Mi chiamo Francesco e sono il papà di un bambino autistico di 5 anni. Ho chiesto la possibilità di “poter spiegare cosa sia l’autismo”. Diciamo che vorrei spiegare l’autismo con gli occhi di un papà o di una mamma. Non facile forse, ma penso molto utile per tutti coloro che per necessità, per scelta o forse per caso avranno nella loro vita l’occasione di incontrarsi con chi presenta questo particolare disturbo: l’autismo.
Farlo oggi forse acquisisce ancora più valore. Il 2 Aprile è divenuta una data simbolo di sensibilizzazione rispetto a questo tema. Farlo, credo faccia bene a me, papà innamorato di suo figlio autistico e forse può contribuire ad aiutare tanti altri papà o mamme che nel loro intimo sono confusi, preoccupati, speranzosi o talvolta si sentono un po’ troppo soli nell’affrontare un percorso che ti cambia radicalmente nelle abitudini, nello stile di vita e nell’approccio alle cose di ogni giorno.
Non sono un medico e questo contributo non ha nessun valore psicologico, terapeutico o scientifico. Ho studiato comunicazione e ho un’esperienza che ritengo utile e preziosa, come educatore nel’Agesci, (gli scout per intenderci). Quello che vorrei fare semplicemente è condividere dei pensieri che vogliono essere ricchi di speranza, di ottimismo e che possano contribuire a capire una parte piccola dell’autismo.
Essere stato educatore scout ed avere studiato comunicazione mi hanno di certo supportato nella mia scoperta dell’autismo e mi hanno aiutato ad entrare nel mondo di mio figlio autistico. Ma il potere di una madre o di un padre che prende coscienza di cosa è e può essere l’autismo, può superare tutte le esperienze di educatore o di comunicatore di una vita.
Ci tengo a precisare che il supporto di terapisti preparati e capaci di spiegare l’autismo in maniera scientifica, di esperti che consentono di proporre attività integrative a quelle terapeutiche è una condizione necessaria e insostituibile e che va perseguita nel minor tempo possibile e con coloro che guardano all’autismo sotto l’aspetto medico, psicologico, logopedico e comportamentale. Quello che vi racconto è solo un’esperienza, forse un approccio che penso possa essere utile dare al guardare l’autismo.
Voglio quindi solo raccontare come mi hanno aiutato a capire l’autismo e come oggi provo a raccontarlo con gli occhi di un papà. Perchè? Perchè ogni esperienza è sempre una cosa preziosa.
Come capire l’autismo? Ecco come io lo spiegherei.
Immaginate per un momento di trovarvi nel bel mezzo di un luogo a voi sconosciuto, molto lontano da casa vostra, un posto che ha una struttura fisica e organizzazione logica che non capite, un luogo tanto diverso rispetto ai luoghi a voi noti e che vi danno tanta sicurezza. Immaginatevi di trovarvi in un luogo in cui si comunica con una lingua sconosciuta, nel quale vedete altre persone i cui comportamenti, prassi, segni, gesti, espressioni, non solo non sono conosciuti né riconoscibili da voi, ma per certi versi vi sembrano ostili, incomprensibili, privi di senso. Vi intimoriscono di certo.
Immaginate che qualcuno provi a comunicare con voi in questo ambiente che vi intimorisce. Qualcuno che dica, vi mostri, o cerchi di spiegarvi in una lingua a voi incomprensibile qualcosa che non solo non capite ma che non vi interessa proprio.
Per un secondo ancora, immaginate il vostro stato d’animo in un luogo simile, in una condizione simile. Immaginatevi impauriti e nello stesso tempo in una condizione d’animo di difesa e di protezione. Cosa fareste? Forse provereste a nascondervi, ad evitare il contatto con chi vi sta vicino, provereste a difendervi, cerchereste uno spazio tutto vostro in cui nascondervi potreste diventare anche aggressivi o cominciare ad urlare!
Immaginate infine di avere fame o sete o il mal di pancia o il mal di denti, o anche semplicemente di essere stanchi o di volere riposare. Ma siete in questo luogo percepito come ostile e siete circondati da persone che non avete idea chi siano o cosa vogliano da voi. Come potreste sentirvi?
Forse potreste provare un grande senso di frustrazione.
Immaginate che questa situazione sia in qualche modo vissuta vostro malgrado ogni giorno. Questo potrebbe sconvolgervi, isolarvi perdere ogni collegamento con la realtà, imbarazzarvi, rendervi tanto tanto nervosi.
Quando si capisce o si scopre che tuo figlio ha il disturbo dell’autismo è come ritrovarsi dinanzi una ad una cosa assurda e incomprensibile.
Primo pensiero? Non posso farcela! Secondo pensiero? Ma perché io.
Terzo, quarto, quinto, sesto, settimo fino a dieci e oltre. Perché mio figlio o mia figlia. Perché la mia famiglia? Un susseguirsi di perché che potranno anche paralizzarvi per giorni o per mesi. Ma il tempo è prezioso e bisogna reagire.
Immaginate quindi (e non è un esempio), che vi venga detto che siete stati scelti voi per scalare il K2 e lo dovrete fare il prima possibile perché prima lo farete meglio sarà. E soprattutto che quando arriverete in cima non potete sapere cosa troverete. Ma non ci sono alternative possibili alla scalate. In questa scalata, anche se vi sembra ancora più difficile, dovrete portare con voi la vostra famiglia, gli amici, i parenti, i compagni di scuola, il vostro vicino di casa e forse persino il vostro portiere…
Ma voi di montagna e di scalate non capite nulla! Ci vorrà, probabilmente un’intera vita per farlo. Nessuno lo mette in dubbio. Ma è necessario partire ed è necessario farlo il prima possibile e con quante più persone (specialisti, insegnanti, amici, parenti, vicini, conoscenti, istruttori di nuoto, di musica, di danza, arte, cavallo ecc ecc).
Dovrete senza sosta capire quali potranno essere i migliori compagni di questo viaggio ed essere pronti a cambiarli nelle diverse fasi della vita di vostro figlio. Guai a pensare che potete farcela da soli o che la scalata è una cosa per forzuti temerari coraggiosi solitari. Chiudendovi nella solitudine rischiereste di perdere presto tutte le forze e fare involontariamente il gioco sporco dell’autismo.
La sfida dell’autismo va combattuta con una squadra che abbia quanti più membri possibili (anche insieme talvolta a coloro che non vi capiscono). Perché tutto serve in questa battaglia e non bisogna né nascondersi né immaginare di essere sbagliati ma fare riferimento agli affetti.
Ci sono alcune virtù che ci devono accompagnare durante questa scalata. Meglio se le abbiamo già. Ma comunque vanno cercate e piano piano vissute.
Ecco cosa mettere nello zaino.
Prima virtù da mettere nello zaino verso la scalata del K2: la pazienza. Perché la prima virtù che ti servirà sarà la pazienza. Storica virtù dei forti. Un pazienza fatta di cadute, ma anche di successi. Alcune cose per il resto del mondo elementari, saranno per te successi incredibili ma ricorda anche che cose che gli altri non sapranno fare se non dopo grandi sforzi tuo figlio potrebbe impararle a fare in pochi minuti. L’autismo può non essere solo un limite ma anche lo sviluppo di competenze incredibili. Bisogna avere la pazienza di cercarle senza sosta.Ecco cosa mettere nello zaino.
Seconda virtù: il coraggio. Abbi coraggio. Azzera ciò che hai sempre saputo e impara a re-imparare da zero. Abbi il coraggio di entrare in un mondo che non è quello da te conosciuto, con regole e prassi che non conosci e che potranno cambiare e una volta entrato potrai aiutare chi ami, “a venirti a trovare anche nel tuo mondo”, il mondo a te più conosciuto. Quello che tutti chiamano il mondo “normale”.
Ricorda che non sarai sempre il benvenuto nel mondo di una persona autistica, ma non dimenticare che se avrai coraggio, pazienza e costanza, non solo prima o poi ci entrerai, ma sarai il benvenuto e lui sarà sempre più contento di seguirti ed imparare. E così come ama il suo mondo, così imparerà sempre di più a conoscere, capire e riconoscere il tuo.
Costanza. Dovrai essere talvolta un martello pneumatico per rompere schemi dannosi o non funzionali che tuo figlio tende a sviluppare in autonomia e talvolta dovrai essere una morbida coperta che lo avvolgerà di tenerezza e protezione. Capire il perché di alcuni comportamenti non sarà facile ma la costanza ti aiuterà a capire cosa prova tuo figlio in determinate situazioni e potrai aiutare gli specialisti a capire come proporre sempre nuove situazioni di benessere e serenità.
Osservazione. Guardate a quali abilità potrebbe sviluppare vostro figlio. Cercate di proporre lui sempre nuove cose, senza sosta. Qualcuna di queste potrebbe sollecitare le sue abilità di memoria, fisiche, intellettive e sviluppare delle competenze fuori dal comune. Potrebbe essere un modo per dare lui nuove forme di autonomia e magari in futuro opportunità professionali, artistiche o sportive fuori dal comune. Questo può essere anche un contributo alla paura del “dopo di noi”. Ossia seminare oggi nella ricerca di competenze e abilità che domani potranno dare loro opportunità di integrazione di costruzione di un futuro sostenibile.
Ultima cosa che che voglio condividere è quella della necessità di aprirsi con le persone che si amano. Non è facile ma nella mia esperienza lo ritengo quasi necessario. Confidare paure e speranze forse inizialmente non facili da capire aiuterà a trovare dei compagni di viaggio fidati che ci aiuteranno a scalare insieme il k2 dell’autismo.
Infine cerca il sostegno anche psicologico di chi fa questo mestiere. Noi che combattiamo ogni giorno contro i pregiudizi verso chi soffre di disturbi dello spettro autistico non dobbiamo fare l’errore di cadere nel pregiudizio verso il sostegno psicologico. Immaginare che il sostegno psicologico non è per noi. Dobbiamo usare ogni attrezzatura possibile verso la scalata dell’autismo. Ma se non stiamo bene con noi stessi avremo grandi difficoltà a stare bene con i nostri figli autistici e con il mondo che ci circonda. Cercare il sostegno psicologico, potrebbe essere utile, anche solo per un po’ di tempo, a superare alcuni possibili sensi di colpa, alcune difficoltà verso gli altri o vostro figlio stesso. Tutto ciò che può portare alla serenità di un genitore potrà essere un moltiplicatore di serenità per la propria famiglia e per i propri figli autistici.
Giornate come il 2 aprile ci ricordano che nella scalata verso la cima di una vita nell’autismo nessuno deve essere mai lasciato indietro e ancora di più solo. Vorrei potervi raccontare tante altre cose ma penso che per oggi va davvero bene così.
Francesco Caminita
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