Pilato è stupito e divertito. Non sa se lasciar andare per la sua strada questo straccione consegnatogli dal Sinedrio o divertirsi qualche istante con lui. Cosa ha combinato questo folle se i riottosi sacerdoti si sono presi la briga di ingoiare più di un rospo amaro e sono venuti ad elemosinare la sua condanna a morte? Pilato odia il Sinedrio. Il Sinedrio odia Pilato per i suoi modi spicci, per la sua insofferenza alle troppe consuetudini di questi fanatici insubordinati. Eccolo lì l’uomo pericoloso. Un pazzo che si prende per re.
Uno che dice
di essere venuto a salvare il mondo. Uno che si prende per Dio. Uno che parla
di un Regno davanti al rappresentante ufficiale di un Impero mondiale. Uno da
manicomio. O da compatire. Cosa spaventa così tanto i religiosi bigotti del
tempio?
Tu sei re?
Non si
capacita della situazione, il procuratore romano. È salito a Gerusalemme
lasciando la calda Cesarea e il palazzo che affaccia sul porto solo per far
valere la presenza dell’aquila romana nella città santa dell’irrequieta
Provincia e ora deve iniziare la sua intensa giornata avendo a che fare con
questo somaro. Gesù cerca di capire se l’affermazione è una sua idea, se è una
sua supposizione. Pilato smorza ogni possibile dialogo, pone le distanze.
È preciso: a
lui della sorte di Gesù non importa nulla, né gli importa cosa pensino gli
altri, ma se si spaccia davvero per re allora esiste un problema. È un reato
di lesa maestà, uno solo è l’Imperatore, non facciamo scherzi.
Tu sei re?
Ci ripetono,
divertiti, quanti auspicano la fine catastrofica della Chiesa, rea di ogni
nefandezza, covo di pedofili e violentatori, associazione a delinquere che ha
ingannato i semplici di cuore per secoli. E dove sarebbe il Regno? Dove la
salvezza? Dove i cieli nuovi e la terra nuova in cui avrà stabile dimora la
giustizia? Duemila anni di illusione, di soprusi, di inganni.
E il mondo
marcisce, si accartoccia, prevale, sovrana, la tenebra. E anche noi, come a
Pilato, sembriamo, agli occhi del mondo cinico, dei pazzi esaltati, da
compatire e da contenere nel loro delirio religioso.
Tu
lo dici
Gesù cerca
di smuovere la durezza di cuore del romano. È re, certo. Ma non come immagina
Pilato. Il regno di Gesù non appartiene a questo mondo, infatti nessuno fra i
suoi sudditi ha alzato la spada per difenderlo. La discussione si fa
interessante. Il pazzo segue una sua logica. Più o meno.
Dunque tu
sei re?, provoca
ancora Pilato. Gesù ha capito che Pilato è troppo pieno di sé per ascoltarlo
veramente.
Tu lo dici. Ha ragione, il procuratore, Gesù non
sembra in nessun modo un re. È un gesto di fede crederlo. Di grande fede.
Gesù non
appare come un re. Neanche lontanamente. Né appare come un politico famoso o un
affermato imprenditore o un magnate della finanza. Non appare, semplicemente.
In nessun modo. E ne spiega la ragione: a lui non importa il potere. O il
denaro. O i privilegi. O i lussi. O l’adorazione della folla. Importa una cosa
sola: adempiere la sua missione. Vuole rendere testimonianza alla verità. È re
della verità. È re dell’autenticità. È venuto a svelare il vero volto di Dio. E
il nostro vero volto. Sì, Gesù è re. Ma a modo suo.
Un re che
capovolge la nostra idea di Dio. E della gloria.
Reallly?
Tu sei re?
Mi sento
dire dalle persone che hanno sbattuto la porta della parrocchia e se ne sono
andati, stufi dell’ennesimo scandalo, stanchi dell’ennesimo parroco con le
paturnie che vive fuori dal mondo, inorriditi dalle persone che tanto si danno
da fare in parrocchia dimenticando le cose essenziali che rendono amabile una
persona. Che testimonianza danno questi sudditi?
Tu sei re?
Mi chiedo
quando vedo noi servi, noi alla corte del Signore, discutere per un titolo, per
un riconoscimento, per un (santo e cattolico e devoto) applauso. E penso alla
logica del mondo che sta scardinando la Chiesa (quella piccina, non quella che
mai sarà sopraffatta) e vedo anch’io, come san Paolo VI, il fumo di Satana
insinuarsi nella logica del Vangelo.
Tu sei re?
Leggo nello
sguardo di compatimento, di sufficienza, di sottile ironia della gente che
conta, dei giovani disincantati diventati cinici, delle persone urlanti e
rabbiose che disprezzano come inutile e pericolosa la vita che deriva dal
Vangelo. Cristiani, in teoria, ma fieramente razzisti e violenti nel loro modo
di pensare e di vedere. E penso a cosa direbbero davanti a questo re da farsa
che ci troviamo…
Mostri
Nella
visionaria descrizione della prima lettura, Daniele vede il mondo sconquassato
da quattro bestie, segno delle dominazioni su Israele che si sono succedute nei
secoli: il leone indica il sanguinario regno di Babilonia, l’orso i Medi, il
leopardo i persiani e l’ultima bestia, la più spaventosa, rappresenta il regno
di Alessandro Magno e dei suoi successori, fra cui Antioco IV, persecutore dei
devoti al tempo in cui scrive Daniele. Nel brano che abbiamo meditato il
profeta vede la venuta di un figlio dell’uomo, semitismo che indica,
semplicemente, l’uomo. Non più delle bestie deterranno il potere in
Israele, ma un uomo, finalmente. Uomini, non bestie assetate
di potere e di denaro. Quanta poca umanità, ancora oggi, troviamo in coloro che
detengono il potere! Quanta poca umanità nel potere religioso del Sinedrio e in
quello politico dell’aquila romana!
Pilato,
durante tutto il colloquio, pone solo domande. Non si interroga: interroga. E
non ascolta le risposte.
La
verità
Alla fine di
questo anno liturgico, salutando l’evangelista Marco, celebriamo il nostro re.
Questo re. Che
ci porta alla verità di noi stessi, non certo a conquistare il mondo. Che ci
porta a Dio, non a inebriarci di potere. E siamo qui, se ancora lo vogliamo, a
dirci suoi discepoli.
Tu sei re? Sì, Signore. Lo credo. Lo voglio.
Ti sei
il mio re.
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