venerdì 15 marzo 2024

IL SANTO DELLA PORTA ACCANTO


Servo di Dio

 Mario Giuseppe Restivo


un giovane in cammino

 

“Il Signore Gesù, maestro e modello divino di ogni perfezione, a tutti e a ciascuno dei suoi discepoli di qualsiasi condizione ha predicato quella santità di vita di cui egli stesso è autore e perfezionatore: «Siate dunque perfetti come è perfetto il vostro Padre celeste»” (L.G. 41).

Questo breve stralcio della Costituzione Conciliare Lumen Gentium, redatta durante il Concilio Vaticano II, ci introduce nel racconto della breve esistenza del Servo di Dio Mario Giuseppe Restivo, riportando alla nostra mente e riproponendo al nostro cuore l’annuncio di una verità che tocca la vita di noi tutti: Dio non ha creato uomini destinati a restare a mezzo nella relazione con Lui. Ognuno di noi è creato da un Amore che lo vuole compiuto nel proprio essere, pienamente realizzato, secondo un disegno unico e irripetibile.

Questa chiamata si realizza nel rispetto dell’infinita varietà dei doni che ciascun fedele possiede e delle vocazioni che ne discendono:

“Nei vari generi di vita e nei vari compiti una unica santità è coltivata da quanti sono mossi dallo Spirito di Dio e, obbedienti alla voce del Padre e adorando in spirito e verità Dio Padre, camminano al seguito del Cristo povero, umile e carico della croce, per meritare di essere partecipi della sua gloria. Ognuno secondo i propri doni e uffici deve senza indugi avanzare per la via della fede viva, la quale accende la speranza e opera per mezzo della carità" (L.G. 41)

Tutti i Papi che hanno guidato la Chiesa post-conciliare hanno sviluppato nelle loro catechesi questa intuizione fondamentale, che ha rinnovato la prospettiva con cui guardare alle varie forme di santità fiorite nel mondo contemporaneo e ha aperto lo sguardo a riconoscerne di tanto più varie quanto diverse fra loro sono le numerose vocazioni presenti nella comunità cristiana.

 La santità nel quotidiano

Papa Francesco, in particolare, è tornato ripetutamente sulla constatazione che la santità si offre talvolta alla Chiesa in forme evidenti e straordinarie ma non meno di frequente in situazioni quotidiane e poco esposte che, se sappiamo riconoscerle, ci mostrano quanto l’ordinario abitato dalla Grazia possa risplendere di bellezza e di pienezza.

Nella sua Esortazione Apostolica sulla chiamata alla santità nel mondo contemporaneo ci invita a riconoscere i “santi d’ogni giorno” come un tesoro della Chiesa, offerto alla nostra venerazione e sequela.

“Non pensiamo solo a quelli già beatificati o canonizzati. Lo Spirito Santo riversa santità dappertutto nel santo popolo fedele di Dio, perché «Dio volle santificare e salvare gli uomini non individualmente e senza alcun legame tra loro, ma volle costituire di loro un popolo, che lo riconoscesse secondo la verità e lo servisse nella santità». Il Signore, nella storia della salvezza, ha salvato un popolo. Non esiste piena identità senza appartenenza a un popolo. Perciò nessuno si salva da solo, come individuo isolato, ma Dio ci attrae tenendo conto della complessa trama di relazioni interpersonali che si stabiliscono nella comunità umana: Dio ha voluto entrare in una dinamica popolare, nella dinamica di un popolo. Mi piace vedere la santità nel popolo di Dio paziente: nei genitori che crescono con tanto amore i loro figli, negli uomini e nelle donne che lavorano per portare il pane a casa, nei malati, nelle religiose anziane che continuano a sorridere. In questa costanza per andare avanti giorno dopo giorno vedo la santità della Chiesa militante. Questa è tante volte la ‘santità della porta accanto’, di quelli che vivono vicino a noi e sono un riflesso della presenza di Dio, o, per usare un’altra espressione, “la classe media della santità” (G. et E. nn. 6-7).

 In questa stessa prospettiva una grossa spinta ha avuto l’interesse dell’agiografia per figure di giovanissimi ragazzi che, nell’arco di tempo di un’esistenza molto breve, attraversando vicende del tutto ordinarie e proprie della loro età, hanno compiuto con una stupefacente velocità l’intera parabola della santità, realizzandone un modello pieno di freschezza e semplicità, tanto “straordinario” quanto facile ad essere posto, ad esempio, per i giovani del nostro tempo.

Non si tratta di una novità in senso assoluto: sin dalle sue origini - e sempre nel suo sviluppo - la Chiesa ha riconosciuto e venerato figure di giovanissimi uomini e donne che hanno donato la propria vita al Signore con una totalità ed una ricchezza piene di splendore.

La cifra più evidente dei “santi giovani” del nostro tempo resta, però, l’ordinarietà della loro vicenda, la vicinanza assoluta allo stile di vita, alle abitudini, agli interessi e alle speranze dei loro coetanei: hanno vissuto esistenze per certi versi in nulla differenti da quelle di ogni loro contemporaneo, ma illuminate dalla luce di un Incontro speciale, che li ha coinvolti sino a plasmare dal di dentro ogni particolare della loro quotidianità ed a farli risplendere di una bellezza sobria ed affascinante al tempo stesso, evidente ai vicini se pur nascosta alle cronache del mondo, adatta ad esser proposta a tutti come meta e compimento del proprio vivere.

 Mario, testimone di un cammino

Uno di loro è, appunto, Mario Giuseppe Restivo, il quale nasce a Palermo il 24 Gennaio 1963. È il primo di quattro figli, di genitori originari di Castelbuono, una cittadina, all’epoca, di circa 10.000 abitanti, situata nel cuore delle Madonie.

A tre anni circa, insieme alla famiglia, si trasferisce a Castelbuono. Qui avviene il suo primo contatto con la scuola: due anni di Materna e quattro di Elementari; poi nuovamente a Palermo.

Sin dai primi tempi, Peppuccio - così lo chiamano affettuosamente i suoi - manifesta ingegno brillante ed altrettanto impegno, cosicché è benvoluto e stimato da tutti. La sua maturazione è precoce. A soli nove anni, nel 1972, compone la sua prima poesia. È l’inizio di una lunga serie, tanto che nel 1974 il padre decide di dare alle stampe una raccolta, intitolata: “La mia aurora” , seguita l’anno dopo da “In cammino”.

La sua giovane vita scorre in un’apparente normalità, tra lo studio - dopo le Scuole Medie frequenta il Liceo Classico - e lo scoutismo.

Quest’ultima è forse la sua più forte passione, nella quale persevera sino alla fine non come semplice fruitore, ma coinvolgendosi in prima persona con una responsabilità ed una capacità educative tali che, giovanissimo, nel 1978 ricopre già il ruolo di Capo Reparto e fonda con altri un gruppo presso la Parrocchia S. Raffaele Arcangelo di Palermo.

San Francesco come modello

Sceglie come modello di vita la figura di San Francesco e ama molto la natura, la cui bellezza può assaporare nelle routes con gli Scout e nelle numerose passeggiate fra le sue montagne: a contatto con il Creato riesce a realizzare in modo più pieno la propria unione con Dio.

I suoi interessi sono estremamente vari: pare che nessun elemento della realtà che lo circonda gli risulti estraneo. Ha contatti con le persone più disparate, anche viventi in luoghi molto lontani dal suo paese di nascita. I familiari - ad esempio - conservano una fitta corrispondenza con due realtà monastiche, una delle quali si trova nella lontanissima - poiché non siamo nel tempo di internet e della globalizzazione – Australia!

È un ragazzo attento alle vicende del proprio tempo ed animato da spirito di “responsabilità” verso gli avvenimenti a lui prossimi e meno prossimi: nel 1979, alla notizia del devastante terremoto che ha colpito la Jugoslavia, pensa di partire con un gruppo di volontari, sentendosi implicato in prima persona nel dramma della popolazione vittima del sisma: sarà bloccato dal padre, in ragione della giovanissima età.

Il 24 gennaio 1981, al compimento del 18 anno di età, viene nominato Accademico dell'Accademia Internazionale Gentium Pro Pace di Roma.

Il 1982 è l’anno del diploma di maturità, conseguito a pieni voti presso il Liceo Classico “Vittorio Emanuele II” di Palermo.

Muore il 19 agosto 1982 nei pressi di Chambery (in Francia) in seguito ad un incidente automobilistico, mentre si reca a Taizé, assieme ad altri due compagni scout.

 Una normalità luminosa

Leggendo questi tratti biografici, tanto scarni ed essenziali, vien giusto da chiedersi cosa mai di “originale” abbia avuto una vita così breve.

Infatti, apparentemente, le sue attività e i suoi pur numerosi interessi non si discostano in niente da quelli che qualsiasi brillante ragazzo della sua età e del suo tempo avrebbe potuto coltivare.

Eppure, c’è nella sua -come in ogni biografia di santo- una nota “speciale”, un profumo di “eccezione” che promana dalle cose “normali” di cui è tessuto il quotidiano.

Qui vien proprio da citare le parole di Papa Francesco all’angelus per la festa di Ognissanti 2023:

“[…] quando riceviamo un dono, qual è la prima reazione? È proprio che siamo felici, perché vuol dire che qualcuno ci vuole bene, e il dono della santità ci fa felici perché Dio ci vuole bene”.

Ecco, Mario Giuseppe, come ogni santo, è prima di tutto un giovane uomo felice per aver ricevuto un dono. È uno che ha fissato lo sguardo sulla Buona Novella, che si è innamorato di Gesù Cristo, perché ha capito che Cristo è innamorato di lui.

Ancora giovanissimo scrive nei suoi appunti: “Il mio sguardo ha fissato per sempre Dio, da Lui non posso distogliermi”.

I numerosissimi scritti del periodo dell’adolescenza testimoniano che questo vero e proprio innamoramento percorre tutta l’esistenza del nostro e la segna dal di dentro, come un suo tratto distintivo.

Qui ne leggiamo qualcuno molto significativo anche circa “modo” in cui egli intende il proprio pregare.

 L’arte del pregare

Innanzitutto, intuisce che c’è una preghiera fatta per noi, ma poi ce n’è una che è per Dio, tempo dato a Lui:

“La preghiera non è un tempo mio ma di Dio. Se in un primo tempo la preghiera serve più a te che a Dio e ti rende gioioso, in un secondo tempo la preghiera diventa un momento di Dio, un'occasione di ascolto. […] C'è un silenzio che viene dalla volontà ed un silenzio che viene da Dio e che si avverte anche lavorando”.

Ecco dunque che, durante un campo estivo, si alza più presto dei suoi compagni, al mattino, per dedicare al suo Signore un po’ del proprio tempo e scrive quella che lui chiama una Preghiera-Veglia:

"Non avete saputo vegliare con me neppure un'ora"

È pensando queste parole che mi sono alzato prima del solito stamattina per venire qui davanti a Te.

Sai, non ero quasi abituato a sentirTi una presenza, ma ora, in quest'alba di uno splendido mattino che ancora una volta ci dai, Tu ci sei: sento il tuo battito in me, ma anche fuori di me. In me poiché la mia disponibilità, dell'essere qui stamattina, come dell'aver partecipato a questo campo, vive del Tuo amore verso di me; fuori di me perché tutto qui attorno è buono, poiché proviene dalla Tua onnipotenza: il cielo, il bosco, gli uccellini, l'erbetta, le foglie secche, reliquie di un autunno ormai lontano, il freddo, il silenzio, l'orizzonte […]”.

La traboccante vivacità di Mario si nutre di una calda e laboriosa relazione col suo Signore. Numerose sono le note in cui insiste sulla “necessità” di pregare con costanza e insistenza, sempre, come insegna Vangelo. Nonostante la giovane età dimostra anche di avere una “scienza”, delle forme e dei gradi della relazione umana con il divino veramente sorprendente: i diari sono una miniera di appunti e riflessioni e ci testimoniano una ricchissima vita interiore.

 Una spiritualità sorprendente

La preghiera, inoltre, in lui non scade mai in autocompiacimento, piuttosto diventa subito attenzione all’altro, al compagno di strada, anzitutto.

Così il testo della “Preghiera-Veglia” passa dall’adorazione di Dio alla passione per l’uomo, all’attenzione educativa:

“Signore, dammi sempre un inizio, dammi soprattutto la morte che lo precede, aiutami ad educare all'amore le persone che mi stanno attorno. Dio, guidami sulla strada del ritorno, affinché la mia casa diventi la Tua casa, la mia vita diventi la Tua vita. Signore, dammi la comprensione e l'umiltà di un capo alla maniera del tuo figlio. Ti prego per le persone smarrite, per chi non sa ancora da che parte andare eppure ci va. Dammi la spontaneità e la fantasia perché sia un ragazzo fra i ragazzi. Ti prego perché non muoia mai in me la Speranza.

E quando sono solo, Signore, quando a sera busso alla porta di qualcuno e nessuno mi dà risposta, ricordaTi di me e rendimi capace di sorridere. Fa che possa dare sempre agli altri, in umiltà e completa condivisione”.

È ancora quasi un adolescente, ma è già “adulto” nello sguardo a sé stesso e a ciò che lo circonda. Ne gode, ringrazia e condivide, con la naturalezza di ogni Amore vero, che è fatto per espandersi e prendersi cura.

Un’operosa spiritualità

Questa cura si riversa in primo luogo sui compagni del cammino Scout. Citiamo solo una piccola nota in cui spiega cosa voglia dire per lui farne parte:

“Essere Scout significa fare una scelta decisiva e coscienziosa che mi impegna seriamente nel tentativo di migliorare la società in cui vivo. Significa anche trovare, vivendo accanto alla natura, l’immagine più familiare di Dio Creatore”

Una specifica e coscienziosa scelta di responsabilità, dunque: non ha ancora 18 anni!

Sempre si pone, davanti alle resistenze ed alle preoccupazioni dei genitori, come una vera e propria “testa d’ariete”, aprendo per sé e per i suoi fratelli una strada alla realizzazione di un’operosa responsabilità civile. Inoltre la sua “attenzione” non si limita ai confini del proprio piccolo mondo. Progetta di svolgere il servizio civile, a conclusione degli studi universitari, in Africa. E, come abbiamo accennato, nel 1979 - raggiunto dalla notizia di un devastante terremoto  in Jugoslavia - si sente interpellato in prima persona dalla sofferenza dei suoi fratelli lontani e annota nel proprio diario queste considerazioni :

“Oggi è giunta la notizia di un fortissimo terremoto in Jugoslavia pari al decimo grado della scala Richter. Si parla di centinaia di vittime, paesi interi rasi al suolo. So che in questo momento il mio posto è lì, non ha senso che io debba starmene qui al sicuro senza fare del mio meglio, senza che io possa dare me stesso per gli altri”.

Ecco la carità dei santi, che sgorga spontaneamente dal loro cuore riempito dalla Carità di Dio. Non c’è un particolare della storia che non li riguardi, in cui non si sentano coinvolti e responsabili, come il loro Maestro, venuto per servire.

La poesia, canto di vita

Della gioia e della sensibilità innata per il dono tutto dell’esistenza è poi espressione, in Mario, l’innata capacità poetica, svelatasi sin da bambino e poi coltivata per tutta la vita

I componimenti dell’infanzia segnano l’inizio di una lunga serie di testi poetici in cui  riverserà la ricchezza della propria anima, riuscendo a farlo con tanta efficacia da ottenere vari importanti riconoscimenti: ne parlano giornali e riviste specializzate e grosse testate nazionali come il Corriere della Sera, il Giorno, il Resto del Carlino, etc. Riceve lettere di compiacimento da parte del Santo Padre, del Presidente della Repubblica, del Direttore Generale del Ministero della Pubblica Istruzione, del Presidente della Regione Siciliana, del Sindaco di Palermo e di vari uomini di cultura. Anche la RAI-TV si interessa alla sua opera e presenta il volumetto “In cammino” il giorno 5 aprile 1976 nella rubrica televisiva TUTTILIBRI.

Mario è poeta perché ha una straordinaria capacità di osservare la realtà e una particolare dote nel vederne la profondità e la bellezza.

Per questo ama tanto la Natura. Da uomo innamorato del suo Creatore, vede nelle meraviglie del creato un riflesso di Lui. Molto è il tempo che trascorre contemplandoLo tra le vette delle sue Madonie e in giro coi compagni Scout. Abbiamo componimenti poetici che ci rivelano la sua anima capace di un vero approccio “mistico” alla realtà, dunque teso non a distaccarsene - come erroneamente saremmo portati a pensare - ma a penetrare con profondità nei suoi dettagli, in cui si intravvede l’impronta di Colui che l’ha plasmata, colma di ogni meraviglia e perfezione.

Nei versi semplici, forse anche ingenui, sembra di sentire un’eco del grande innamorato della Creazione, san Francesco, alla cui spiritualità fa esplicito riferimento in molti suoi scritti. Leggiamo uno solo dei suoi componimenti, gustandone la freschezza giovanile.

Mille le luci nel buio dell'infinito...

Ma io ti riconosco, o stella,

perché nelle notti senza luna

tu brilli per me.

E quando ti guardo,

solo nel paesaggio notturno,

il tuo splendore s'impadronisce di me

a cancellare le mie incertezze.

Allora nella notte tu sei tutto per me.

Oh, stella! Come vorrei brillare con te lassù,

sospeso sul mondo...

Non ci sorprende, leggendo i suoi appunti dopo averlo un po’ conosciuto, constatare come la sua sensibilità per la bellezza del Creato diventi anche coscienza civile, progettualità ed impegno per quella che oggi, alla luce dei più recenti documenti del Magistero, potremmo chiamare una “ecologia integrale”: nihil humani a me alienum esse puto.

Il senso del tempo ben vissuto

Un'ultima nota: nonostante la giovanissima età, Mario ha un senso vivissimo del tempo e del suo scorrere inesorabile, quasi un presentimento della brevità dei giorni che gli sono assegnati.

Nel 1979 redige un testo poetico intitolato “Resurrezione”. Merita, citarlo, per l’eccezionale maturità umana che dimostra, come se la pianta avesse anticipato i propri frutti in vista dello schianto. Scrive, dunque:

Che giorno è oggi?

Nessuno risponde, nessuno sa a che punto è la vita.

Panta rei - continuano a ripetere con l'angoscia in cuore.

E nessuno sa che giorno è oggi.

Lo chiedo alla gente che incontro per strada,

alle cose che si muovono intorno: - Che giorno è oggi? -

E impazzisce la mente che trabocca di tempo,

confuso nei tristi pensieri

di giorni scordati e di sogni perduti.

Che giorno è oggi? -

Ma nessuno è cosciente, nessuno si ferma a pensare,

sguardi smarriti mi gridano il loro – panta rei – diabolico

- panta rei - ossessionante.

Panta rei - e non so che giorno è oggi.

E prego il Padre perché il cielo mi accolga

se tutto passa in fretta e nulla resta,

se tutto muore e nulla nasce.

-Panta rei – gridano, e mi trascinano nella loro processione

a cantare lugubri inni per la materia che muore.

- Panta rei - E non c'è più tempo da calcolare.

I giorni sfuggono alle menti sconvolte.

Ed io mi scrollo di dosso questa terra che già mi copre.

Impressionante la lucidità di queste parole da parte di un ragazzo non ancora ventenne che avverte con un sentire da adulto la fugacità del tempo e grida la sua domanda al Padre, come Gesù sulla Croce.

Il titolo del componimento è tutt’uno con esso, frutto di una coscienza in cui la morte e la Vita sono il seme e la pianta che ne germinerà.

 Quando, nel fiore degli anni, gli sarà chiesto l’ultimo respiro, apparentemente il “panta rei” angoscioso del suo componimento profetico sembrerà aver avuto la meglio, per sempre.

Ma la profezia della Resurrezione di Cristo - che traluce dalle vicende umane dei santi - non è solo un confuso, indefinito futuro “al di là” della storia.

In un “già” non ancora compiuto ma in germe presente, il seme ricoperto dalla terra e custodito nell’abbraccio del suo Dio germoglia: adesso!

“Voglio passare il mio Cielo a fare il bene sulla terra” diceva Teresa del Bambino Gesù.

Anche Mario passa il suo “aldilà” riempiendo di frutti il nostro qui ed ora.

In nome suo - e dei suoi coetanei che hanno condiviso la stessa sorte di “santità giovane” - molte nuove esperienze di fede e di carità stanno germogliando: dalla “Via Lucis” di Giandomenico Salvia - il giovane economista ideatore del progetto di economia solidale Tucum - ai progetti di micro-economia familiare in varie parti dell’Africa promossi dal fratello Vito, alle attività culturali a favore degli studenti liceali del Vittorio Emanuele II condotte dall’Associazione di fedeli che ne promuove la causa di canonizzazione…a mille altre piccole e grandi iniziative che testimoniano come ogni santo sia un uomo Vivente, poiché si è lasciato attraversare dalla Resurrezione del suo Signore, Colui che ha vinto ogni morte.

 

Elda Bentley – Movimento Ecclesiale Carmelitano




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