L'Unione
Europea ha voltato le spalle ad un impegno incondizionato per i diritti
umani, la democrazia, la libertà e la dignità umana espandendo negli
ultimi anni in maniera problematica le proprie politiche di
esternalizzazione delle frontiere. Lo sostiene un nuovo Rapporto
elaborato dal Transnational Institute e Stop Wapenhandel (Campagna
olandese contro il commercio di armi) e rilanciato in Italia dalla Rete
Italiana per il Disarmo e dall’ARCI.
La
collaborazione dell'UE con i Paesi limitrofi per il controllo delle
migrazioni ha rafforzato i regimi autoritari, fornito un boom di
profitti per le imprese della sicurezza e ai produttori di armamenti,
distolto risorse dallo sviluppo e indebolito i diritti umani. Il
Rapporto “Expanding the Fortress - Espandendo la Fortezza” esamina la
rapida crescita degli accordi e delle misure di esternalizzazione delle
frontiere iniziati nel 1992 ma che hanno sperimentato una forte
accelerazione dal 2015.
Questo
punto specifico è diventato un obiettivo centrale della politica e delle
relazioni esterne dell'UE, inglobando anche le politiche di aiuto e
commercio. Le misure adottate includono: formazione delle forze di
sicurezza di Paesi terzi; donazioni di elicotteri, navi per
pattugliamento e veicoli, apparecchiature di sorveglianza e
monitoraggio; sviluppo di sistemi di controllo biometrico; accordi per
l'accettazione delle persone deportate.
Il Rapporto
esamina da vicino i 35 paesi cui l'UE attribuisce priorità negli sforzi
di esternalizzazione delle frontiere e rileva che:
• il 48%
(17) ha un governo autoritario e solo quattro possono essere considerati
Stati democratici • Il 100% (35) pone rischi estremi o elevati per il
rispetto dei diritti umani;
• il 51% (18) è classificato come "basso" negli indicatori di sviluppo umano.
• il 51% (18) è classificato come "basso" negli indicatori di sviluppo umano.
Nonostante
ciò, l'Unione Europea e i suoi Stati membri non solo hanno firmato
accordi per legittimare i Governi di tali Paesi e chiuso un occhio su
violazioni dei diritti umani, ma hanno inoltre fornito finanziamenti,
formazione e sostegno materiale proprio agli organi di sicurezza statali
più responsabili nella repressione e negli abusi dei diritti umani.
Il Rapporto
esamina in modo approfondito il modo in cui questa cooperazione si è
sviluppata in Turchia, Libia, Egitto, Sudan, Niger, Mauritania e Mali,
con sostegno diretto dall'UE nel suo insieme ma anche da singoli Stati
Membri, in particolare Francia, Italia, Spagna e Germania. Il risultato
di queste scelte: regimi statali incoraggiati a reprimere la società
civile in generale e una tendenza di aumento della violenza e
repressione dei rifugiati.
I rifugiati
più vulnerabili sono stati costretti a cercare altre strade, spesso più
pericolose, e affidarsi a trafficanti sempre più spregiudicati che
hanno portato a un numero ancora maggiore di vittime nel Mediterraneo e
nei deserti dell'Africa settentrionale. L'aumento
dei finanziamenti per il controllo delle frontiere d’altro canto ha
configurato un forte vantaggio per le imprese di armi e sicurezza che
stanno investendo sempre più nelle tecnologie di sicurezza e di
sorveglianza delle frontiere.
Tra i
principali vincitori dei contratti per la sicurezza delle frontiere
figurano il gigante francese delle armi Thales e l'azienda europea
Airbus, entrambi importanti esportatori di armi nella regione, i
fornitori biometrici Veridos, OT Morpho e Gemalto, le imprese tedesche
Hensoldt e Rheinmetall, le imprese italiane Leonardo e Intermarine e le
società turche di difesa Aselsan e Otokar.
Hanno
aumentato i propri introiti anche un certo numero di società
semi-pubbliche e organizzazioni internazionali come Civipol in Francia
che forniscono consulenza, formazione e gestione dei progetti di
sicurezza alle frontiere. L’autore
del Rapporto Mark Akkerman ha dichiarato: “Questa ricerca rivela una
politica di interazione dell'UE con la regione a lei più vicina ormai
quasi ossessionata dal controllo della migrazione, indipendentemente dai
costi per il Paese o per i profughi forzati.
Si tratta
di un concetto di sicurezza limitato e fondamentalmente controproducente
perché non affronta le cause profonde che spingono le persone a migrare
e, rafforzando direttamente o indirettamente le forze militari e di
sicurezza nella regione, rischia di esacerbare la repressione e
alimentare i conflitti che porteranno ad ancora più rifugiati. È ora di
cambiare rotta. Piuttosto che esternalizzare confini e muri, dovremmo
portare al di fuori dei confini dell’Europa la vera solidarietà e il
rispetto dei diritti umani".
(articolo tratto da www.unimondo.org)
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