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martedì 27 agosto 2024

ELOGIO DELL'INCONSCIO

 

 Come fare amicizia
 con il proprio peggio

                                            

-         di Cristiano Trentini

-          Pubblico delle grandi occasioni  a Savona, per la presentazione del libro di Massimo Recalcati “Elogio dell’ inconscio. Come fare amicizia con il proprio peggio”, accattivante saggio su uno dei concetti chiave della psicoanalisi freudiana. La manifestazione, rientra nella serie di eventi estivi denominata Parole ubicate in mare, organizzata dal comune di Savona in collaborazione con quello di Albisola oltreché con la libreria “Ubik” da tempo attiva nell’organizzazione di incontri culturali nel savonesato. Gran parte del pubblico era già presente in piazza Sisto parecchio tempo prima dell’inizio ufficiale dell’ incontro (complessivamente hanno assistito alla manifestazione più di cinquecento spettatori).

 L’evento, condotto dalla direttrice artistica Renata Barberis, è stato preceduto dalle interessantissime esibizioni musicali di Silvia Schiaffino (flauto) e Renato Procopio (chitarra).

 Con “Elogio dell‘inconscio” Massimo Recalcati, psicoanalista e docente presso l’università di Verona e presso lo IULM di Milano, ha inteso sostanzialmente rendere omaggio alla famosa istanza freudiana, evidenziando come l’essere umano non potrebbe vivere senza. Le “lodi” del professore, si possono riassumere in questo concetto: tramite l’ inconscio, è possibile tramutare le cose sconosciute e le cose nascoste in risorse, in positività; tutto ciò si può attuare operando, un cambio di prospettiva.

 Recalcati ha esordito dando una descrizione della persona senza inconscio, il quale per lui sarebbe “ un uomo computer, un uomo robot”, forse rifacendosi al celebre saggio di Robert Musil, “Uomo senza qualità”; ha ricordato come tale termine in realtà non è pura “invenzione” di Sigmund Freud, ma risale ai filosofi classici, pensiamo per esempio a Platone e alla sua anima irascibile; ha annotato come nel Romanticismo il concetto emerge come pura violenza bestiale, dalla caratteristica fondamentale dell’assoluta ingovernabilità. La connotazione che ne dà Freud a parere di Recalcati è quella di stravolgerne l’antico significato: l’inconscio, per il pensatore viennese, è un’entità “colta”, nel senso che di fatto, obbedisce alle leggi del pensiero cosciente, prima fra tutte la logica.

 A sostegno di tale impostazione, lo psicoanalista ieri ha portato gli esempi del sogno (il lavoro onirico è sostanzialmente una creazione di una “storia” – con tutte le sue regole – con fatti passati e recenti della persona che sta sognando) e del lapsus (mentre si parla, può sfuggire un cambio di termini o una inversione di lettere; a parere di Freud, si tratta dell’ inconscio che cerca di farsi largo nella realtà cosciente, portando dei simboli, dei significati, che saranno materia di analisi da parte del professionista).

 Si può annotare a questo proposito, che, se l’inconscio vorrebbe emergere nella realtà cosciente, d’altro canto tende altresì a stare tenacemente nascosto nella nostra mente; non è un caso che il lavoro dello psicoanalista è quello di agire (anche per anni, com’è noto) proprio per farlo affiorare.

 Alzogliocchiversoilcielo

 

 

giovedì 25 aprile 2024

ELOGIO DELL'INCONSCIO

 L’ultima opera di Recalcati, “Elogio dell’inconscio. Come fare amicizia con il proprio peggio”, riflette sul ruolo della psicanalisi, indebolito dallo sviluppo delle neuroscienze e degli psicofarmaci, ma che rimane un antidoto contro la disumanizzazione della modernità

-         di Massimo Recalcati

Il destino dell’inconscio sarà eguale a quello dei dinosauri? Po­trebbe, l’inconscio, andare incontro a una fatale estinzione? E la psicoanalisi? Non è forse oggi minacciata davvero dal rischio di scomparire per sempre? E gli psicoanalisti? Quale sarebbe la loro responsabilità per questa estinzione? Insomma, quale sarà l’av­venire della psicoanalisi nella nostra civiltà? Quale sarà, cioè, la possibilità per il soggetto dell’inconscio di continuare a esistere?

Pongo queste domande in una forma volutamente estrema e pa­radossale – inutile ricordare che tra un dinosauro e l’inconscio pas­sa una certa differenza –, per andare immediatamente al contenuto di questo libro. Si tratta dell’elogio appassionato di uno psicoanali­sta nei confronti di quel particolare oggetto – l’inconscio – che og­getto non è, nel senso che non risponde alla nozione empirica di oggetto, e che costituisce il centro dell’attività teorica e clinica del­la psicoanalisi.

È vero, in questi due ultimi decenni la stella della psicoanalisi, che ha conosciuto il suo massimo splendore dopo la contestazione del Sessantotto, negli anni Settanta-Ottanta, sembra davvero destinata a un avvenire piuttosto incerto. La comparsa di psicofar­maci sempre più potenti ed efficaci nel trattamento della sofferenza cosiddetta «mentale», la diffusione delle terapie cognitivo-compor­tamentali, i progressi delle neuroscienze, l’invasione di una cultura psicologica generica sono solo alcuni tra i fenomeni che sembrano condannare la psicoanalisi a non essere altro che un residuo d’ar­chivio dell’Ottocento.

Questo libro vuole invece ricordare che la psicoanalisi è più che una terapia, e che la sua difesa non è solo una difesa corporativa di un ceto professionale in crisi. La difesa della psicoanalisi è la di­fesa di un’etica della responsabilità e di una teoria critica della so­cietà di cui ancora oggi abbiamo un grande bisogno. Tale è, molto in sintesi, la posta in gioco di questo piccolo libro: elogiare gli ele­menti a mio giudizio cruciali dell’esperienza analitica, difendere la sua causa, che non è solo la causa della psicoanalisi in senso stret­to, ma coinvolge anche una intera concezione dell’uomo che si so­stiene sull’importanza del pensiero critico e sul carattere particola­re e incommensurabile del desiderio soggettivo.

 Agli interrogativi sull’estinzione della psicoanalisi e del suo og­getto, nel libro se ne aggiungono altri che sono relativi agli effet­ti di questa eventuale estinzione. Quale genere di catastrofe antro­pologica comporterebbe l’estinzione dell’inconscio? O, in termini meno enfatici e meno drammatici, cosa sarebbe, cosa diventereb­be un uomo senza inconscio? Di fronte a quale forma di mutazio­ne mentale ci ritroveremmo? Che cosa sarebbe un uomo, o, se vo­lete, più radicalmente, l’uomo, se l’inconscio si estinguesse? Forse potremmo trovare le sue versioni più terribili e tristi nelle figure del tiranno o del burocrate? O in quella più efficiente e disumana della macchina?

Il tiranno, il burocrate e la macchina hanno, in effetti, in comune l’assenza di desiderio. Forse un uomo senza inconscio sa­rebbe davvero l’incarnazione di un uomo grigio incapace di sogno, dunque di desiderio. Un uomo senza inconscio sarebbe l’uomo ri­dotto a una macchina senza desiderio? Non c’è, in effetti, per la psi­coanalisi malattia più terribile che questa: vivere senza avere acces­so al proprio desiderio.

Il compito della psicoanalisi e, soprattutto, degli psicoanalisti è innanzitutto quello di difendere l’esistenza dell’inconscio da ciò che ne minaccia l’estinzione. Lo psicoanalista, secondo Lacan, fa parte del concetto di inconscio, nel senso che permette al soggetto di fare esperienza dell’inconscio, del suo inconscio. Non si tratta semplicemente di difendere l’esistenza della psicoanalisi, ma quella dell’inconscio come indice del carattere irriducibile della parti­colarità del soggetto che invece lo scientismo contemporaneo vorrebbe poter liquidare.

 

“Elogio dell’inconscio. Come fare amicizia con il proprio peggio” (Castelvecchi editore), Massimo Recalcati, 2024, pp. 144, € 17,50