Il sacrilegio contro l’uomo
e la vicenda dell’Aquarius
Ci sono cose che è
difficile spiegare a chi non le capisce da solo. Il pudore dell’umano, il senso
profondo della dignità di ogni persona, soprattutto dei più deboli, dei più
poveri, degli emarginati, è tra queste. In questi giorni, segnati dalle accese
discussioni sulla vicenda della nave Aquarius, ho sperimentato la difficoltà di
farmi capire da tanti – ormai la maggioranza – che inneggiavano alla scelta di
Salvini, salutata come un gesto finalmente deciso, dopo tanto “buonismo” dei
governi passati, e come un passo verso un’Europa finalmente corresponsabile
nell’accoglienza.
Veramente la
difficoltà è già sorta quando si è trattato di stabilire i puri e semplici dati
di fatto che fanno da cornice. Eccone alcuni.
Una ossessiva
campagna condotta con successo in questi ultimi anni dalla Lega ha dato luogo
alla leggenda di un’invasione incontrollata di stranieri sul nostro territorio
nazionale, a cui bisognava immediatamente reagire con un blocco assoluto. La
mossa di Salvini è sembrata così la logica risposta a una emergenza.
Ma, se si guardano
le statistiche più recenti, risulta che in Italia gli stranieri sono l’8,3%
della popolazione, contro l’8,6% dell’Inghilterra, il 9,5% della Spagna, il 10%
della Germania, l’11,7% del Belgio
Se dal discorso
generale sugli stranieri si passa a quello più specifico sui rifugiati per
motivi politici, apprendiamo dai dati ufficiali che in tutti questi anni il nostro
paese ne ha accolti circa 131mila. In Svezia, dove la popolazione è circa un
sesto di quella italiana (10 milioni), sono 186mila, ovvero il 50% in più che
in Italia; in Germania (82 milioni di abitanti) 478mila, quasi 4 volte quelli
presenti in Italia…
L’emergenza, questa
è la verità, non è mai esistita. Come non esiste la minaccia per la nostra
economia, sbandierata da giornali come «Libero», che, ai primi di maggio 2016,
titolava «Gli immigrati fanno fallire l’Inps». Sopra, l’“occhiello”: «Bomba
sulle pensioni».
A fronte di queste
affermazioni, giovedì 20 luglio 2017, davanti alla Commissione d’inchiesta
parlamentare, il presidente dell’Inps, Tito Boeri, ha fornito i dati ufficiali
relativi agli effetti della presenza degli stranieri sul nostro mercato del
lavoro e sul nostro sistema pensionistico.
«Gli immigrati
regolari versano ogni anno 8 miliardi di contributi sociali e ne ricevono 3 in
termini di pensioni e di altre prestazioni sociali». «Quindi» – ha
puntualizzato Boeri – «con un saldo netto di 5 miliardi per le casse
dell’Inps».
Poiché un numero
considerevole di immigrati, dopo aver pagato i contributi, lascia l’Italia
senza godere della pensione, non solo la loro presenza non costituisce per il
nostro sistema previdenziale una perdita, ma diventa una risorsa: «Ogni anno i
contributi a fondo perduto degli immigrati valgono circa 300 milioni di euro».
«Abbiamo calcolato che sin qui gli immigrati ci hanno regalato circa un punto
di Pil di contributi sociali a fronte dei quali non sono state loro erogate
delle pensioni».
Più in generale –
ha continuato Boeri – , «tutti gli studi scientifici sull’impatto fiscale
dell’immigrazione concludono che l’impatto è positivo. Il totale delle entrate
che arriva dagli immigrati supera, seppur di poco, 1,2 miliardi di euro il
totale delle uscite per l’immigrazione».
Il problema, se
mai, è che le leggi repressive attualmente in vigore, rendono difficile
l’uscita dalla clandestinità, senza cui il lavoro viene svolto “in nero”,
ostacolando così gli effetti positivi che si sono detti. È su questo, ha detto
il presidente dell’Inps, che si deve agire, aumentando le opportunità di
regolarizzazione.
Quanto alla tesi,
con cui la Lega e Forza Italia ci martellano da anni, secondo cui gli stranieri
“rubano” il lavoro agli italiani, Boeri ha sottolineato che «i lavoratori che
sono stati regolarizzati con le sanatorie non hanno sottratto opportunità ai
loro colleghi». Infatti, l’effetto di sostituzione «è molto piccolo e riguarda
unicamente i lavoratori con qualifiche basse. Non ci sono invece effetti per i
lavoratori più qualificati, né in termini di opportunità di impiego né di
salario».
Da qui la
conclusione del presidente dell’Inps, in clamorosa controtendenza rispetto
all’idea diffusa: «Proprio mentre aumenta tra la popolazione autoctona la
percezione di un numero eccessivo di immigrati, abbiamo sempre più bisogno di
migranti che contribuiscano al finanziamento del nostro sistema di protezione
sociale». Non si tratta, insomma, di bloccare l’ingresso degli stranieri, ma di
regolarizzarli, in modo che contribuiscano al nostro sviluppo.
Ma – obiettano
alcuni sostenitori del governo in questi giorni – la chiusura dei nostri porti
all’Aquarius non è stata altro che una provocazione – peraltro riuscita – per
spingere l’Europa ad aprire le proprie frontiere. Già…così ha detto Salvini. Ma
come mai la sua scelta è stata lodata con entusiasmo – «Finalmente!» – dal sua
grande alleato, il premier ungherese Orban, il quale finora si è segnalato per
la sua totale opposizione a ospitare perfino la quota di stranieri assegnatagli
dall’Unione Europea (ricevendo a sua volta pieno appoggio, per questo, dallo
stesso Salvini)?
«Aiutiamoli a casa
loro!», ha ripetuto il nostro energico ministro degli interni, per assicurare
che la sua posizione non indicava alcun rifiuto di solidarietà. Il guaio è che
nei lunghi anni in cui la Lega è stata al governo, insieme a Berlusconi, la
quota di bilancio destinata dall’Italia ai Paesi svantaggiati è
progressivamente diminuita fino a toccare minimi storici!
Un ultimo fatto,
significativo per la “cornice” di quello che è successo in questi giorni. Tutti
abbiamo presente la grinta di Salvini, uomo della strada legittimamente
arrabbiato (il termine giusto sarebbe un altro) con i governi della sinistra, che
non hanno reagito alle inique imposizioni europee.
Ma questo sanguigno
contestatore del passato si è dimenticato di dire che i nostri governi erano
vincolati dalla convenzione di Dublino, del 2003, che rendeva il paese di prima
accoglienza responsabile dell’asilo di un rifugiato. Già allora non ci voleva
un genio per capire che un simile regolamento penalizzava le nazioni che si
affacciano sul Mediterraneo, come l’Italia. Ma il trattato è stato firmato lo
stesso, masochisticamente, dal governo italiano, presieduto allora da Silvio
Berlusconi e con tre ministri della Lega. Forse dovremo essere noi italiani
arrabbiati (il termine giusto sarebbe un altro) con Salvini…
Ma eccoci
finalmente alla difficoltà di far capire agli altri qualcosa di difficilmente
esprimibile (ma come stupirsene, se neppure sui fatti oggettivi riusciamo a
intenderci?). Perché ciò che mi ha più colpito non sono le menzogne, volte a
far apparire gli immigrati degli invasori. Non è neppure la violazione, da
parte di Salvini (dovrei dire da parte di Conte, ma lui non c’è…), della
Convenzione di Ginevra del 1951, che tutela i rifugiati politici. So bene che
queste cose sono in sé più gravi, ma a me ha colpito soprattutto il disprezzo
nei confronti del dolore e dell’angoscia di queste persone.
Un disprezzo già
manifestato nella frase sarcastica pronunciata da Salvini, in mezzo a una folla
delirante di sostenitori, all’assunzione del suo incarico di ministro: «Migranti, è finita la pacchia!». Dette
in riferimento a uomini e donne che nella stragrande maggioranza lavorano come
bestie dodici ore al giorno per salari di fame (anche grazie alla legge
Bossi-Fini voluta dalla Lega, che li mette nelle mani dei padroni), queste
parole mi hanno ferito come un sacrilegio. Contro l’uomo e dunque contro Dio.
Lo stesso disprezzo
è stato ribadito, dopo il respingimento dell’Aquarius, quando hanno detto al
ministro che la nave – con il suo carico di rottami umani, reduci dalla
traversata del deserto e dai campi di concentramento libici, che venivano a
chiederci di condividere le briciole del nostro consumismo – , a causa della
sua decisione sta affrontando il mare grosso: «Se hanno problemi, sono fatti loro», è stato il commento. E ha
aggiunto: «Andranno in Spagna? Certo. Non
possono decidere dove cominciare e finire la crociera». Ha detto così: «la
crociera». E io mi sono vergognato di non essere su quella nave sbattuta dalle
onde.
Giuseppe Savagnone
pubblicato in : http://www.tuttavia.eu/
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