venerdì 8 settembre 2023

IL CORAGGIO E LA GIOIA DI INSEGNARE

 


"Preghiamo oggi per gli studenti, i ragazzi che studiano, e gli insegnanti che devono trovare nuove modalità per andare avanti nell’insegnamento: che il Signore li aiuti in questo cammino, dia loro coraggio, gioia e anche un bel successo".


                                            - di Giovanni Perrone

“Lasciate le reti, lo seguirono”.  Gli apostoli, nel rispondere  all’invito di Gesù hanno avuto coraggio, speranza e lungimiranza. Essi hanno prontamente lasciato il quotidiano al quale erano assuefatti e che dava loro certezza, per andare verso un domani incerto. Gesù, infatti, non aprì una scuola di formazione, con un programma dettagliato e bene impostato, ma invitò persone non formate, a mettersi in cammino con lui. 

Egli, però, aveva le idee chiare! 

Papa Francesco, più volte ha sollecitato gli educatori ad aver coraggio, a saper rischiare, a guardare in alto e lontano, ad “andare oltre”[1] per intraprendere l’avventura dell’educare, di camminare verso il futuro. 

Anche ad Abramo fu detto: “Esci dalla tua terra e va!” Lo stesso avvenne a Maria. 

Il coraggio è la forza d'animo che permette di affrontare situazioni nuove, incerte e spesso difficili. È un saper guardare oltre l’orizzonte e mettersi in cammino. Il coraggio è quindi una caratteristica positiva, poiché ci aiuta a prendere nuove decisioni e nuove strade, spingendoci fuori dalla nostra zona comfort. “La zona confort è un disastro per l’umanità”[2]

Di fronte alle numerose e inattese turbolenze e inquietudini che opprimono l’oggi, di fronte al vuoto valoriale che disorienta in particolare le giovani generazioni, di fronte alle droghe e alla violenza che umiliano il quotidiano, di fronte alle tempeste di informazioni (sovente contraddittorie) che obnubilano la capacità di veder bene e lontano,  che cosa può fare un insegnante (e l’istituzione scolastica) se non ha il coraggio e la capacità di uscire dalla statica  e sicura quotidianità  e  di rischiare per trovare vie nuove e più adeguate alla piena formazione di ogni persona, al superamento delle situazioni di fragilità e difficoltà, di fronte al mutar di emotività e alle mille “certezze” incerte che anche l’intelligenza artificiale ci può propinare?

E' opportuno, allora, ripensare al nostro modo “normale” e quotidiano di essere docenti o dirigenti di istituzioni educative. 

La stessa formazione iniziale e continua degli insegnanti non può limitarsi a dare contenuti, ma sarebbe bene far maturare stili nuovi di insegnamento, per promuovere coraggio, lucidità, lungimiranza, arte del discernere e dell’accompagnare su sentieri non sempre facili. 

Lo stile di Gesù e i valori del Vangelo ci sono di guida ed esempio.

Il grande sfondo sul quale si proietta oggi il compito educativo è il cambiamento antropologico; l’inquietudine è motore educativo. Non una inquietudine fatta da passività e senso di impotenza, ma l’inquietudine di chi sa di essere in cammino, con altri e per gli altri, con un bagaglio leggero e utile, per orientarsi, orientare e riorientare. Perciò, occorre sapere accogliere anche le proprie fragilità e i propri abbandoni, il peso talora di una solitudine straziante, l’angoscia e l’amarezza dei momenti di disorientamento e di sfinimento. Non però per fermarsi, ma per ripartire verso la salvezza, il sorriso, la speranza incontrata e agita, la Pasqua.

Il servizio educativo, infatti, non serve solamente ad aiutare le persone a costruire un futuro insieme. Esso è una storia condivisa che aiuta gli alunni, ma anche gli insegnanti, non solo a fare, ma principalmente ad essere: “Si educa con quello che si dice, ancor più con quello che si fa, ma molto di più con quello che si è”[3].

Dunque, dall’etica della sicurezza, del programma, dei contenuti, delle strategie, del “così si è fatto sempre” è opportuno far passare all’etica del viandante, del peregrinare, del continuo sfidarsi, cercare  ed esplorare, dell’interrogarsi e dell’agire. 

Bisogna avere il coraggio di uscir fuori, di rischiare, ci dice Papa Francesco. Uscire fuori, concretamente e metaforicamente, dalle nostre accoglienti e sicure aule per confrontarsi con il mondo, per rigenerare sempre, con coraggio e sapienza, il nostro modo di essere e di far essere.

“L’etica del viandante avvia a questi pensieri. Sono pensieri ancora tutti da pensare, ma il paesaggio da essi dispiegato è già la nostra instabile, provvisoria e incompiuta dimora”. L’etica del viandante si oppone all’etica antropologica del dominio della Terra. Denuncia il nostro modello di civiltà e mette in evidenza che la sua diffusione in tutto il pianeta equivale alla fine della biosfera. L’umanesimo del dominio è un umanesimo senza futuro. Il viandante percorre invece la terra senza possederla, perché sa che la vita appartiene al Creatore.[4]

Il cammino interroga, sfida e insegna; favorisce la continua rigenerazione e il superamento dell’ostacolo; provoca l’incontro ad ogni passo con se stessi e con il mondo; gratifica e “permette di ritrovare il puro sentimento di essere, di riscoprire la semplice gioia di esistere.” [5] e, allo stesso tempo stimola a far sempre meglio. Il cammino comune arricchisce e ringiovanisce l’intera comunità.

Papa Francesco ci dice che “la vivace presenza di educatori cristiani nel mondo della scuola è di vitale importanza. È decisivo lo stile che egli o ella assume. L’educatore cristiano, infatti, è chiamato ad essere nello stesso tempo pienamente umano e pienamente cristiano. Non c’è umanesimo senza cristianesimo. E non c’è cristianesimo senza umanesimo. Non dev’essere spiritualista, in orbita, “fuori dal mondo”. Dev’essere radicato nel presente, nel suo tempo, nella sua cultura. È importante che la sua personalità sia ricca, aperta, capace di stabilire relazioni sincere con gli studenti, di capire le loro esigenze più profonde, le loro domande, le loro paure, i loro sogni. E che sia anche capace di testimoniare – anzitutto con la vita e anche con le parole – che la fede cristiana abbraccia tutto l’umano, tutto, che porta luce e verità in ogni ambito dell’esistenza, senza escludere niente, senza tagliare le ali ai sogni dei giovani, senza impoverire le loro aspirazioni. Nella tradizione della Chiesa, infatti, l’educazione dei giovani ha sempre avuto come obiettivo la formazione completa della persona umana, non solo l’istruzione dei concetti, la formazione in tutte le dimensioni umane (cfr. Conc. Vat. II, Cost. past. Gaudium et Spes, 48)….. [6].

 “Lo Spirito Santo ci guida nei percorsi migliori da prendere. Egli ci invita a non perdere mai la fiducia e a ricominciare sempre, facendoci mettere in gioco e portandoci a incontrare speranza e gioia”[7].

Buon cammino.



[1] Papa Francesco, Enciclica “Fratelli tutti”

[2] Paolo Crepet

[3] S. Ignazio di Antiochia

[4] Galimberti, L’etica del viandante, ed. Feltrinelli, 2023

[5] Frédéric Gros

[6] Papa Francesco, Discorso ai partecipanti al Congresso UMEC, Roma, 12 novembre 2022

[7] Papa Francesco, Omelia per la solennità della Pentecoste 2022.

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