Il peggiore dei tabù
Intervista
Parla lo psichiatra Capodieci: «È la più
inconfessabile delle emozioni. In un certo senso siamo tutti invidiosi, fa
parte della nostra struttura mentale»
Lo studioso ha pubblicato un curioso
saggio su re Salomone «Alla base c’è un’insufficiente capacità di discernimento
L’umiltà, insegnano le Scritture, è un valido antidoto»
Nessuno tocchi Caino. Perché se fu il primo a esserne accecato,
è anche vero che il tarlo dell’invidia, per quanto sia dura ammetterlo, è più
vicino di quanto pensiamo. «In un certo senso siamo tutti invidiosi. Fa parte
della struttura mentale dell’uomo», spiega Salvatore Capodieci, psichiatra e
psicoterapeuta, autore di un curioso saggio su Re Salomone e il fenomeno dell’invidia (Lup, pagine 162, euro 16). Un vademecum
per vederci chiaro, visto che l’invidia tende a deformare la realtà
offuscandola (dal latino invidere, guardare
di traverso, in senso negativo). Difatti avendo usato male i loro occhi in vita
Dante per contrappasso ritrae crudamente gli invidiosi con le palpebre cucite
da un filo di
ferro. E il graffiante G.K.Chesterton ammoniva: «L’uomo che non è invidioso
vede le rose più rosse degli altri, l’erba più verde e il sole più abbagliante,
mentre l’invidioso le vive con
disperazione».
Professore
è davvero così difficile non essere invidiosi?
«L’invidia rappresenta un fenomeno diffuso che può riguardare
chiunque si trovi in una situazione di confronto con altri. La sua complessità
è correlata al fatto che le stesse persone invidiose non sempre ne sono
consapevoli e, talvolta, sono le ultime a rendersi conto che il loro atteggiamento può essere
attribuito a motivazione legate all’invidia».
Ma
da che cosa si riconosce l’invidioso? ......
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