la rivoluzione dell’educazione
La liberazione, che consiste nel dare anche agli ultimi, ai
dimenticati, agli oppressi, la coscienza della dignità del loro essere persone
umane, e gli strumenti per sottrarsi alla fatalità di un condizionamento
sociale, economico, culturale senza scampo, tutto questo può avvenire grazie
all’educazione. “Io penso che il tema fondamentale della nostra epoca sia
quello della dominazione, che suppone a sua volta il suo contrario, quello
della liberazione come obiettivo da raggiungere”.
I fondamenti antropologici della visione educativa di P. Freire
possono sintetizzarsi in tre essenziali convinzioni: l’uomo è chiamato ad
essere soggetto, e non oggetto; la condizione umana non è definita dai
condizionamenti naturali, sociali, economici nella quale una persona nasce, ma
è quella che si realizza attraverso lo sforzo creatore del lavoro, dell’impegno
per trasformare e rinnovare i rapporti con gli altri uomini, per cui la cultura
è il risultato di questa azione creativa; la storia non è già scritta, con i
ruoli assegnati, ma è frutto della ricerca dell’uomo di essere sempre più uomo,
di umanizzarsi.
Da qui il compito educativo si esprime, prima di tutto, come impegno
a far prendere coscienza del proprio essere nel mondo come soggetto pensante,
creativo, critico, capace di partecipare al processo decisionale. Prendere
consapevolezza che il mondo non è ‘dato’ (quindi immodificabile), ma ‘prodotto’
(quindi il risultato delle nostre azioni, e per ciò aperto al continuo
perfezionamento), porta a passare da quella che Freire chiama coscienza
intransitiva, dominata dall’idea che niente può cambiare, alla coscienza
transitiva, consapevole che si può sottrarsi al fatalismo di una sorte di
oppressi, senza speranza, grazie agli strumenti di liberazione che l’educazione
può fornire, a cominciare dal possesso della parola e del giudizio critico.
Analogamente alla contrapposizione tra coscienza intransitiva e
coscienza transitiva, Freire contrappone due orientamenti educativi, quello
depositario e quello liberatorio. L’educazione depositaria è quella che lascia
l’uomo nella sua condizione di oppresso, e avviene attraverso dispositivi
pedagogici che vedono l’educatore trasmettere il sapere in senso
unidirezionale, mirando a che le nozioni vengano assimilate meccanicamente e
riprodotte in maniera ripetitiva. Non si pongono problemi da analizzare, ma
nozioni da archiviare, in un deposito che cresce passivamente. Tale educazione
non mira alla formazione di una mente critica, non favorisce la riflessività, non
chiede autonomia di pensiero e ricerca di soluzioni, tutto ‘spiega’, senza
problematizzare nulla. In questo contesto non vi è spazio per la
collaborazione, per la corresponsabilità e per la solidarietà di chi apprende,
che rimane un ricevente isolato della trasmissione unidirezionale
dell’educatore.
Una simile impostazione è funzionale ai sistemi educativi che mirano
alla conservazione dell’esistente, e non hanno interesse al cambiamento dello
status quo. Ma l’educazione, se è autentica, è sempre generatrice di novità.
Questa caratteristica appare evidente nell’orientamento liberatorio, nel quale
la relazione tra insegnante e alunno è di tipo dialogico, tra soggetto e
soggetto.
L’insegnamento si realizza ponendo grande attenzione al vissuto degli
allievi, al loro mondo di significati, alla loro cultura. È questo il segreto
del successo del metodo di alfabetizzazione degli adulti poveri e marginali
inventato da Freire, che parte dal riconoscimento della loro situazione di
vita, dalla loro cultura, per portarli attraverso un processo dialogico a
prendere coscienza della loro situazione e della loro potenzialità, dando loro,
non solo alfabeticamente, le parole per capire e trasformare la realtà. Mentre
si realizza molto rapidamente il processo di acquisizione della capacità
alfabetica, altrettanto rapidamente avviene la presa di coscienza politica dei
soggetti coinvolti. Da qui può iniziare il cammino emancipatorio.
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