti.
Forse dovremmo introdurre un principio di pluralità degli apprendimenti, tra
dimensione formale e informale, e a fianco alle pagine sulle sillabe, dovremmo
chiedere ai nostri bambini di dedicarsi alla musica, ad approfondire la
passione per le arti, per la tecnologia (che non significa giocare al tablet),
per lo sport, il movimento e la natura. Secondo l’Istat in Italia 1
bambino su 3 è sovrappeso o obeso.[1] Alcuni genitori illuminati devono
rosicchiare il poco tempo a disposizione per far partecipare i figli a corsi
sportivi, teatrali, musicali. Pensate che stress: dalle sei alle otto
ore a scuola, poi (per fortuna non sempre) compiti a casa, poi un breve spazio
dove poter fare altro e pronti che domani si ricomincia. C’è qualcosa
che non va.
Ripartiamo dalla pluralità delle
educazioni, dall’importanza dei contesti informali e non formali, dal
desiderio di promuovere la passione per la ricerca e l’apprendimento. Il tempo
da vivere e dedicare alla famiglia può giocare un ruolo chiave nella crescita
armonica del bambino: è necessario incrementare, incentivare e promuovere un
tempo di qualità dedicato alla scoperta, al gioco e, ogni tanto, all’ozio.
Promuovere una cultura dell’apprendimento lungo tutto l’arco della vita (il
cosiddetto life long learning) passa dalla scelta strategica di
valorizzare apprendimenti significativi a discapito di quelli puramente
meccanici, tenendo in considerazione tutti gli aspetti della persona.
Fare meno compiti, in altre parole,
non renderebbe i nostri figli più ignoranti. Non farli per
niente, d’altronde, rischia di non insegnare loro l’importanza di percorso
costante di formazione. Non perdiamo mai di vista, in nessun caso, che
la scuola deve essere a servizio del bambino e non viceversa e
che studiare senza insegnare a riflettere è un po’ come voler capire il
libretto d’istruzioni dell’IKEA senza dover comprare, né montare alcunché.
Sicuri che questo modo di fare scuola aiuti i nostri bambini?
[1] http://www.ansa.it/canale_saluteebenessere/notizie/sanita/2019/10/08/in-italia-un-bimbo-su-tre-sovrappeso-o-obeso-record-europeo_e61f1a3d-53ca-4cd9-a2af-5cc7539697f7.html
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