Un
linguista democratico
di Luca Serianni
Di poche personalità si può dire,
come di Tullio De Mauro, che abbiano segnato in modo indelebile la cultura
italiana dell’ultimo cinquantennio. E lo si può dire senza timore di incorrere
nel rischio di una celebrazione postuma, cedendo alla pur comprensibile
retorica della circostanza.
De Mauro è stato prima di tutto un
linguista, un grande linguista. L’opera di maggiore risonanza internazionale,
una risonanza riconosciuta dalle numerose lauree honoris causa, è forse
l’edizione, con un ricco commento, del Corso di linguistica generale di
Ferdinand de Saussure (1962), il testo che espone, con la chiarezza e
l’affabilità di un docente che parla ai suoi studenti, i principi dello
strutturalismo: ossia di un indirizzo che ha segnato il Novecento
euroamericano, non solo nella linguistica ma anche in diverse altre scienze
umane, dalla storia all’antropologia alla critica letteraria. Ho sempre pensato
che lo stile espositivo di Saussure, tutto proiettato sull’interlocutore e
alieno dall’autocompiacimento dell’intellettuale, fosse un tratto che
accomunasse Saussure e il suo interprete: davvero i grandi, le «persone che
vagliono molto – come diceva Leopardi – hanno le maniere semplici».........
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