È ANCORA PARTECIPAZIONE
Per il quindicesimo fine settimana
consecutivo in diverse città italiane è andato in scena un corteo no-pass.
Magari penserete che qui si voglia parlare di quel che è accaduto a Novara,
dove alcuni manifestanti hanno inscenata una condizione da deportati dei lager,
paragonandosi di fatto alle vittime della Shoah. Ma un’indignazione corale ha
già svelato e bollato quella bestemmia morale. Qui invece si parlerà di Milano.
Ci sono piacevoli consuetudini che si radicano nel tempo, e ormai da tanti
anni, quando posso, di sabato pomeriggio ho l’abitudine di far visita alla mia
libreria preferita. Si trova nei pressi di piazza Fontana, non lontano da
piazza Duomo. La prima volta che – ormai alcuni mesi fa – ho sentito gridare
per strada «libertà, libertà», ho scambiato uno sguardo perplesso con il
libraio, anche lui piuttosto basito. Dopo quindici settimane, l’altro giorno il
mio libraio mi diceva – come lamentano anche altri negozianti – che queste
ripetute manifestazioni stanno penalizzando tante attività commerciali, alcune
delle quali già pesantemente colpite dai mesi di chiusura. La gente per evitare
di incappare nel rumoroso corteo pensa bene di evitare le vie
interessate dalle manifestazioni.
È successo dunque anche sabato scorso.
«Libertà, libertà», gridavano. In tanti, quasi tutti senza mascherina
nonostante il fitto assembramento. Ma nessuno nega la libertà. C’è la libertà
di vaccinarsi contro il Covid-19 e c’è quella di non vaccinarsi. È vero: l’idea
del Green pass nasce con lo scopo di spingere il maggior numero di persone a
immunizzarsi. Ma è anche vero che chi non vuole farlo può comunque ottenere il
certificato sottoponendosi a un tampone. Non è questa libertà? Ma forse i
manifestanti vorrebbero un’altra libertà: quella di contagiare. Questa libertà
non c’è e non ci deve essere. Lo aveva ribadito già nel luglio dell’anno
scorso, da poco usciti dalla prima ondata, il presidente della Repubblica,
Sergio Mattarella, della cui saggezza tutti gli italiani dovrebbero essergli
grati: «Libertà non è fare ammalare gli altri».
Quando sento urlare «libertà, libertà»,
mi viene in mente l’omonima, celebre canzone di Giorgio Gaber: «La libertà non
è star sopra un albero, non è neanche il volo di un moscone, la libertà non è
uno spazio libero, libertà è partecipazione». Il testo è del 1973. Gli anni 60
e 70 del Novecento sono stati caratterizzati da un forte senso della
collettività e della comunità. Poi ci sono stati gli anni 80: il decennio del
rampantismo, dello yuppismo, insomma di un’ideologia dell’affermazione di
sé a scapito degli altri. Da quella mentalità individualista la nostra società
non è mai del tutto guarita.
«Partecipazione», cantava Gaber.
Oggi si tratta di partecipare allo sforzo collettivo nel
debellare una dolorosa pandemia (dolorosa per i tanti morti, per
l’economia, per la vita quotidiana di tutti). Forse a qualcuno è sfuggito
che questa estate abbiamo attraversato una nuova ondata epidemica: della quale
il Paese quasi non si è reso conto, essendo rimaste aperte quasi tutte le
attività, poiché il tasso di occupazione dei posti in ospedale da parte dei
malati di Covid è sempre rimasto sotto il livello di guardia. Grazie a cosa è
avvenuto ciò? Non certo in virtù di una particolare congiunzione astrale, bensì
– su questo non ci sono dubbi – grazie all’alto numero di vaccinati (e infatti
ad avere una malattia pesante sono stati per lo più i non vaccinati).
Partecipazione significa responsabilità.
Quella di cui sembrano mancare molti dei quarantenni e cinquantenni che
affollano le proteste nopass. E della quale, invece, danno una bella
testimonianza molti giovani, adolescenti compresi. Sappiamo che per questi
ultimi la sindrome da Covid-19 raramente è severa. Eppure molti di loro hanno
deciso di vaccinarsi. Non solo per poter accedere ai luoghi della 'movida'. In
tanti l’hanno fatto soprattutto per proteggere i loro stessi familiari,
genitori e nonni, più a rischio per l’età. Hanno capito che per ottenere e
mantenere la libertà di tutti è necessario «partecipare ».
Nessun commento:
Posta un commento