mercoledì 19 novembre 2025

FAMIGLIE E CONTEMPORANEITA'

 


IL FRAGILE DOMANI

 Le famiglie alla prova

 della contemporaneità

CISF Family Report 2025 



 SINTESI DELLA RICERCA

Il tema del CISF Family Report 2025 ha come focus il benessere psicologico e relazionale delle persone e nasce dall’esigenza di chiarire come questo possa essere salvaguardato e protetto nella dialettica tra famiglie e società.

 L’ipotesi di fondo che viene verificata in questa ricerca è che il benessere generale (salute) e psicorelazionale (equilibrio, serenità) di ogni individuo dipende dall’interazione dello stesso (con i suoi punti di forza e debolezze personali) con il contesto familiare e con quello sociale. Il benessere psicologico, insomma, per dirla con le parole dello psichiatra Giovanni Migliarese, che firma il capitolo 4 del Report, deriva strettamente “da un ecosistema, da una rete estremamente interconnessa che integra ambiti differenti, appartenenti a dimensioni quali soggettività, socialità/relazionalità, ambiente di vita (politiche, servizi a supporto, ubiquitarietà della tecnologia e del digitale), bisogni (economici, abitativi, di protezione, di senso). È evidente che in questa rete di connessione la famiglia è un ambito centrale da considerare: rappresenta uno dei principali determinanti sociali della salute mentale, potendosi porre alternativamente sia come fattore favorente il benessere che come fattore di rischio”. 

Il campione

 Questa ricerca – svolta per conto del Cisf dalla società Eumetra - si è avvalsa di un campione di 1.600 soggetti: 43% con figli conviventi, di cui 11% monogenitori;  32,1% famiglie composte da un solo componente;  20,6% coppie senza figli 4,3% altri nuclei (famiglie estese, multigenerazionali, con membri aggiunti…)  *Nell’11,5% delle famiglie qui considerate è inoltre presente una persona con disabilità (più di una famiglia su dieci, un dato decisamente rilevante se si pensa alle funzioni di caregiving delle famiglie).

*È stata poi interpellata, all’interno di queste tipologie familiari, una percentuale pari all’11,3%, di “giovani adulti nella famiglia di origine”: si tratta di rispondenti maggiorenni ancora conviventi coi genitori perché non ancora in una vita indipendente oppure rientrati a vivere coi genitori. • Status socio-economico ed “economie della rinuncia” Rispetto allo status socio-economico, la maggior parte delle famiglie si trova nelle categorie intermedie (medio-basso,45,6% o medio-alto 40,8%), mentre i picchi estremi sono più marginali (8,7% per un alto status; 4,8% con basso status socio-economico). Da notare che il 74,1% dei giovani adulti ancora residenti nella famiglia d’origine si trovano in una condizione di basso o medio-basso status socioeconomico.

È allora interessante notare il tipo di spese che gli intervistati non sono riusciti a sostenere a fronte delle difficoltà economiche riscontrate, che corrisponde in parte anche a una “valutazione di priorità” sulla maggiore o minore essenzialità del prodotto per cui spendere. Spese a cui gli intervistati hanno dovuto rinunciare nell’ultimo anno  Percentuali di colonna - possibili più risposte (le righe non vanno sommate) Spese per il benessere personale e il tempo libero (sport, parrucchiere, cinema, etc.) (N: 1.600) 32,5 Spese per la casa (ristrutturazione, acquisto mobili, riparazioni, etc.) Spese sanitarie 32,4 Vacanze già programmate 18,5 Spese per la gestione dei veicoli (automobile, moto, etc.) 16,9 Acquisto di beni essenziali (cibo, vestiti) 16,6 Internet/ Smartphone/Abbonamenti TV/ digitali 10,9 Attività educative o ricreative per i figli 10,2 Affitto/ mutuo 4,1 2,9 Fonte: CISF Family Report 2025, cap.1 “Parliamo di cose “normali”: sport, gite, cinema, corsi”, scrive la sociologa Sara Nanetti, che firma il capitolo 2 del Report.

“In definitiva, i dati mostrano come le famiglie, pur colpite, continuino a esercitare un ruolo di filtro e protezione, spesso a  costo della propria salute e del proprio benessere, ma tale condizione di affaticamento collettivo rischia di passare inosservata, perché è trasversale rispetto alle configurazioni familiari, non fa scandalo e si distribuisce in modo capillare. Eppure, laddove ogni famiglia rinuncia in silenzio, la società smette di interrogarsi, ed è qui che lo sguardo sociologico è chiamato non tanto a contare i poveri, ma a decostruire il mito della resilienza come virtù obbligatoria, perché chi si adatta sempre, alla fine si piega, e la vera povertà familiare non è riducibile alla mancanza di denaro ma comprende la progressiva erosione delle possibilità di scelta”.

La mappa della salute

Un primo dato rilevante per il benessere delle persone è certamente lo stato di salute. Lo scenario appare abbastanza problematico per una quota non marginale di popolazione: da un lato, poco più di un quarto degli intervistati si sente “in buona salute fisica” (27,7%), e più di un terzo “non ha particolari problemi fisici” (37,1%). Oltre un terzo della popolazione, d’altro lato (35,2%), segnala almeno un problema, con differenti gravità, da condizioni meno rilevanti (assunzione di farmaci, 19,9%), fino a patologie croniche (14,3%) o invalidità certificate (4,5%). Il tema della cura della salute appare quindi molto diffuso. Come prevedibile, la quota di persone con problemi di salute cresce all’aumentare dell’età dei soggetti: sotto i 24 anni la percentuale di chi ha problemi è “solo” il 17,9% (si tratta comunque di un soggetto su cinque), per arrivare a quasi la metà (47,9%) sopra i 65 anni. • Ansia, stress e richieste di aiuto

Una persona su quattro dichiara di aver sperimentato “spesso” ansia e stress nell’ultimo anno (24,9%), e oltre un terzo della popolazione li ha sperimentati con una certa frequenza (“a volte”, 37,3%). Solo l’8% dichiara di non averli sperimentati mai, sempre nell’ultimo anno. I motivi che hanno causato ansia e stress sono eterogenei, e spesso compresenti: dalla salute (il più presente: 45,2%) fino alla solitudine (22,4%) e alle difficoltà relazionali. In qualche caso si riscontrano rilevanti differenze di genere (le donne più preoccupate per salute, soldi e relazioni con i figli, gli uomini per quello che capita al lavoro), in altri non ci sono particolari distanze (gestione del tempo, solitudine/isolamento, relazione di coppia).

Fattori di ansia/stress significativi nell’ultimo anno secondo il sesso dell’intervistato Percentuali di colonna - possibili più risposte (le righe non vanno sommate) Maschio Femmina TOTALE Problemi di salute (personali o di un familiare) 42,2 Problemi economici 48,0 45,2 32,4 36,9 Il bisogno di migliorare il benessere psichico è decisamente sentito: nella globalità del campione, più di 4 persone su 10 hanno ricercato supporto o avrebbero voluto farlo.  Globalmente, il bisogno di supporto per un generico miglioramento del benessere psichico interessa quasi il 45% della popolazione (il 55,7% dichiara di non averne mai avuto bisogno). Di coloro che hanno cercato aiuto, pari al 23,7% del totale, circa i due terzi hanno trovato utile l’intervento specialistico, evidenziando quindi una percentuale non irrilevante di bisogni insoddisfatti. “Per quale motivo si è rivolto a un professionista?” Ansia Depressione 38,6 46,9 Stress 36,8 Problemi relazionali o familiari 30,8 Lutti o eventi traumatici 21,6 Problemi legati alla gestione dei figli 9,9 Dipendenze (alcol, gioco, sostanze) 5,4 Altro 7,4 .V.A. 1.600

Welfare pubblico

Dalla ricerca CISF emergono infine non solo i bisogni della popolazione ma anche le risposte ricevute dal sistema del welfare pubblico. Il numero di persone che si sono rivolte a specialisti deputati alla gestione delle patologie e della sofferenza psichica appare importante: più di una persona su 10 infatti si è rivolta a centri per la salute mentale e circa 5 su 100 ai servizi per le dipendenze. Vi è una tendenza maggiore a rivolgersi ai servizi nelle fasce più giovani della popolazione, mentre persone di età superiore ai 55 anni tendono a non utilizzarli. “Il dato che emerge dalle risposte al questionario descrive una realtà italiana in cui le famiglie si sono trovate, nel corso dell’ultimo anno, a fronteggiare frequentemente una condizione di difficoltà emotiva, caratterizzata prevalentemente da stress e ansia”, sottolinea Giovanni Migliarese nel suo capitolo. “La difficoltà emotiva appare favorita da fattori concreti e cogenti quali difficoltà economiche, problemi lavorativi, problemi di salute personali o dei familiari, il peso di dover gestire un familiare non autosufficiente, la solitudine, difficoltà nella relazione coi figli o con il partner. È un quadro che pertanto conferma lo stretto legame tra aspetti socio-economici e le difficoltà psichiche, e che sottolinea la necessità di una stretta integrazione tra i servizi sanitari e del welfare sociale, in una visione di tutela del benessere psichico che deve essere unitaria”.

Come vedi il futuro? La lente rovesciata famiglia/mondo Strettamente connesse al tema precedente sono le aspettative/ previsioni per il futuro, che possono facilmente pacificare o destabilizzare la condizione di equilibrio e di benessere delle persone, e che possono cambiare anche in funzione dell’ambito a cui ci si riferisce (la propria vita personale, la propria famiglia, il contesto sociale, il futuro globale del mondo…).  Oltre la metà degli intervistati esprime un orientamento decisamente pessimista per il futuro (peggiorerà sia a livello mondiale che per l’Italia, entrambe attorno al 57% delle risposte). Tuttavia, le previsioni per la propria famiglia si presentano molto meno sbilanciate: solo il 19,1% prevede che il futuro per la propria famiglia sarà peggiore, mentre il 56,7% dei casi lo prevede stabile. “Complessivamente pensi che nel futuro la situazione”: Percentuali di colonna (∑=100) a livello mondiale Migliorerà 5,9 in Italia per la tua famiglia rimarrà stabile 7,2 10,9 18,3 23,2 56,7 peggiorerà 57,0 57,2 non so/non ho elementi per fare una previsione/non credo sia possibile fare una previsione 19,1 18,8 12,4 13,3 V.A.

“I soggetti con alta istruzione, prestigio professionale e status familiare elevato esprimono le preoccupazioni più marcate su quasi tutte le dimensioni: crisi economica (7,73), guerre (7,54), solitudine (6,72)”, scrive Sara Nanetti nel suo capitolo. “I dati mostrano come le preoccupazioni più intense non si collocano ai margini della società, ma tra coloro che sono maggiormente integrati, più responsabilizzati e consapevoli, tra le famiglie con figli e le persone con reti relazionali solide e con maggiore istruzione. Sono questi soggetti a percepire con più forza la crisi dei legami, l’inadeguatezza dei servizi, la fragilità delle istituzioni. Le paure, in questo senso, non sono espressione di debolezza individuale, ma indicatori indiretti di una coscienza critica e relazionale del rischio, che merita attenzione. Questo dato sollecita una riflessione ulteriore sulla natura della vulnerabilità contemporanea, che non si configura più (solo) come mancanza, ma anche come una sovraesposizione nei termini di responsabilità e consapevolezza”. • Senza reti: la solitudine come male universale

La solitudine è stata identificata come uno dei principali fattori di sofferenza che vede accrescere la sua portata soprattutto tra i giovani adulti che non hanno nessuno su cui contare. Vivere soli, mangiare soli, sentirsi soli: ogni atto quotidiano si trasforma in vettore di vulnerabilità emotiva, amplificata dall’erosione delle reti sociali primarie. I dati raccolti confermano in modo inequivocabile che la solitudine non è un’esperienza soggettiva marginale, ma un dispositivo strutturale di vulnerabilità che condiziona profondamente il benessere personale. L’indice di isolamento e solitudine, infatti, si correla negativamente con tutte le dimensioni del benessere esaminate. Tra coloro che si collocano nella fascia alta dell’indice, solo il 38,7% si è sentito spesso o sempre allegro, solo il 38,4% ha vissuto esperienze ricorrenti di calma, e solo il 36,8% si è percepito attivo ed energico. Inoltre, la deprivazione relazionale impatta anche sul corpo: meno di un terzo degli isolati si sveglia sentendosi fresco e riposato (31,8%). Benessere soggettivo secondo l’indice di solitudine/isolamento sociale  Percentuali di colonna sul totale di riferimento – le righe non vanno sommate (chi si sente “spesso” o “sempre” nella condizione di benessere soggettivo indicata in riga)   Basso isolamento Medio isolamento Alto  Isolamento Allegro/a e di buon umore 71,9 64,0 TOTALE Calmo/a e rilassato/a 38,7 66,8 63,3 61,7 Attivo/a ed energico/a 38,4 66,5 61,2 59,4 Vita piena di cose interessanti 36,8 68,9 57,4 58,1 Fresco/a e riposato/a al risveglio 36,2 56,5 50,6 57,5 V.A.  31,8 647 48,9 Fonte: CISF Family Report 2025, cap.2 607 

• Il caregiving e il sentirsi sopraffatti 346 1.600 L’innalzamento dell’età in cui si genera il primo figlio comporta necessariamente anche un innalzamento dell’età dei futuri nonni, i quali non riescono più a essere la generazione in grado di aiutare i figli che diventano genitori, ma richiedono, a loro volta, attenzioni di cura.  A fronte di questo, la “generazione sandwich” è fortemente esposta a criticità e rischi. Nel campione dell’indagine CISF 2025 quasi una famiglia con figli su due (il 42,6%) è interessata anche da compiti di caregiving nei confronti di familiari non autosufficienti. Rispetto, invece, all’intero campione, parliamo comunque di una persona su cinque (il 21,7%) che si trova a sperimentare questa impegnativa situazione. Confrontando la condizione di fatica tra caregiving dei fragili e compiti genitoriali, emerge che il primo impegno è decisamente più faticoso, dato che più della metà di queste persone (53,3%) dichiara di sentirsi sopraffatta con più frequenza dalle responsabilità di caregiving, mentre non supera il 40% chi sostiene di essere sopraffatto dalle responsabilità genitoriali.  Livello di stress/sentirsi sopraffatto dai compiti di cura Percentuali di riga Mai Raramente A volte Spesso V.A. Se ti curi di genitori anziani fragili (o altri familiari non autosufficienti), quanto spesso ti senti sopraffatto dalle responsabilità di cura?  24,2 22,4 Quanto spesso ti senti sopraffatto dalle responsabilità genitoriali? 31,4 30,2 23,1 675 28,9 Fonte: CISF Family Report

 • Le fratrie scompaiono, nelle famiglie entrano i pet

 Il figlio unico sta lentamente diventando prevalente nella struttura familiare, anche monogenitoriale: su un totale di 517 famiglie con figli conviventi (rispetto al totale di 1.600 del campione), il 58,7% ha un solo figlio, mentre solo il 41,3% ne ha almeno due; prevale il figlio unico nel Nord-Est, mentre sono presenti più figli nel Sud-Isole.  Numero di figli secondo l’area geografica Percentuali di colonna (∑=100) Nord Ovest Nord Est Famiglie con figlio unico 59,6 Centro 67,1 59,4 Sud e Isole TOTALE Famiglie con fratelli 53,3 40,4 32,9 40,6 58,7 V.A. 46,7 140 89 41,3 110 Fonte: CISF Family Report 2025, cap.3 178 517 “Questa trasformazione quantitativa porta con sé una serie di implicazioni qualitative, relazionali ed educative”, scrive la psicologa Anna Bertoni, che firma il capitolo 3 del Report.

“In una famiglia a figlio unico, le dinamiche della socializzazione primaria si condensano in una diade intensa, spesso asimmetrica, dove il figlio concentra su di sé aspettative, risorse, paure e investimenti affettivi da parte dei genitori e non solo. La fratria – quando presente – agisce invece come spazio di negoziazione orizzontale, luogo simbolico di alterità interna alla famiglia, prima palestra del conflitto, dell’alleanza e della mediazione”.

Nel nostro campione, inoltre, il 59,8% delle famiglie dichiara di avere almeno un animale domestico, con percentuali ancora più alte tra le coppie con figli (71%) e nuclei monogenitoriali (74,9%). La tendenza crescente all’assimilazione degli animali domestici, percepiti come membri della famiglia e spesso paragonati ai bambini, ci parla di una “domanda di legame” che non è semplicemente scelta di consumo o di compagnia, ma un vero e proprio bisogno relazionale. Bisogno che può trovare una deriva nel fenomeno del “dog parenting”, che quasi sta ridefinendo il paradigma di famiglia. Con questa espressione si intendono tutti quei comportamenti in cui il padrone attribuisce al cane un ruolo di “figlio”, non solo sul piano affettivo, ma anche simbolico e sociale:  “I pets vengono così antropomorfizzati e trattati quasi come figli”, sottolinea Anna Bertoni, “ma, a differenza dei figli, non pongono il tema dell’educazione e dell’etica, non contestano i genitori e quindi consentono all’adulto di rimanere in un ruolo molto comodo, ma scambiato, in modo miope, con quello genitoriale. I dog parents verranno amati per sempre dal loro animale, che non li metterà mai in discussione, come può fare un figlio nel processo di crescita”.

 I legami che contano

Nel complesso, emergono almeno tre attività che rivestono un ruolo centrale nella vita affettiva e simbolica delle famiglie: dialoghi sinceri e discorsi seri (votazioni con una media dell’8,09), condivisione dei pasti (media 7,59) e vacanze condivise (media 7,37). Queste pratiche si configurano come rituali relazionali, in cui si intrecciano narrazione identitaria, scambio intergenerazionale e progettualità condivisa. “Quanto sono significative per te le seguenti attività per trascorrere tempo di qualità insieme ai tuoi familiari?” (punteggi medi; min: 0; max: 10 – N: 930) Videogiochi/ console Lavori domestici/ cura della casa Shopping insieme Aiuto nello studio/ Lettura insieme Guardare film o serie TV insieme Attività ricreative (es. giochi, hobby, musica) 3,50 6,27 Vacanze insieme Condivisione di pasti Dialogo/ conversazioni sincere/ discorsi seri 6,28 5,79 6,35 6,78 7,37 7,59 8,09 0,00 1,00 2,00 3,00 4,00 5,00 6,00 7,00 8,00 9,00 Fonte: CISF Family Report 2025, cap.2 Ma quali sono specificatamente gli ambiti della vita dei figli che generano maggiori timori nei genitori? Come si evince dai risultati del Report, oltre alla gestione dei soldi (29,3%) e all’uso delle tecnologie (21,7%), tra le maggiori difficoltà i rispondenti hanno identificato le relazioni conflittuali con i figli (25,9%), le compagnie/amicizie degli stessi (18,1%) e l’isolamento sociale dei figli (14,9%).

Queste preoccupazioni interessano prevalentemente le coppie con figli conviventi, e investono le madri più dei padri. Elementi di maggiore difficoltà nelle responsabilità genitoriali (valori percentuali – possibili più risposte - N: 888) Problemi sull’identità di genere (alcol, gioco d’azzardo, sostanze stupefacenti) Dipendenza/ abuso di sostanze Episodi di autolesionismo Comportamenti trasgressivi Situazioni di bullismo/ cyberbullismo Altro Isolamento sociale dei figli Rendimento scolastico dei figli (il figlio/ i figli) Compagnie/ amicizie dei figli (internet, social network, videogiochi) 2,5 2,8 3,2 6 7,7 11,3 Modalità di uso delle tecnologie Relazioni conflittuali con i figli Gestione dei soldi Fonte: CISF Family Report 2025, cap.6 0 5 10 15 14,9 15,6 18,1 20 21,7 25 25,9 29,3 30 35

La genitorialità

 “I dati del Report delineano con chiarezza un modello di genitorialità fragile, frammentata, e carica di solitudine, soprattutto nelle fasi iniziali della vita del bambino e nelle famiglie più escluse socialmente”, scrive la pedagogista Valeria Rossini nel capitolo 6 del Report. “L’impressione è che il peso della cura e della responsabilità educativa venga spesso vissuto in una condizione di ritiro, senza reti stabili di sostegno, né orizzonti chiari di condivisione con le istituzioni scolastiche o sociali. D’altra parte, questa solitudine educativa dovrebbe essere letta non tanto come un segno di disaffezione dei genitori, quanto come un indicatore della debolezza del tessuto comunitario: dove manca un sistema relazionale a supporto della genitorialità, il carico soggettivo cresce e, con esso, le difficolta economiche, le tensioni relazionali e l’insicurezza pedagogica”.

Smartphone e sfide educative per le famiglie 

Nelle famiglie italiane emergono conflitti relativi all’uso del cellulare: si tratta di un fenomeno presente nel 27,1% dei casi. Se poi restringiamo il campione dei rispondenti a chi ha almeno un figlio minorenne, il conflitto diventa una condizione presente, con diverse sfumature di frequenza, nella maggioranza delle famiglie: il 55,4%. Occorre però problematizzare la sola lettura generazionale al conflitto per il dispositivo: i dati CISF 2025 rilevano che il problema non riguarda soltanto i bambini e i giovani, ma piuttosto anche gli adulti, come il coniuge/compagno nel 30,5%, il rispondente stesso nel 19,5%, il genitore nel 13,8%, il fratello/sorella nell’11,6% e un altro membro della famiglia nel 2%. Di fronte ai ripetuti allarmi lanciati dal mondo adulto rispetto allo smartphone, ci si è dunque chiesti se si sono messe in campo delle forme di contrattazione pedagogica rispetto all’uso del dispositivo.

 La percezione del conflitto rispetto al cellulare, incrociata con l’attivazione di regole in famiglia, ha permesso di costruire quattro tipologie di stile genitoriale rispetto alla “governance dello smartphone”: • Domatori (36,7%): genitori che provano a tenere sotto controllo il consumo mediale, ma in una situazione spesso di tensione. • Disarmati (24,4%): genitori che rilevano il conflitto, ma non provano a intervenire attraverso la contrattazione o le regole. • Accompagnatori (15,7%): sono le situazioni in cui non si registra una percezione di conflitto, mentre ci sono regole d’uso; • Liberi battitori (23,2%): i genitori che non rilevano problemi e non ritengono di porre regole d’uso. “Il forte controllo non si traduce in intervento educativo se rimane una strategia di delega con cui il genitore che si riconosce incapace di educare prova a fare in modo che un filtro o delle regole lo facciano al suo posto”, scrive il pedagogista Stefano Pasta nel capitolo 5 del Report. “È il rischio che corrono alcuni – non tutti – “domatori”. Idealmente, quando la famiglia è fortemente educativa, non ha bisogno di controllare ma piuttosto di “accompagnare”, un atteggiamento educativo che indica la strada, fornisce dei suggerimenti, ma non si sostituisce al figlio, e sa assumersi il rischio di lasciare che poi questo si sperimenti. Non è il permissivismo di chi lascia che il figlio faccia qualsiasi esperienza, ma piuttosto orienta e, prima di lasciare provare, fornisce dei criteri e agisce mediazione attiva”. Mentre il Report CISF registra una sorta di “normalizzazione” dell’uso del digitale, la percezione dell’IA (elaborata attraverso l’AI Homing Index) rimane più confinata e non sempre ordinaria. Tra gli indicatori, l’eccezione è data dall’uso di ChatGPT, che cresce sensibilmente (+15,3%), fino a riguardare quasi i due terzi delle famiglie (58,4%) con almeno un minore. Si presuppone che questo consumo riguardi la quotidianità informativa delle vite dei ragazzi, ma anche l’utilizzo con implicazioni scolastiche.

CONCLUSIONI

“Il fragile domani” non è solo questione personale o individuale, ma riguarda la qualità di vita, la coesione sociale e il benessere dell’intera collettività. Proponiamo qui in sede conclusiva, senza pretese di sistematicità, una prima lista di possibili risposte alla generica domanda “Che fare?”.

Dal punto di vista dell’individuo, “l’indagine conferma che in questa contemporaneità non mancano certo elementi di complessità e criticità, di fronte ai quali i progetti di vita, i desideri e i bisogni delle persone non sono affatto scontati né lineari. Ciò peraltro costringe ciascuno a fare i conti con la responsabilità di rimodulare le proprie scelte e i propri progetti di vita in termini propositivi, mettendo in gioco i propri talenti, ma anche andando alla ricerca di risorse esterne senza farsi bloccare da un eventuale inciampo. Certo, i problemi non se li augura nessuno; ma nessuna difficoltà, nemmeno la più complessa, può diventare obiezione alla reazione, o peggio alibi per la resa”, scrive Francesco Belletti, direttore CISF. Dal punto di vista delle relazioni familiari, “non si può dimenticare che le famiglie vivono oggi nel contesto culturale della società post-familiare, che sempre meno ne valorizza il ruolo sociale e istituzionale. Dalle relazioni familiari è quindi legittimo aspettarsi protezione, promozione, libertà e appartenenza (e ciò è responsabilità diretta di ciascuna famiglia), ma questo non può più essere dato per scontato, e implica un gigantesco compito sociale, sia educativo verso le famiglie che di accompagnamento e sostegno nelle diverse fasi e passaggi critici della vita familiare, senza dimenticare la disponibilità di un supporto professionale vero e proprio”, prosegue Belletti.

Dal punto di vista della società, “le reti comunitarie sono certamente fattori protettivi e promozionali del benessere, ma questo esige un doppio movimento, da parte delle persone e da parte del contesto esterno, di riconoscimento reciproco e di assunzione di responsabilità. Per questo sarà interessante verificare se i Centri per la famiglia previsti su tutto il territorio nazionale dall’ultimo Piano nazionale per la famiglia saranno in grado di promuovere nuove relazioni di cittadinanza attiva, più che offrire nuovi servizi professionali”. Dal punto di vista del contesto e delle policies, avverte il direttore del CISF, “nelle società occidentali ci si aspetta che il benessere delle persone non sia solo un bene privato, a carico delle singole persone, ma sia “anche” parte del bene comune.  Tra i diversi “compiti operativi” per l’intervento pubblico, oggi necessari, si possono citare ad esempio lo sviluppo dei servizi consultoriali, il rafforzamento dei servizi psichiatrici, la promozione di spazi relazionali per famiglie e giovani. Serve però anche una condivisione complessiva di valori e stili operativi, per far sì che l’intervento pubblico generi in modo virtuoso il bene obiettivo. Nella società contemporanea nemmeno l’intervento pubblico più consolidato può illudersi di “risolvere” da solo, ma deve agire – con il massimo possibile di qualità e di risorse – all’interno di un più ampio processo societario, in cui tutti gli attori generino un “valore aggiunto” di benessere per ogni persona e di bene comune per tutti”.


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