L'educazione come sfida della libertà
Dopo aver messo a fuoco
l'originalità dell'atto educativo, collegandolo alla conquista della libertà
intesa come la capacità di governarsi per scegliere il bene, soffermiamo ora
l'attenzione sul significato comunemente associato – oggi – alla libertà. Penso
infatti che il problema educativo sia duplice. Da una parte, c'è la tendenza a
trattare tutto come educazione, la qual cosa porta a svuotare di significato
l'azione educativa che invece si identifica in chiave morale; dall'altra, c'è
la propensione a dilatare il significato di libertà, con il medesimo risultato
che – in questo caso – conduce alla pura e semplice licenza.
Rimangono eloquenti, in proposito,
le battute della Lettera ai Corinzi che potrebbero benissimo prendere forma in
un dialogo odierno. Alla prima affermazione dell'immaginario interlocutore:
"Tutto mi è lecito!", l'apostolo risponde: "Ma non tutto
giova". Alla replica dell’altro, che rilancia l'idea di libertà come
licenza, la precisazione di Paolo è ancora più esplicita dal punto di vista
morale: "Ma io non mi lascerò dominare da nulla" (1Cor 6,12-13).
L'uso della congiunzione
avversativa sottolinea la tensione implicata nel confronto che – da ultimo –
mette in campo l'imperativo del controllo di sé, ponendosi lungo la direttrice
etica che percorre l'intero pensiero greco orientandolo alla egkráteia. Ma
perché bisognerebbe non farsi dominare e verificare bene se ciò che si intende
fare, giova? La risposta è questa: essendo l'essere umano "bene",
merita solo ciò che vale e la disciplina di bisogni e desideri è finalizzata a
questo – a trattenersi nel proprio potere per agire solo all'altezza della
propria dignità –.......
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