- di Angelo Moretti*
Caro Alika,
perdonaci.
Quell’uomo
che ti è saltato sul petto e sul tuo volto, cercando di cancellarti dalla
faccia della terra, trasformando la tua stampella in un’arma contro di te,
quello non siamo noi.
Quello è il
veleno della terra, è la violenza che alberga da sempre nell’ umanità, è una
terribile zizzania che cresce insieme al grano e che ancora non siamo stati
capaci di estirpare, come la guerra e la morte per fame.
Noi siamo
quelli che ti riprendono con il telefono mentre il tuo aggressore ti toglie la
vita e che restano impotenti ed attoniti.
Come se ciò
che stiamo vedendo con i nostri occhi in realtà non fosse vero.
Qualcuno ci
ha ben detto che siamo nell’epoca della post-verità, in cui la costruzione
artificiale di notizie e video confonde facilmente gli occhi ed i cuori.
Ma siamo
anche nell’epoca della “verità dei post”: è vero solo ciò che si può postare e
commentare, e forse quei cameraman improvvisati, che non sono intervenuti a
fermare l’aggressione, pensavano, a loro modo, di offrire un servizio alla
verità riprendendo in diretta la violenza che avrebbe messo fine alla tua vita.
Perdonaci
perché nessuno “di noi”, nessuno di coloro che la storia accidentalmente
interpone tra un violento ed un violato , come già accadde con Willy e tanti
altri, da più valore all’importanza che può avere un “corpo presente”.
Abbiamo
dimenticato che una mano fisicamente presente può essere determinante per
ridurre il danno, per far terminare l’aggressione.
Alika
perdonaci perché qualcuno di noi, “gente normale” ai bordi della tua strada,
avrà contribuito con le sue parole ed i suoi social far sentire impunibile ed invincibile
quel Filippo, che avrà ritenuto di aver ricevuto da tutti noi silenti il potere
di toglierti la vita come un boia di stato, alle due del pomeriggio, mentre tua
moglie ed i tuoi figli ti aspettavano a casa per la sera.
Alika
perdonaci perché qualcuno di noi, mentre era intento a riprenderti, avrà
pensato “ che cosa fosse successo davvero” e quali ragioni aveva Filippo per
aver reagito in quel modo, come se fosse nostro compito di fratelli e sorelle
attribuire ragioni e torti e non difendere sempre e comunque la ragione della
vita sulla morte.
Alika
perdonaci domani , quando la tua notizia non farà più rumore perché già
dimenticata o ingoiata nella campagna elettorale.
A noi che
siamo ai bordi della sofferenza di tua moglie non tocca che impegnarci a tenere
memoria della tua vita e della tua morte e chiedere fin da ora a tutti i
politici che intendono guidare il Paese di dichiarare apertamente da che parte
stanno, se accanto alla rabbia di chi ti ha ucciso o accanto ai tuoi figli che
dovranno crescere senza paura e senza rabbia in questa Italia della next
generation, in cui anche i tuoi ragazzi dovranno avere futuro.
Perdonaci se
dopo dieci anni che sei presente tra di noi non ti abbiamo ancora messo in
condizione di poterti sentire “italiano”.
Con il
nostro corpo presente ci toccherà chiedere e vigilare sulla tua memoria, non
con i nostri telefonini, ma con le nostre azioni quotidiane.
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