domenica 7 gennaio 2018

VANGELO DELLA DOMENICA

   Battesimo del Signore
    Is 55,1-11/ lGv 5,1-9/Mc 1,7-11
    Desideri                      

     ......  Poi capita, in anni come questi, che alzi bandiera bianca. Perché puoi volere davvero tanto tanto bene a Gesù, ma trovarsi a messa una volta ogni due giorni, in questa alternanza fra Natale, Capodanno, Epifania e domeniche, in effetti è davvero troppo. Si rischia di fare come per il pranzo di Natale o il Veglione di Capodanno.  Ti abbuffi, ti sfianchi di cibo fino a non poterne più. Un po’ mi spiace, se devo essere onesto, perché rischiamo di perderci pagine spettacolari come quelle dell’Epifania. Intendiamoci: evviva un giorno in più di vacanza con la solennità celebrata il 6 gennaio ma, forse, lasciarla come conclusione del tempo natalizio alla domenica avrebbe permesso di assimilare di più. Così non è e oggi, per lo stupore di molti, se siete andati a Messa, vi siete trovati un Gesù adulto pronto a farsi battezzare.
    Allora riassumo per chi si fosse perso qualche puntata: ieri abbiamo celebrato la chiusura del tempo natalizio con la straordinaria festa dell’Epifania, così importante che per i nostri fratelli ortodossi sostituisce il Natale. Perché è immensamente bello celebrare la notte della nascita di Gesù ma il racconto dei Magi, i magoi venuti dall’oriente, che rappresentano le nazioni pagane che riconoscono in Gesù il Salvatore, è il culmine dell’incarnazione. Se Dio diventa uomo, ci dice l’ebreo Matteo, è per essere riconosciuto da tutti i popoli, anche da quelli pagani.  Bene la nascita, allora. Ma ancora meglio l’adorazione, in quel bambino, del re, del Dio, del crocefisso, come simboleggiato bene dai doni di questi esotici personaggi. Ma, ed è quello che vorrei fare oggi, fra queste due feste, Epifania e Battesimo, c’è qualcosa di condiviso. Ed è un atteggiamento che potrebbe aiutarci a iniziare bene questo nuovo anno.
     Ed è il desiderio......
     Dei magi Siamo talmente abituati ad immaginarli, questi stranieri venuti da lontano montando dei cammelli, vestiti di seta e col turbante, da averli relegati nell’ambito delle pie favolette per bambini.  Eppure, a leggere bene il racconto, fatta la dovuta tara alla visione teologica e salvifica del buon Matteo, in questo racconto, nella logica di quanto ci siamo detti a Natale, i magoi sono fra i pochi ad avere accolto il Dio fatto uomo. Anche se, in realtà, cercavano altro.
     Il loro desiderio era quello di verificare l’ipotesi di un collegamento fra un qualche evento astrale e la nascita di un re in Giudea. Me li vedo, questi facoltosi e curiosi amici che scommettono su quale fra le loro teorie sia quella corretta. Me li vedo mettersi in viaggio scrutando il cielo (d’altronde la parola desiderio non proviene forse dal de-sidera, guardare le stelle?). Poi lo stupore per il parapiglia creato alla corte del tiranno Erode e la notizia di un altro re da aspettare, di un’attesa legata alla fede, di una promessa messianica. E lo sconcerto. Fino al riapparire di quell’evento, di quella stella, che li ha condotti al cospetto di una madre e di un neonato. Non sono devoti, i magoi, né particolarmente interessati alle cose dei preti. Sono curiosi, sono scienziati, sono amici, sono disposti a mettersi in strada per andare a vedere. Il desiderio li spinge. La curiosità di dare una risposta alle loro mille domande.
      E trovano Dio. Vorrei proprio capire chi sono quei geni che contrappongono ricerca scientifica e fede. Vorrei proprio imparare dai magoi ad alzare lo sguardo e ad uscire dal palazzo.
      Di Giovanni. È un prete, ma non frequenta il tempio. È un profeta, ma non cerca discepoli e caccia la gente in malo modo. È preso per il Messia, ma non accetta che lo si consideri tale. Ha fatto della sua vita un’attesa. È l’immagine e l’emblema del giusto che attende la salvezza di Israele. Non vuole clamore, non vuole essere al centro dell’attenzione ma lo diventa, malgrado tutto. A Gerusalemme hanno lo splendore del ricostruendo tempio e i riti e i sacerdoti. Scendono nel deserto per udire una Parola sferzante ma vera in bocca ad un uomo scavato dal sole e dal digiuno.
      Ha un desiderio: preparare il popolo ad incontrare il Messia. Ama Dio con passione amorosa. Ama il popolo e lo scuote. Questo Dio che è venuto nella Storia e che ha stupito anche lui. Dio non è mai come ce lo immaginiamo. Sempre oltre. Vorrei proprio imparare dal Battista ad essere divorato dal fuoco interiore dell’amore di Dio. E amare la gente anche scuotendola, se necessario. E dare uno strumento di salvezza, come ha saputo fare lui con il Battesimo. E diventare capace, almeno un poco, di farmi abitare dalla Parola per diventarne voce.
     Di Gesù.
È un perfetto sconosciuto. Jeoshua di Nazareth di Galilea. Si mette in fila con i penitenti, lui che non porta peccato con sé. Chiede perdono, lui che non sa cosa sia la colpa. Solidale fin dal primo gesto, in mezzo, assieme, con gli altri. Un gesto sconvolgente, che esprime il desiderio di Dio di salvare ogni uomo, mischiandosi con noi. Non ci salva dall’alto. Non ci salva con un molle gesto di condiscendenza. Si sporca le mani di fango questo Dio.
      Vorrei imparare dal Signore Gesù a mischiarmi fra i peccatori, perché lo sono. Senza giudicare, senza pretendere, senza deprimermi.
      Magari riscoprendo quel grande segno di appartenenza a Lui che è stato il mio battesimo.

Paolo Curtaz




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