lunedì 25 novembre 2013

IO SPERIAMO CHE ME LA CAVO ... La scomparsa di Marcello D'Orta

L’infanzia e il maestro

Marcello D’Orta, autore del fortunato ‘ Io speriamo che me la cavo ’, autentico maestro elementare e suggestivo cantore dell’infanzia indifesa, con l’assistenza del Signore in cui credeva tanto da regalargli l’unico figlio Giacomo, viceparroco della Basilica di san Francesco di Paola in piazza Plebiscito a Napoli,  ha scelto di lasciare questo mondo la mattina dello scorso 19 novembre, ipotizzando che il giorno dopo, 20 novembre, avrebbe potuto far coincidere i suoi funerali con la ‘ Giornata internazionale per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza’ approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989.
E’ vero, sono queste la strane, indecifrabili coincidenze della vita ma D’Orta amò davvero l’infanzia tanto da elevarla alla dignità di protagonista del suo fortunato bestseller. Il successo ottenuto dal libro, due milioni di copie vendute in tutto il mondo, spinse qualche critico un po’ severo ad ipotizzare, da parte del maestro – autore,  un’abile manipolazione dei testi originariamente redatti dagli allievi.
Una lettura serena e priva di pregiudizi di quegli elaborati consente, invece, di coglierne genuinità e immediatezza e, quindi, di comprovarne la fedele trasposizione.
Arzano, centro alla periferia nord – orientale di Napoli, è la località, distante appena nove km. dal capoluogo regionale,  ove aveva sede la scuola frequentata dagli alunni di D’Orta. Non sembrano di certo  edulcorate o, peggio, manipolate espressioni del tipo: “ Io credevo chi sa come erano fatti i francesi. Sono tali e quali a noi, solo un po’ più francesi” o “ Mio padre non so quanti hanni (sic!) ha, però non è troppo vecchio; un poco è anche giovane “ oppure “ Un povero che chiede la carità a Milano, non è di Milano, è di Foggia “ o ancora “ Quando io correvo sulla spiaggia tutta la rena andava in faccia ai signori che dormivano e quelli gridavano. Ma a me che me ne fotte ? Io correvo “.
Il successo ottenuto da “ Io speriamo che me la cavo “ è la conferma della straordinaria sensibilità del compianto D’Orta verso l’antropologia dell’infanzia che, in ogni angolo del mondo, è viva, autentica, non contraffatta, istantanea.
Il codice linguistico materno, utilizzato dai fanciulli napoletani, possiede una marcia in più per risultare più espressiva di originali stati d’animo e di  straordinarie ovvietà.
La Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia, approvata 24 anni fa a New York, sanciva il diritto dell’infanzia alla vita, alla famiglia, alla protezione, all'educazione, alla scuola.

Marcello D’Orta, scegliendo per strana ma significativa coincidenza,  di chiudere la sua esperienza  terrena nella giornata celebrativa di quell’evento, ha voluto confermare la sua vocazione di maestro e di amico dell’infanzia prima ancora di quella di bravo scrittore.   
                                                                                                                            Ambrogio Ietto

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