di Giuseppe Desideri
All’indomani dell’ultima Conferenza
nazionale del quadriennio, importante tappa di riflessione per il percorso
precongressuale, sembra giusto sottolineare la preoccupazione comune a chiunque
abbia a cuore il bene associativo di come porsi, quali soci dell’Aimc, di
fronte alla complessità sociale e culturale dell’oggi e del prospettato futuro
che si ripercuote, inevitabilmente, sulla scuola e sulla professione.
Come orientarsi in tale complessità, come
interpretare il ruolo di appartenenti a un’associazione professionale di
identità cattolica?
Due mission sono emerse dall’ampiezza e
ricchezza della riflessione. Due mission traducibili in immagini ben definite
che, non a caso, sono direttamente riconducibili a due inviti pressanti rivolti
dal Santo padre ai laici: essere “sentinelle” e “costruttori di ponti”.
In che senso? Dobbiamo essere con le
antenne ben vigili nell’oggi, quindi essere attenti osservatori delle cose che
succedono, perché mentre noi facciamo le analisi il contesto cambia e, quindi,
dobbiamo fare una nuova analisi, entrano in gioco variabili diverse (lo stiamo
vedendo: i decreti hanno aperto alcune variabili, altre situazioni creano altre
variabili, si verificano tutta una serie di fattori che interagiscono e rendono
complesso anche il solo interpretare il nesso di causalità).
Viviamo pienamente il cosiddetto effetto
“butterfly”: un provvedimento, un’azione provoca un’onda lunga di processi che
produce effetti che dal micro vanno al macrosistemico.
Prendiamo l’esempio della nuova previsione
di gestione del segmento “zero-sei” introdotto dal Decreto susseguente la Legge
107/2015. La previsione normativa, che introduce una specifica qualificazione
professionale per gli educatori dello 0-3, ha come onda lunga di inferenza il
dibattito sul ruolo unico docente che, soprattutto negli ultimi tempi,
l’Associazione sta tentando di ri-alimentare tra varie e notevoli resistenze.
Viviamo su diversi e diversificati
versanti situazioni in cui dobbiamo ridefinire continuamente la rotta (mentre
stiamo guidando l’automobile ci “spostano” l’autostrada) e dobbiamo essere
bravi a contestualizzare in progress. È un vero e proprio “cantiere” per
costruire ponti. Una pluralità di ponti verso mondi a noi prossimi, ma anche
più distanti.
Ponti verso: la famiglia che sicuramente è universo complesso con cui vogliamo e
dobbiamo confrontarci. Vediamo i lati deboli della famiglia, ma se ci
decentriamo e ne assumiamo i parametri di lettura, vestendo i panni di
genitori, riusciamo a vedere i lati deboli e le criticità della scuola, della
funzione docente, della professionalità docente.
In mezzo c’è un altro soggetto verso cui
tendere un ponte: è l’alunno, lo
studente che è nativo digitale, portatore di problematiche varie, bambino o
adolescente dell’oggi. Come essere contemporanei a loro con la proposta
formativa, con i mezzi educativi, con la significatività dell’apprendimento?
Cambiano i versanti, cambiano le
dimensioni e, come Associazione, non possiamo che tendere ponti verso le altre associazioni, le organizzazioni sindacali,
i nuovi movimenti e gruppi organizzati e semiorganizzati di colleghi e futuri
colleghi. Con tutti abbiamo fili che ci uniscono e altri elementi identitari
che, logicamente, ci distinguono, ma sull’attenzione allo studente, alla
professione oggi esistono meno distanze di una volta.
Oltre a questo, il ponte verso l’Accademia. Nella nostra lunga storia
abbiamo vissuto varie stagioni di rapporti con il mondo dell’università. Oggi
stiamo cercando di valorizzare le diverse specificità del sapere accademico e
di quello professionale in una sinergia che porti, per esempio in quella
iniziale, a promuovere una formazione equilibrata e completa del futuro
professionista di scuola.
Per costruire ponti la cosa fondamentale
sono le fondamenta. I pilastri di partenza quali sono? Sono i nostri tratti
identitari, la nostra laicità impegnata, forte, consapevole che parte
logicamente dal Magistero della Chiesa, analizza, studia, riflette, supporta e
dà anche basi per la riflessività.
Sempre sui nostri tratti identitari, che
sono le fondamenta da cui partiamo per gettare ponti logicamente verso gli
altri, c’è il socio, dell’essere un corpo associato e, quindi, il rapporto fra
centro e periferia, fra territorialità e nazionalità, fra partecipazione e
rappresentatività, che è un problema oggi generalizzato.
Si tratta di attuare una riflessività
seria, superando idee e interessi personali, andando verso il bene comune e
cercare la strada migliore per la nostra Associazione oggi e per il futuro.
Sarà vero cantiere di democrazia
associativa se saremo impegnati in maniera forte e consapevole a tutti i
livelli, perché solamente nel collegamento tra territorio e nazionalità
riusciamo ad avere il quadro della nostra associazione che è l’Associazione
Italiana Maestri Cattolici.
La nostra attenzione, il nostro sforzo
devono essere quello di avere coraggio, che significa non dare niente per
definito, coraggio delle idee, creatività, coraggio di pensare che, forse,
l’idea dell’altro può essere anche migliore della mia o che, probabilmente,
l’idea dell’altro unita a una parte della mia idea può essere un’idea diversa
dalle due e migliore.
Attenzione, però: le idee hanno bisogno
del piano di fattibilità perché se no restano belle idee, ma non cambiano, solo
sull’idea non si cambia, il mondo cambia quando un’idea si realizza.
da il Maestro nn. 5-6/2017
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