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Al filosofo si rivolge un pittore di ventiquattro anni che,
terminati gli studi all'Accademia di Firenze, si è ritrovato a dover aiutare i
genitori nella gestione di una piccola società a conduzione familiare per
evitare il fallimento. Il giovane Ludovico, nonostante le difficoltà, ha però
fatto tesoro della sua esperienza per iniziare a maturare e scegliere
consapevolmente e responsabilmente: il giovane ventiquattrenne si è reso conto,
infatti, che l'amore ed il rispetto per la sua famiglia rappresentano per lui
un valore inestimabile e che il futuro dipende dai suoi soli sforzi, avendo
ereditato però dai suoi genitori quell'educazione che gli ha permesso di andare
avanti, nonostante le grandi difficoltà riscontrate nel suo cammino.
Il giovane Ludovico ha così compreso come la qualità della
vita dipenda dalle sue scelte, dal suo grado di autonomia ed autorealizzazione,
essendo ben consapevole che i valori che contano veramente non siano quelli
basati sul denaro e sul conseguimento immediato dei risultati, ma quelli che
trovano fondamento nella fiducia in se stessi e nella propria forza interiore,
così da non essere mai fragili e manipolabili.
Nel rivolgersi al ragazzo, Umberto Galimberti, con estrema
chiarezza, fa riferimento ai giovani ragazzi di oggi che non credono più in
niente, il loro futuro non appare più come una promessa ma come uno scenario
vuoto.
Ecco allora l'importanza di guardare in faccia la realtà e di
non rassegnarsi perché la felicità la si ritrova nelle piccole cose, giorno
dopo giorno, lottando per quello in cui si crede, senza mai desistere, ma anzi
riscoprendo una forza interiore che forse neppure si era mai immaginati di
possedere.
Occorre imparare l'arte del vivere, dove a sorprenderci non
sono mai le cose, ma il nostro modo di guardarle ed eventualmente di cambiarne
il significato, per cui anche una rinuncia, anche una prigione, diventa
espressione di libertà.
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