sabato 26 gennaio 2019

SHOAH - DIMENTICARE LO STERMINIO FA PARTE DELLO STERMINIO STESSO


di Pasquale Hamel

Anche oggi, che il ritmo della vita moderna assorbe le nostre menti in modo totalizzante, ricordare l’immane tragedia della Shoah è necessario perché, come spesso sentiamo ripetere, c’è il rischio di dimenticare quanto invece non può e non deve essere dimenticato. 
Ha ragione, dunque, Elisa Springer - che ha personalmente conosciuto cosa è stata la Shoà - nell’affermare che “tanto grande è il rischio di dimenticare, che occorrerebbe un anniversario di Auschwitz al giorno!”. 
Ma la memoria non va strumentalizzata e, per ciò stessa, confusa con altre tragedie che giornalmente riempiono le cronache dei nostri giornali come, purtroppo, spesso qualcuno anche per miserabili giochi politici tenta di fare, perché come scrive Elena Loewenthal, quanto accadde in quei terribili anni che vanno dal 1942 al 1945 “fu un evento senza precedenti perché mai era stato deciso a tavolino lo sterminio, l’annientamento di un popolo in quanto tale”. Un atto, dunque, di suprema barbarie del quale, come figli della civiltà europea, dovremmo tutti vergognarci perché quei carnefici, checché se ne dica, erano partecipi della nostra stessa cultura e, come ha evidenziato Hanna Arendt, erano uomini come noi, formati e informati della nostra storia e, per di più, ciascuno di loro “era pressoché normale, né demoniaco né mostruoso.” 
Esiste, dunque, un dovere della memoria, un ricordare per non dimenticare che deve diventare monito collettivo e individuale giornaliero anche perché, lo scrive con coraggio Zigmunt Bauman, “Il sospetto è che l’Olocausto non sia stato un’antitesi della civiltà moderna e di tutto ciò che (secondo quanto ci piace pensare) essa rappresenta. Noi sospettiamo (anche se ci rifiutiamo di ammetterlo) che l’Olocausto possa semplicemente aver rivelato un diverso volto di quella stessa società moderna della quale ammiriamo altre e più familiari sembianze; e che queste due facce aderiscano in perfetta armonia al medesimo corpo”. 
Questo terribile sospetto non può che essere fugato da una vigilanza attiva, dal trasformare il mero ricordo in memoria viva per trasmetterlo e consegnarlo alle generazioni future, perché l’orrore non si ripeta. 
La memoria della Shoà non può dunque essere assimilata alle consuete celebrazioni retoriche, memorie cristallizzate e meramente istituzionalizzate, ma, credo, debba assumere, proprio per i motivi che abbiamo sommariamente elencato, un significato più profondo e, ad un tempo, più drammatico perché diventa riflessione sullo stesso senso dell’essere uomo in questo mondo. Dunque, ricordare, fare memoria, è dovere morale anche perché, è bellissima questa frase del grande regista Jean-Luc Godard che qui mi pregio di trascrivere a conclusione, “dimenticare lo sterminio fa parte dello sterminio stesso.”

MATTARELLA: " .... Sono passati settantaquattro anni dalla liberazione del campo di sterminio di Auschwitz. Eppure, nonostante il tanto tempo trascorso, l’orrore indicibile che si spalancò davanti agli occhi dei testimoni è tuttora presente davanti a noi, con il suo terribile impatto. Ci interroga e ci sgomenta ancora oggi.
Perché Auschwitz non è soltanto lo sbocco inesorabile di un’ideologia folle e criminale e di un sistema di governo a essa ispirato. Auschwitz, evento drammaticamente reale, rimane, oltre la storia e il suo tempo, simbolo del male assoluto. Quel male che alberga nascosto, come un virus micidiale, nei bassifondi della società, nelle pieghe occulte di ideologie, nel buio accecante degli stereotipi e dei pregiudizi. Pronto a risvegliarsi, a colpire, a contagiare, appena se ne ripresentino le condizioni.... " 


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