Primo: cancellare la lezione frontale
L'apprendimento non passa solo per la lezione frontale e occorre
una rivoluzione che non riguarda soltanto la scuola. Stefano Porcu, psicologo e
insegnante di sostegno firma un saggio che offre uno sguardo ragionato su
potenzialità e fragilità delle diverse metodologie per l'apprendimento
Ci sono insegnanti che
riescono a far amare la loro materia ai loro studenti, e altri che la rendono
poco appetibile. Stessa materia, ma con un risultato diametralmente opposto. È
sempre accaduto, vero. Ma oggi occorre uno sforzo d’immaginazione per far compiere
alla scuola un autentico salto di qualità, che non passa soltanto per la
rivisitazione dei programmi ministeriali. Soprattutto, oggi è sempre più messa
in discussione la tradizionale lezione frontale. E questo aspetto non riguarda
soltanto la scuola italiana. Di questo discusso argomento parla il libro Metodologie
per l’apprendimento scritto dallo psicologo Stefano Porcu per
le edizioni Franco Angeli. Un manuale (disponibile nelle librerie dal prossimo
17 febbraio) che cerca di andare oltre il già sentito e l’eterno dibattito che,
da decenni, non è approdato a niente di nuovo. Ne parliamo con l’autore,
psicoterapeuta, formatore e insegnante di sostegno. Lo psicologo Stefano Porcu,
autore del volume
Come nasce l’idea di
scrivere un volume di questo tipo?
L’idea è nata quasi
spontaneamente, come un filo rosso che ha intrecciato le mie esperienze
professionali e il desiderio di dare ordine alle conoscenze acquisite nel
tempo. Ho iniziato il mio percorso come psicologo del lavoro, muovendo i primi
passi nel mondo della formazione aziendale e professionale. La curiosità e la
passione per l’apprendimento mi hanno spinto ad approfondire la formazione per
adulti, ricoprendo ruoli da docente, progettista e coordinatore di percorsi
educativi. Negli ultimi anni, ho sentito il bisogno di avvicinarmi ancora di
più al mondo della scuola, dove l’educazione ha un impatto profondo e duraturo.
Lavorare come insegnante in un istituto superiore è stata un’esperienza
trasformativa: mi ha permesso di osservare l’apprendimento da una prospettiva
diversa, di comprenderne le sfide e le opportunità, di toccare con mano quanto
sia fondamentale coinvolgere attivamente gli studenti. Questo libro nasce
proprio da questo viaggio tra ambiti e metodologie diverse. È una raccolta di
strumenti che spaziano dalla pedagogia scolastica (come Circle Time, Debate,
Jigsaw, Reading Workshop, Case Method, Inquiry) alla psicologia del lavoro e
alla formazione per adulti (Open Space Technology, World Café, Business Game,
Gamification, Metaplan). Il mio obiettivo è offrire una guida pratica a chi si
occupa di formazione, per rendere ogni momento di apprendimento più dinamico,
coinvolgente ed efficace.
Il volume vuole essere,
quindi, uno strumento pratico per insegnanti e formatori?
Esattamente. Immagino
questo libro come un kit di strumenti sempre a disposizione di chi lavora con
classi e gruppi, per chi sente il bisogno di andare oltre la lezione frontale e
sperimentare metodologie più partecipative. Le tecniche proposte permettono di
diversificare l’approccio didattico, alternando momenti più strutturati ad
esperienze interattive e collaborative. Ma non è solo una semplice raccolta di
metodi: è un supporto concreto per aiutare docenti e formatori a trasformare
l’aula in un ambiente vivo, dove l’apprendimento diventa un processo attivo e
gli studenti non sono spettatori passivi, ma protagonisti della propria
crescita. Perché insegnare non significa solo trasmettere nozioni, bensì creare
le condizioni affinché chi impara possa farlo con interesse, curiosità e
consapevolezza.
La lezione frontale è
ancora il metodo di insegnamento predominante?
Sì. La lezione frontale è
radicata nei sistemi scolastici e formativi e offre alcuni vantaggi: permette
di trattare argomenti in modo sistematico, di gestire i tempi e di coprire
grandi quantità di contenuti. Ma ha anche dei limiti evidenti: non tiene conto
dei diversi stili di apprendimento, non favorisce l’interazione e spesso non
riesce a mantenere alta l’attenzione degli studenti. Per questo è importante
che, chi si occupa di formazione, si apra a modelli più dinamici, bidirezionali
e inclusivi. Non si tratta di eliminare la lezione frontale, ma di affiancarle
metodologie che rendano l’apprendimento più ricco e partecipato. L’insegnamento
deve evolversi, perché la scuola e la formazione non possono rimanere ancorate
a modelli del passato in un mondo che cambia così rapidamente. Credo che sia
fondamentale adattarsi alle nuove esigenze e comprendere che ogni aula è viva,
è una comunità che cresce insieme.
La tradizionale lezione
frontale è un sistema ad esclusivo “vantaggio” dell’insegnante, insomma.
Senza dubbio, la lezione
frontale è la via più diretta: non richiede una progettazione complessa e
permette di risparmiare tempo. Ma può davvero bastare? Un vero professionista
della formazione non può limitarsi a un modello unidirezionale e direttivo. L’insegnamento,
oggi più che mai, deve evolversi verso un approccio dinamico, inclusivo e
flessibile, capace di creare un dialogo autentico con i partecipanti. Perché
l’apprendimento non è un semplice trasferimento di nozioni, ma un processo
vivo, che prende forma attraverso l’interazione, l’ascolto e l’attenzione ai
reali bisogni di chi apprende.
Lei ha avuto riscontri
oggettivi durante il suo percorso di formatore e insegnante?
Ogni classe scolastica e
ogni aula formativa è un universo a sé, con aspettative, obiettivi, bisogni e
desideri differenti. Eppure, c’è un aspetto che accomuna tutti i discenti: il
bisogno di sentirsi attivi, coinvolti e motivati nel proprio percorso di apprendimento.
Per questo motivo, il docente non può limitarsi al ruolo di trasmettitore di
conoscenze, ma deve diventare un vero e proprio facilitatore
dell’apprendimento, capace di guidare i partecipanti in modo attivo e
stimolante. Ciò significa superare la logica tradizionale del teaching per
abbracciare un approccio fondato sul learning, come
suggerisce Gian Piero Quaglino, e promuovere una didattica che valorizzi
la diversità delle esperienze di apprendimento, in linea con le riflessioni
di Dario Ianes e Andrea Canevaro. In definitiva, chi opera nel
mondo dell’istruzione e della formazione ha l’opportunità di adottare strategie
innovative, capaci di andare oltre la semplice trasmissione di nozioni per
favorire lo sviluppo di competenze concrete e la costruzione di una conoscenza
davvero significativa.
Cresce il numero di
ragazzi che non si appassiona alla scuola. Pigrizia di qualcuno, si dirà, ma
anche e soprattutto limiti di un sistema che, in Italia, è troppo ancorato al
passato.
Ridurre tutto alla
pigrizia sarebbe un errore. Parlerei piuttosto di disaffezione e demotivazione.
La mancanza di motivazione è il risultato di tanti fattori: personali,
familiari, sociali e anche scolastici. La scuola dovrebbe essere un luogo che
ispira, che accende la curiosità, che aiuta a scoprire talenti e passioni. Oggi
i ragazzi sono immersi in un mondo fatto di stimoli digitali, di interazioni
rapide, di contenuti multimediali. Se la scuola resta statica, rischia di
perdere la loro attenzione. Ecco perché è cruciale adottare metodologie più
coinvolgenti, che rendano l’apprendimento un’esperienza significativa e
appassionante.
150 metodologie non sono
un po’ troppe? E come si fa a individuare la migliore?
Le scelte metodologiche e
la loro continua sperimentazione non sono semplici tecniche, ma il cuore
pulsante della professionalità di insegnanti e formatori. Ogni scelta, ogni
adattamento, ogni riflessione rappresenta un tassello fondamentale per rendere l’insegnamento
un’esperienza viva e significativa. Troppo spesso, però, le metodologie vengono
applicate in modo automatico, senza una reale comprensione della teoria che le
sostiene, senza coglierne pienamente il potenziale trasformativo. Questo volume
vuole essere una guida che accende consapevolezza: non basta conoscere le
metodologie, è fondamentale saperle scegliere con intelligenza e sensibilità,
adattandole ai bisogni reali di chi apprende. Perché l’insegnamento non è mai
rigido, ma un dialogo continuo, un equilibrio tra struttura e flessibilità. Non
esiste un metodo giusto in assoluto, piuttosto esiste il metodo giusto per quel
contesto, per quelle persone e in quel momento. Solo con uno sguardo attento e
inclusivo possiamo costruire esperienze di apprendimento che rispecchino la
diversità di ogni studente, valorizzandone i talenti e rispettandone i tempi.
Seguendo i principi dell’Universal Design for Learning, possiamo trasformare le
aule in spazi di crescita autentica, in cui ogni studente si senta accolto,
compreso e motivato a dare il meglio di sé.
In breve, come si usa
questo libro?
Il lettore avrà
l’opportunità di esplorare una classificazione delle metodologie didattiche,
pensata per guidarlo attraverso le infinite possibilità che l’insegnamento può
offrire. Ogni metodologia è organizzata in base all’azione che si vuole
suscitare nei partecipanti: che si tratti di ascoltare, discutere, analizzare
un caso o immergersi in un gioco di ruolo, ogni scelta diventa un’opportunità
unica per stimolare l’apprendimento in modo profondo e autentico. Il cuore di
questa selezione risiede nel comportamento che l’insegnante o il formatore
desidera evocare: che sia un momento di riflessione profonda o un’esperienza di
coinvolgimento attivo, ogni metodologia è pensata per rispondere a un bisogno
concreto del gruppo. Le 150 metodologie, suddivise in 20 categorie, diventano
così una cassetta degli attrezzi, ricca di risorse pratiche e creative. Ad
esempio, se l’obiettivo è far sperimentare la potenza del gioco come strumento
educativo, nel capitolo dedicato il lettore troverà approcci ludici come Edu Larp,
Gamification o Serious games, pronti a trasformare un semplice esercizio in
un’esperienza emozionante e coinvolgente. Se invece l’intento è stimolare la
curiosità e l’indagine, attraverso tecniche come Inquiry Training Model o Focus
Group, si apriranno porte verso metodologie che invitano all’indagine e alla
scoperta. Ogni capitolo, per ciascuna delle 20 categorie, offrirà al lettore un
viaggio ricco di possibilità, per scegliere con consapevolezza e creatività la
metodologia più adatta a ogni occasione.
Il libro si rivolge a una
vasta gamma di categorie dell’ambito educativo e pedagogico. Significa che
questo manuale può aiutare anche gli operatori del mondo dello sport giovanile?
Questo libro si rivolge a
tutte le persone che, con passione e impegno, lavorano con gruppi di
apprendimento, ovunque essi si trovino. A chi, ogni giorno, trasmette
conoscenze in materie complesse come chimica e matematica; a chi forma gli
altri sulla sicurezza sul lavoro o nel primo soccorso; ma anche a coloro che
progettano percorsi formativi dove l’apprendimento si costruisce insieme, come
un viaggio collettivo. Tra questi professionisti ci sono educatori scolastici e
di laboratori didattici, psicologi che accompagnano persone in percorsi di
crescita e introspezione, animatori che creano momenti di condivisione e
aggregazione, e coach istruttori sportivi che, con visione e dedizione, guidano
team attraverso cambiamenti che portano a nuove consapevolezze e abilità. Ogni
lettore, in qualità di professionista, è invitato ad assumere con
consapevolezza il ruolo di facilitatore di gruppo.
Appassionare gli studenti
è sempre stato appannaggio di pochi. Perché, sia in ambito scolastico che a
livello universitario, da sempre ci sono docenti molto preparati che talvolta
non hanno la giusta empatia per scatenare l’interesse dei ragazzi.
Dal mio punto di vista,
un docente non dovrebbe concentrarsi solo sul “cosa” insegnare, ma anche sul
“come” farlo. Le conoscenze tecniche e i contenuti sono senza dubbio essenziali
in ogni disciplina, ma non sono sufficienti da sole. Devono essere accompagnate
da competenze trasversali che permettano di entrare in connessione con gli
studenti e di guidarli con consapevolezza. La capacità di costruire relazioni
autentiche, l’empatia che nutre l’apprendimento, la sensibilità nell’osservare
e nel valutare: sono tutte abilità che, insieme, creano un ambiente di
apprendimento sicuro e stimolante. Questo volume vuole enfatizzare quanto sia
cruciale comprendere le teorie che stanno alla base delle strategie didattiche
e fare scelte consapevoli riguardo alla metodologia da applicare, in modo che
ogni lezione diventi un’opportunità per crescere insieme, come insegnanti e
come studenti.
Molte di queste abilità
si costruiscono o si perfezionano con appositi corsi di comunicazione.
È proprio così. Molte di
queste abilità, fondamentali per un insegnamento efficace, si costruiscono e si
perfezionano anche attraverso corsi mirati di comunicazione e di sviluppo di
altre capacità di conduzione d’aula. Non è un cammino facile, ma è assolutamente
essenziale. Oggi, infatti, non possiamo più limitarci a possedere competenze
tecniche in una materia, per quanto siano indispensabili come base di partenza.
La vera forza di un insegnante nasce anche dalla sua capacità di comunicare, di
entrare in sintonia con gli altri e di saper trasmettere non solo contenuti, ma
anche passione, motivazione e fiducia.
Secondo lei bisogna
formare gli insegnanti a un nuovo approccio metodologico? Ritiene che una
proposta del genere sarà accolta con entusiasmo dagli addetti ai lavori?
Da insegnante, sono
profondamente consapevole di quanto i professionisti che lavorano a scuola
siano continuamente sommersi da una miriade di stimoli e impegni: dalle
incombenze burocratiche, alle riunioni, ai colloqui, agli scrutini e a tutte le
altre attività che accompagnano la gestione quotidiana della scuola. Questi
compiti, pur essendo una parte inevitabile del nostro lavoro, rischiano di
rubare quel tempo e quelle energie che sono essenziali per dedicarci alla
progettazione didattica e alla creazione di attivazioni mirate per ciascun
argomento. È una realtà con cui ci confrontiamo ogni giorno, ma non possiamo
mai dimenticare che la vera essenza del nostro lavoro sta nell’insegnare, nel
creare occasioni di apprendimento che arricchiscano e trasformino la vita dei
nostri studenti.
Per concludere, quali
sono le finalità principali del suo libro?
Questo libro si propone
come uno strumento di comprensione profonda, riflessione e supporto per ogni
scelta metodologica, con la speranza che i lettori, così come i professionisti
del settore, possano sviluppare una consapevolezza critica riguardo agli approcci
teorici e ai paradigmi dell’apprendimento che fondano i principali strumenti
operativi. Il nostro obiettivo è fornire gli strumenti per analizzare e
classificare le metodologie, seguendo i principi e i criteri proposti dalla
letteratura scientifica, ma anche per riflettere sui rischi di un’applicazione
superficiale e automatica delle stesse. Dobbiamo andare oltre la mera
applicazione meccanica delle metodologie: è fondamentale fare scelte mirate e
consapevoli, basate su un’attenta analisi del contesto. Le metodologie non sono
un semplice “strumento”, ma devono diventare una parte integrante della
formazione, del bagaglio di competenze di formatori, insegnanti ed educatori.
Solo così possiamo veramente assumerci il ruolo di facilitatori nei processi di
apprendimento, guidando gli altri verso una crescita autentica.
Una nuova stagione educativa
Abbiamo un urgente
bisogno di una nuova stagione educativa, una vera e propria rivoluzione che
possa prendere vita a partire dalla scuola. Una rivoluzione che possa attingere
dalle straordinarie proposte innovative di pedagogisti visionari, da John Dewey
a Maria Montessori, le cui intuizioni hanno segnato un’epoca e continuano a
essere la base di un cambiamento possibile. Ma oggi, quei principi, seppur
ancora validi e fondamentali, necessitano di essere rimodulati per affrontare
le sfide e le straordinarie opportunità che il mondo moderno ci offre. Il mondo
è cambiato in modo radicale, e con esso sono cambiate le necessità di chi
apprende e di chi insegna. È il momento di riscoprire la scuola come luogo di
innovazione, trasformando il presente per preparare i nostri studenti al
futuro.
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