Le novità emerse in occasione della presentazione
del Rapporto 2016 dell’Invalsi sono rappresentate, più che dai risultati
illustrati, da alcune innovazioni metodologiche e dagli annunci dati in sede
politica su alcuni cambiamenti, riguardanti le prove, che potrebbero intervenire
già dall’anno prossimo.
Per quanto riguarda i risultati si confermano con
poche variazioni i dati registrati l’anno scorso e le tendenze, ormai
consolidate, segnalate negli anni precedenti: bene il Nord, a partire dal
Nord-Est (con il Trentino in evidenza), male il Sud esclusa la Puglia,
stazionario con qualche miglioramento il Centro. Dal punto di vista metodologico
le sempre più sofisticate tecniche anti-cheating hanno consentito di individuare
(e quindi neutralizzare dal punto di vista statistico) le anomalie verificatesi
in alcune Regioni e di mettere in luce il fato che in molti casi all’origine dei
fenomeni c’è stato l’aiuto dato agli studenti dagli stessi insegnanti. Una
informazione utile ai fini della formazione in servizio dei docenti
interessati.
Una seconda novità importante, dal punto di vista
metodologico, è data dalla misurazione del valore aggiunto, inteso come il
contributo al miglioramento delle prestazioni degli studenti attribuibile
all’azione didattica della scuola al netto dell’influenza esercitata dalla
provenienza sociale dello studente. Questo tipo di analisi (sulla quale
peraltro non mancano obiezioni) ha consentito di evidenziare il buon lavoro
fatto in alcune scuole del Sud: una minoranza, purtroppo, ma che sta a
testimoniare il fatto che a certe condizioni, riconducibili sostanzialmente alla
buona qualità dei docenti e dei dirigenti, anche al Sud si possono ottenere
buoni risultati.
La pubblicazione dei dati sul valore aggiunto,
insieme a quella degli esiti delle prove, già prevista dal Rapporto di
autovalutazione (RAV), costituirà una utile indicazione per le scuole, per i
genitori e per i decisori politici e amministrativi ai vari livelli.
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