[…] Il fascino di don Lorenzo Milani – morto a Firenze, il 26 giugno 1967 – e l’originalità del suo messaggio restano più vivi che mai. Perché gli scritti e le dure battaglie che affrontò scuotono tuttora le coscienze intorpidite, mettendole di fronte alle ingiustizie e alle connivenze o miopie.
In breve, la sua ribellione obbediente – peraltro tuttora fonte di opposte valutazioni, come del resto si fa con altri «profeti» di quel tempo – è lì a ricordarci che soltanto dall’interno, anzitutto di noi stessi, è possibile cambiare i meccanismi perversi anche delle istituzioni.
Come sacerdote profetico e lungimirante, fu osteggiato per il suo voler rimanere al di sopra delle divisioni politiche e ideologiche che laceravano l’Italia nel secondo dopoguerra, mentre fu altrettanto incompreso come uomo folgorato dall’utopia evangelica, che volle realizzare nella Chiesa schierandosi dalla parte degli ultimi.
Concretamente, don Milani tentò gli esperimenti di avanguardia del regnum Dei prima tra gli operai e i contadini di San Donato, proprio quando, colmata l’ignoranza che li estraniava dal resto della società civile, prendevano coscienza del loro valore di uomini; e poi nella sperduta canonica di Barbiana, in mezzo a un gruppetto di bambini che, divenuti famiglia accogliente in una scuola non discriminata, imparavano un sapere globale, tipico dell’umanesimo integrale cristiano, e preparavano così un futuro migliore: per sé e per la polis.
Scriveva infatti: «La scuola siede tra passato e futuro e deve averli presenti entrambi. […] E allora il maestro deve essere per quanto può “profeta”, scrutare i “segni dei tempi”, indovinare negli occhi dei ragazzi le cose belle che essi vedranno chiare domani e che noi oggi vediamo solo in confuso»..........
Leggi: don Lorenzo Milani
Articolo pubblicato nella rivista CIVILTA' CATTOLICA
Nessun commento:
Posta un commento