Il ritorno tra i banchi
Sempre secondo gli esperti dell’Iss,
«l’osservanza di semplici norme quali il divieto di fumo in tutto il perimetro
scolastico, l’assenza di arredi e materiali inquinanti, l’igiene e trattamento
di pavimenti e superfici, è un prerequisito importante in questo contesto».
Soltanto dopo, qualora «sia dimostrato che la qualità dell’aria non sia
adeguata», potrà essere preso in considerazione «l’utilizzo di dispositivi
aggiuntivi di sanificazione, purificazione e ventilazione». Che su questo
aspetto ci sia ancora molto da fare, è confermato anche dai dati di una ricerca
dell’Associazione nazionale presidi e della Fondazione Gimbe, effettuata su un
campione rappresentativo di dirigenti scolastici. Praticamente, nella quasi
totalità delle scuole è stato, appunto, applicato il protocollo “finestre
aperte” (285 risposte su 311 dirigenti intervistati), mentre in appena 9 casi
sono stati installati “sistemi di ventilazione meccanica control-lata”, in 84
erano presenti “attrezzature per la purificazione e filtrazione dell’aria”, in
15 “rilevatori di CO2” e in 6 scuole non è stato effettuato “alcun intervento”.
«È un vero e proprio scandalo», protesta il matematico Marco Roccetti,
ordinario di Scienza dei dati all’Università di Bologna. Un azzardo che
potrebbe costare caro, non soltanto in termini di contagi ma anche
economicamente. Ogni ondata pandemica, ha calcolato Roccetti, costa alle casse
dello Stato tra i 5 e i 6 miliardi, tra vaccini, tamponi e mascherine.
«Il costo medio per questi dispositivi –
riprende il matematico bolognese – indicativamente varia da poche centinaia di
euro per spazi chiusi di 50 metri a diverse centinaia (meno di mille
solitamente) per ambienti da 200 metri quadrati. Andrebbero aggiunti, in taluni
casi, i costi di adeguamento degli ambienti e quelli di manutenzione periodica.
Dunque – argomenta Roccetti – anche considerando un intervento che coinvolga
tutta la scuola italiana, come sarebbe giusto, si tratterebbe di costi che
verrebbero facilmente riassorbiti o ripagati dall’essere riusciti a evitare o
anche solo fortemente mitigare un’ondata del virus».
Un altro aspetto sul quale sarebbe
opportuno fare chiarezza è quello legato all’utilizzo delle mascherine in
classe. Fino al 31 agosto valgono le regole adottate dal ministero
dell’Istruzione dopo la cessazione dello stato di emergenza (31 marzo 2022),
che prevedono, per esempio, l’obbligo di indossarla, dai sei anni in su. Misura
che, però, è stata sospesa dal decreto 68 del 16 giugno in vista della
Maturità. Proprio l’utilizzo delle mascherine a scuola è già diventata materia
per la campagna elettorale, con alcuni partiti, per esempio la Lega,
dichiaratisi apertamente contrari a prorogare la misura. Sulla ventilazione è,
invece, intervenuta ieri la presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni: «È
dall’inizio della pandemia – ha scritto su Facebook – che proponiamo di dotare
tutti gli istituti di sistemi di ventilazione meccanica controllata, ma il
ministro del- la Salute Speranza e quello dell’Istruzione Bianchi continuano a
fare orecchie da mercante - nonostante il moltiplicarsi di appelli da parte di
esperti, medici e presidi - abbandonando le scuole al loro destino. Gli
istituti italiani si apprestano a vivere il terzo anno consecutivo nel caos e
senza sicurezza. Con quale faccia questi signori si presentano a guidare di
nuovo l’Italia?». Sull’utilizzo delle mascherine si esprimono ancora gli
esperti dell’Iss che, nelle Linee guida pubblicate poche ore fa, scrivono: «Sul
piano operativo è utile ricordare che
l’ottimizzazione dei ricambi dell’aria e,
più in generale, della ventilazione, sebbene faccia parte della generale
strategia di prevenzione, è solo una delle azioni da intraprendere e da sola
incide solo parzialmente nel ridurre il rischio di contaminazione e
trasmissione del virus, se non vengono rispettate tutte le altre azioni
personali di prevenzione e riduzione del rischio, ed in primis, il
distanziamento fisico, l’uso delle mascherine, il lavaggio delle mani,
l’etichetta respiratoria per la tosse e gli starnuti, la sanificazione delle
superfici. La riduzione del rischio di contaminazione e diffusione – ricordano
gli esperti – si basa proprio sull’attuazione integrata ed organica di queste
misure personali e collettive, che rimangono tuttora efficaci».
Insomma, almeno stando a quanto pubblicato
in Gazzetta Ufficiale due giorni fa, pare che, nonostante la fine
dell’emergenza sanitaria, le precauzioni valgano ancora. Compreso l’utilizzo
delle mascherine in classe, il cui obbligo, va nuovamente ricordato, al momento
decade il 31 agosto. L’unica certezza, invece, riguarda il licenziamento dei
circa 50mila docenti e Ata assunti per far fronte all’emergenza (il cosiddetto
“organico Covid”), il cui contratto è scaduto il 15 giugno e non è stato
rinnovato. «Il motivo non è chiaro, perché né l’amministrazione scolastica né
il governo hanno fornito adeguate spiegazioni», protesta il presidente del
sindacato autonomo Anief, Marcello Pacifico. «Rimanendo immutate le condizioni
di partenza del nuovo anno scolastico, viene da chiedersi perché è stato
prodotto questo ennesimo taglio alla scuola. La risposta appare semplice:
esclusivamente per risparmiare soldi – attacca Pacifico – . Ma ancora una volta
lo si fa, senza porsi problemi, sulla pelle degli alunni e del personale. Se a
questo aggiungiamo che a un mese dall’avvio delle lezioni non abbiamo ancora il
protocollo sulla sicurezza, significa che il governo si sta assumendo la
responsabilità di una prossima probabile diffusione dei contagi, che nella
scuola a queste condizioni troverà terreno fertile. Speravamo che con la
riforma del Pnrr qualcosa potesse cambiare: invece nulla».
Secondo Pacifico, l’organico Covid doveva
essere prorogato «portandolo su una consistenza anche superiore al primo anno»,
ricorda il sindacalista. «Se a questo aggiungiamo la conferma delle regole su
dimensionamento e formazione delle classi e degli organici, come se il Covid
fosse finito, ci rendiamo conto della gravità della situazione – conclude
Pacifico –. Eppure, i virologi e l’Oms dicono che occorre rimanere con la
guardia alta, perché l’emergenza pandemica non è finita. Speriamo di
sbagliarci, ma se si arriva in queste condizioni a settembre (considerando che
nelle ultime due estati non avevamo questa abbondanza di contagiati), più di
qualche classe e scuola rischia di non riprendere le lezioni in presenza».
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