Dall’empatia alla riparazione:
dieci strategie
per affrontare il bullismo
I
"consigli d'autore" di Stefano Rossi, lo psicopedagogista più famoso
d'Italia: attività pratiche per insegnanti, genitori e ragazzi per aiutare sia
chi compie atti di bullismo sia chi ne è vittima
-di Rossana Certini
Nel
suo lavoro guida adulti e ragazzi nell’arte di coltivare l’intelligenza
affettiva e racconta come accompagnare i giovani nei complessi labirinti
dell’adolescenza. Nei suoi libri Sentimenti malEducati e Lezioni
d’amore per un figlio, porta anche tanti esempi pratici. Come gli
insegnanti possono affrontare in modo costruttivo il bullismo con i loro
studenti?
Per
prima cosa è importante dire che per affrontare adeguatamente il
fenomeno, gli insegnanti devono essere in grado di riconoscere tre
elementi distintivi del bullismo: la ripetizione nel tempo, lo squilibrio di
potere e l’intenzionalità. Infatti, mentre un singolo episodio di
prepotenza può essere un conflitto occasionale, il bullismo si manifesta quando
un comportamento negativo si ripete nel tempo, creando un impatto emotivo e
psicologico sulla vittima. Quella che può sembrare una semplice “battuta” può
trasformarsi, nel tempo, in un atto di bullismo, capace di “avvelenare” la
mente e il cuore di chi lo subisce.
Il
secondo elemento da considerare è lo squilibrio di potere. In
questi casi, uno o più bulli agiscono contro una vittima che, per vari motivi,
si trova in una posizione di svantaggio. Questo squilibrio può manifestarsi in
vari modi: un gruppo che prevarica un singolo, l’atteggiamento dei “più grandi”
verso i più piccoli, o il comportamento dei ragazzi più esperti nei confronti
dei nuovi arrivati a scuola. La dinamica di prevaricazione si amplifica
quando la vittima è costretta a vivere in una situazione di isolamento sociale
o esclusione ripetuta.
Il
terzo e ultimo elemento distintivo è l’intenzionalità. La
psicosociologia ci dice che si parla di bullismo, quando c’è veramente un
intenzionalità crudele in qualche modo malvagia. Tuttavia, nella
maggior parte dei casi, i ragazzi che compiono atti di bullismo non sono
consapevoli del danno psicologico che causano. Spesso, dietro questi
comportamenti c’è il desiderio di appartenere a un gruppo, di acquisire un
potere o di trovare una forma di compensazione per difficoltà personali. Gli
insegnanti, quindi, devono considerare queste motivazioni più profonde, e intervenire
in modo educativo per far comprendere ai ragazzi l’effetto devastante delle
loro azioni.
Cosa
può fare un insegnante per spiegare ai ragazzi queste differenze? Può
coinvolgere il gruppo classe in attività che aiutino gli studenti a comprendere
le ricadute psicologiche causate da un atto di bullismo?
Un
approccio utile per spiegare ai ragazzi la differenza tra un semplice conflitto
e il bullismo è quello di proporre attività pratiche, come discussioni di
gruppo e drammatizzazioni. Per esempio, si potrebbe dividere
la classe in piccoli gruppi e assegnare a ciascun gruppo un tipo diverso di
bullismo da esplorare: quello verbale, fisico o cyberbullismo. Ogni gruppo
potrebbe poi realizzare una breve rappresentazione animata che rappresenti il
tipo di bullismo analizzato dal gruppo. Questo tipo di attività non
solo stimola la riflessione sui diversi comportamenti di prevaricazione, ma
consente anche di esplorare le emozioni e i pensieri della vittima, mettendo in
evidenza come si sente chi subisce bullismo.
Inoltre, ogni gruppo potrebbe creare una definizione creativa del tipo di
bullismo di cui ha parlato, oppure un piccolo slogan che esprima l’effetto
emotivo devastante che questi atti hanno sulla vittima. L’obiettivo non è solo
sensibilizzare i ragazzi sul fenomeno, ma anche stimolare una riflessione
profonda e consapevole, che vada oltre una visione superficiale del bullismo.
I
ragazzi che si comportano da bulli potrebbero avere un “cuore pieno di sassi”,
come se cercassero di scaricare il loro malessere emotivo verso il mondo e i
compagni, nella speranza di alleggerirsi. Questo non giustifica il
comportamento, ma è importante non ridurre il bullo a un semplice “cattivo” da
punire
Ci
sono altre azioni che gli insegnanti possono fare per affrontare episodi di
bullismo?
Quando
un ragazzo o una ragazza agisce bullismo, è necessario affrontare il problema
su due piani: quello della comprensione e quello della riparazione. Prima di
tutto, bisogna aiutare il bullo a riflettere sul perché ha agito in
questo modo. In molti casi, dietro il comportamento di chi fa bullismo c’è
una richiesta di aiuto, spesso mascherata da un atteggiamento aggressivo. I
ragazzi che si comportano da bulli potrebbero avere un “cuore pieno di sassi”,
come se cercassero di scaricare il loro malessere emotivo verso il mondo e i
compagni, nella speranza di alleggerirsi. Sebbene questo non giustifichi il
comportamento, è importante non ridurre il bullo a un semplice
“cattivo” da punire, ma cercare di capire le motivazioni che lo spingono a
comportarsi in questo modo.
Un intervento educativo può partire da attività che stimolino una riflessione
più profonda. Interessante potrebbe essere chiedere agli studenti di
analizzare un aforisma. Questo tipo di lavoro aiuta i ragazzi a riflettere
sul contrasto tra il comportamento aggressivo e quello empatico, facendo
emergere i vantaggi emotivi e relazionali che derivano dall’essere gentili.
Accanto
alla riflessione intellettuale è fondamentale, anche, un lavoro sul “cuore
intelligente”, ovvero sulla sfera emotiva dei ragazzi.
Questo tipo di lavoro può essere fatto attraverso un’attività pratica: chiedere
agli studenti di scrivere o disegnare due esperienze significative nella loro
vita. L’importante in questa attività non è solo la descrizione dell’accaduto,
ma anche la riflessione su come si sono sentiti in entrambi i casi. Cosa hanno
provato quando sono stati feriti o quando hanno mostrato gentilezza? Come si
sono sentiti dopo aver ferito qualcuno e dopo aver fatto un atto gentile? La
condivisione di questi pensieri con il gruppo può portare a una riflessione
collettiva sul valore delle azioni positive e sull’impatto che hanno sugli
altri. In questo modo, si fa emergere la consapevolezza che ogni atto di
bullismo non solo danneggia la vittima, ma anche chi lo compie, mentre gli atti
di gentilezza possono portare benessere sia a chi li riceve che a chi li dona.
L’azione
di riparazione è fondamentale perché mostra ai ragazzi che non sono definiti
solo dai comportamenti che hanno messo in atto, ma che hanno sempre la
possibilità di cambiare e di migliorare. Anche chi ha agito male ha la
possibilità di evolversi
Una
volta che il ragazzo ha compreso la portata del suo comportamento, è importante
che venga stimolato a intraprendere un’azione riparativa che
non deve essere vista solo come un atto che aiuta la vittima ma, anche, come
un’opportunità per chi ha agito da bullo di riconnettersi con il proprio senso
di responsabilità e valore. La riparazione può assumere diverse forme:
ad esempio, scrivere una lettera di scuse al compagno preso di mira o
facilitare un chiarimento tra le parti coinvolte. L’azione di riparazione è
fondamentale perché mostra ai ragazzi che non sono definiti solo dai
comportamenti che hanno messo in atto, ma che hanno sempre la possibilità di
cambiare e di migliorare. Questo è un concetto molto importante da trasmettere: anche
chi ha agito male ha la possibilità di evolversi e di prendere decisioni più
positive in futuro.
Se
ora guardiamo il fenomeno dal punto di vista dei genitori, cosa dovrebbero fare
nel caso in cui scoprissero che il proprio figlio è vittima di bullismo?
La
prima cosa che i genitori devono fare è ascoltare attentamente le emozioni del
ragazzo. La vittima di bullismo vive un’esperienza di solitudine, paura,
rabbia e dolore che non sempre riesce a esprimere adeguatamente. È
fondamentale che il genitore crei uno spazio sicuro dove il bambino o il
ragazzo possa dare voce alle sue difficoltà, senza timore di essere
giudicato. Dare parola alla paura, al dolore e al senso di esclusione è il
primo passo per iniziare a comprendere la profondità del vissuto emotivo del
figlio. Molto spesso, i ragazzi vittime di bullismo, possono avere difficoltà
nelle relazioni sociali e, in alcuni casi, anche sul piano emotivo. Non si
tratta di problematiche patologiche, ma di una difficoltà a connettersi con gli
altri, a relazionarsi con sicurezza. In questi casi, è importante incoraggiare
il figlio a partecipare ad attività che possano aiutarlo a sviluppare
l’intelligenza relazionale e sociale. Un’attività particolarmente utile è il
teatro. Una palestra fantastica per lavorare sulla consapevolezza del
corpo, sulla gestione della voce e delle emozioni, e può essere un’ottima
occasione per aumentare la fiducia in sé. Molti bulli tendono, infatti,
prendono di mira proprio chi si sente insicuro, chi non è a suo agio nel
proprio corpo e nelle proprie emozioni. Offrire a un figlio la possibilità di
esplorare se stesso attraverso attività creative e sociali può essere un
prezioso strumento per rinforzare la sua autostima.
I
genitori, e gli adulti in generale, possono allenare i ragazzi a diventare un
“radar” empatico. L’empatia infatti è un radar che ci
permette di leggere gli occhi degli altri, e quindi di intuire ciò che c’è nel
cuore dell’altro, è un passo importante per sviluppare una comprensione
profonda delle dinamiche interpersonali. Insegnare a un ragazzo a osservare gli
altri e a leggere le emozioni attraverso i loro occhi è fondamentale per
evitare fraintendimenti e migliorare la qualità delle sue relazioni sociali.
Il
lavoro sull’empatia non si limita a una semplice lettura delle emozioni altrui,
ma implica anche una pratica concreta: quella dei gesti di empatia.
I genitori possono aiutare il figlio a imparare a usare questi piccoli gesti –
il sorriso aperto, lo sguardo luminoso o il sapersi mettere nei panni
dell’altro – per connettersi più facilmente con gli altri, per trasformare le
relazioni in opportunità di amicizia anziché di conflitto.
Gli
altri compagni devono essere educati a non rimanere indifferenti. È importante
educare gli studenti a non essere spettatori passivi, ma a prendere posizione
contro il bullismo, anche solo offrendo supporto alla vittima
Invece
tra pari? Che cosa dovrebbero fare i ragazzi nel caso si trovassero ad
assistere a un atto di bullismo?
Anche
se il comportamento del bullo è il punto focale su cui lavorare, non bisogna
dimenticare che il contesto sociale in cui il bullismo avviene è altrettanto
cruciale. Gli altri compagni, che assistono all’episodio, devono essere
educati a non rimanere indifferenti. Spesso, chi assiste a un episodio di
bullismo non interviene per paura di diventare anch’esso un bersaglio o per
timore di esporsi. In questo senso, è importante educare gli studenti a non
essere spettatori passivi, ma a prendere posizione contro il bullismo, anche
semplicemente offrendo supporto alla vittima o segnalando l’incidente. Quando
si assiste a un episodio di bullismo, è fondamentale comprendere il
comportamento dei ragazzi coinvolti, in particolare quello dell’aggressore, per
intervenire in modo efficace e costruttivo. Il ruolo di chi assiste a
un episodio di bullismo è determinante: non si tratta solo di fermare l’atto,
ma di comprendere e aiutare tutti gli studenti coinvolti.
Stefano
Rossi incontra durante un incontro con gli studenti
Se
si volessimo racchiudere in dieci consigli quello che ci ha spiegato per
prevenire e gestire i casi di bullismo, quali sarebbero?
Per
gli adulti, il primo passo è promuovere una collaborazione costante tra scuola
e famiglia, creando una comunicazione aperta e una cooperazione
reciproca, essenziale per un intervento coordinato. Allo stesso tempo, è
fondamentale che i genitori non accusino la scuola e che la
scuola non accusi i genitori, ma che entrambe le parti lavorino insieme per
affrontare il problema. Ascoltare e aiutare il bullo a dar voce alle
proprie emozioni, spesso, infatti, sono ragazzi che hanno
difficoltà ad esprimere le proprie emozioni. È fondamentale aiutarli a comprendere
le ragioni che sono dietro i loro comportamenti aggressivi, per affrontare
e risolvere il loro malessere emotivo. Infine chiedere aiuto a un
esperto per comprendere i significati affettivi del comportamento dei
ragazzi e agire come adulti empatici perché i bambini e i
ragazzi tendono a imitare ciò che vedono nel loro ambiente.
Per quanto riguarda le azioni da parte dei ragazzi, è fondamentale
che imparino a esercitare il pensiero critico, valutando le azioni
del gruppo e riconoscendo comportamenti che possono nuocere agli altri.
Devono imparare a dire di no ai bulli, ovvero a sviluppare quella
che chiamo “giusta disobbedienza”, un atto di coraggio che impedisce che il
bullismo si perpetui. Inoltre, è necessario che i ragazzi imparino ad
ascoltare e dare voce alle proprie emozioni, per sé e per gli altri, sia
che si tratti della vittima che del bullo.
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