Hamel riscopre Averroè, “un filosofo all’indice”
Ancora un salto nel passato, una scorribanda, una delle tante a cui da tempo ci ha abituato lo storico Pasquale Hamel, nei chiaroscuri del nostro medioevo per rinvenire situazioni, personaggi, storie cui la storia per negligenza, scarsa intelligenza degli avvenimenti, superficialità ed improvvisazione ha mancato di dare giusto rilievo e significazione.
Questa è la volta della Spagna del XII secolo, della dominazione islamica e della città di Cordoba dove visse ed operò Averroé, che fu giureconsulto, astronomo, filosofo e medico, che non disdegnò di battere tanti altri sentieri dello scibile umano. Notevole è stata, quindi, la sua produzione scientifica ma nonostante ciò poco ci è pervenuto dei suoi scritti originali, essendo la gran parte delle sue opere la risultante di traduzioni dall’ebraico e dal latino. L’accusa di apostasia e la messa a rogo delle sue opere ha reso poi, e per tanto tempo, tutto più incerto, meno decifrabile e più misterioso. In tali condizioni la nota dominante dell’impegno profuso da Hamel è senz’altro l’audacia, un’audacia sostenuta dal fascino che esercita l’ingegno umano, l’audacia che scaturisce dall’amore per la cultura e per la speculazione filosofica, l’audacia che nasce dal desiderio di rinvenire nel passato la chiave d’interpretazione di alcune delle vicende odierne.
Una audacia che appaga, che ricostruisce ambienti storici, qualifica e soppesa la diversità delle dominazioni islamiche della penisola iberica, con equilibrio e prudenza ricuce brandelli del pensiero di Averroé, riposiziona tasselli della sua vita, esperienze di impegno pubblico, che furono tante, spesso ricercate, e di grande responsabilità, per delineare un volto, una biografia, una storia umana, una filosofia. Ed il momento di snodo della speculazione filosofica di Averroé è l’incontro con Aristotele le cui verità provò a rendere compatibili con quanto professato dal Corano e capaci di dilatare e rafforzare il fuoco della fede islamica. Il contrasto con gli ortodossi ed ,in particolare, con Al-Ghazali, che privilegiano l’illuminazione profetica a scapito della scienza profana determina la messa al bando di Averroè: agli onori di Cordova, Siviglia e di Marrakech subentrano l’ignominia e l’esilio di Lucena.
Ma l’esilio di Averroé sarà l’esilio della tolleranza, sarà lo sradicamento del dubbio quale momento propulsivo della ricerca umana, sarà la divaricazione progressiva tra fede e ragione. A Lucena la cultura subisce uno smacco, perde in umanità, dissipa un patrimonio di pietà e di misericordia. Vince l’intolleranza, trionfa il fondamentalismo, viene annichilita la cultura della vita. Ed è la storia dei nostri giorni, giorni di paura e di lutto, ma anche di voglia di non arretrare, di non far passare la barbaria, di far trionfare la ragione nella consapevolezza, come afferma Manuele II Paleologo nel famoso dialogo con il saggio persiano ripreso da Benedetto XVI nella lectio magistralisdi Ratisbona, che “il non agire secondo ragione è alieno da Dio”.
Pasquale Hamel, Averroè, ed. Thipheret, 2015, pagg. 116, € 12
Francesco Cangelosi
Pasquale Hamel, Averroè, ed. Thipheret, 2015, pagg. 116, € 12
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