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lunedì 20 dicembre 2021

POST PANDEMIA: RICOMINCIARE A COMINCIARE


Un nuovo inizio


- di Luigi Sanlorenzo

 La cosiddetta fase di ripresa e resilienza pone questioni che non possono trovare in alcuna esperienza del passato esempi, pratiche e comportamenti cui poter fare riferimento. Nell'ostinazione di voler cogliere la dimensione delle opportunità in quanto sta accadendo, credo che il lungo periodo di adattamento che ci aspetta modificherà il nostro sguardo sul mondo e sulla società.

Altro che aspirare a che tutto torni come prima! Una banale illusione alimentata da chi ama semplificare per ottenere un facile consenso.

Occorrerà lavorare molto sull'educazione dei giovani all'ottimismo, al coraggio - anche fisico - alla capacità di consumare in modo diverso l'uso del tempo, le modalità di fruizione di beni e di servizi, la gestione dei rapporti di prossimità, le modalità di spostamento, le logiche gestionali delle organizzazioni in cui la motivazione delle persone sarà il principale asset strategico.
Molti di noi hanno lavorato in anni recenti per formare individui e comunità in ogni settore a non dare per scontate alcune certezze, a saper prevedere, nella misura del possibile, le evoluzioni della realtà sociale, produttiva, politica e al tempo stesso a familiarizzare con i sentimenti della finitezza umana, dell'elaborazione del lutto, della perdita, dell'abbandono, senza per questo cedere alla depressione o alla disperazione.

Un'educazione alla provvisorietà da vivere con la piena consapevolezza di essere umili anelli di una catena che viene da lontano e va lontano e nella quale il sentimento di resa di uno interrompe e indebolisce l'energia di tutti.

Un accorato "addio ai monti" a cui ora va unita la determinazione di scorgerne presto altri le cui cime possiamo solo intravedere nella nebbia che intanto avvolge il presente.
La recessione economica prevista non potrà essere compensata mai completamente dall'intervento dell'Unione Europea sotto le molteplici forme possibili, né da inasprimenti fiscali impensabili su strati della popolazione già ampiamente provati durante il decennio scorso.
Occorre cominciare a parlare di riconversione industriale, concentrandosi più sui settori strategici e meno su quelli dei beni voluttuari, prendere atto che teatri, cinema e forme di intrattenimento in cui è impossibile attuare forme di distanziamento sociale dovranno subire un'inevitabile sospensione.

Sarà necessario rivalutare la prospettiva del lavoro agricolo e ambientale, con criteri innovativi, e orientarvi larga parte dei giovani a diverso livello di professionalità, non escludendo anche la parte manuale.

Nonostante i necessari arruolamenti a tempo determinato per modernizzare la Pubblica Amministrazone attraverso il PNRR, gli esuberi che deriveranno come conseguenza della de-burocratizzata e di larga parte di servizi erogati online, dovranno essere indirizzati ai settori della promozione culturale, dell'assistenza informatica, sociale e paramedica.

Nuove prospettive si apriranno per l'accompagnamento psicologico e cognitivo intergenerazionale, con particolare attenzione all'analfabetismo funzionale che tocca diplomati e laureati da qualche decennio.

Il turismo dovrà rileggere la propria missione, finora fondata in larga parte sugli arrivi dall'estero, ridimensionando i costi per cercare di compensare con le disponibilità reddituali medie dei turisti interni.

Molti lavori cesseranno di esistere e ne nasceranno di nuovi più legati alle esigenze primarie e di prossimità, stante anche l'invecchiamento della popolazione italiana che tuttavia dovrà essere bilanciato da politiche familiari atte ad incentivare la natalità, dal momento che i migranti "economici" si ridurranno sensibilmente.

Avremo molto da imparare da paesi in cui si fa molto con molto poco e dovremo considerare risorsa preziosa il flusso di migranti che porta con sè quelle nuove generazioni che in Italia rimane così difficile scegliere di concepire.

Andranno rivalutati e ripopolati i borghi abbandonati, le zone di montagna e le grandi estensioni di terreni incolti, garantendo ai nuovi abitanti un adeguato presidio sanitario e la piena connessione digitale.

Come in un moderno mito di Sisifo, occorrerà "ricominciare a cominciare" tante volte, sino a quando il peso del cambiamento diventerà familiare e la salita sempre meno ripida e sempre più sopportabile.

Solo alla fine di questo percorso di tras-formazione avremo scoperto un mondo diverso e un modo nuovo e più umano di abitarlo. 

 

sabato 14 luglio 2018

INVIATI A FARE DEL BENE

“In quel tempo, Gesù chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri. E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient'altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche. E diceva loro: «Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì.
 Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro». Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse, scacciavano molti demoni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano”.

Commento di p. Alberto Maggi.
 L'insuccesso nella sinagoga di Nazareth dove Gesù non è stato creduto e ha potuto compiere solo pochi gesti non solo non scoraggia Gesù, ma lo porta ad intensificare la sua attività con modalità differenti. È il capitolo sesto dal versetto 7 al 13, ma c'è un breve versetto che è stato omesso dalla versione liturgica che è importante. Scrive l'evangelista che Gesù percorreva i villaggi insegnando, cosa significa questo? Gesù non mette più piede in una sinagoga. Ormai si è reso conto che i luoghi di culto, i luoghi religiosi sono refrattari all'azione dello Spirito.
               Allora è inutile perdere tempo in quegli ambienti, ma va nei villaggi, cioè nei luoghi dell'emarginazione, nei luoghi della povertà. E questa volta chiamò a sé i Dodici, il dodici rappresenta il numero dei discepoli che in sé raffigura il nuovo Israele e prese a mandarli, dal verbo greco mandare viene la parola apostolo, che non indica un titolo, ma un'attività, è quella di essere inviati, a due a due, non li manda da soli, ma a due, devono essere una comunità che esprime un messaggio, e dava loro potere, cioè autorità, sugli spiriti impuri.
               Lo spirito impuro è già apparso in questo vangelo quando Gesù per la prima volta proprio in una sinagoga ha provato ad annunziare il suo messaggio. Lo Spirito è una forza, quando viene da Dio si chiama Santo, non soltanto per la sua qualità eccelsa, ma per la sua attività di separare le persone dal male; quando viene da realtà contrarie a Dio si chiama impuro.
               Allora Gesù dà loro potere sugli spiriti impuri, questa espressione ha un duplice significato, sia quello ovvio di liberare le persone da questi spiriti, cioè da queste ideologie nazionaliste, religiose, che impediscono di accogliere la buona notizia di Gesù, ma sia di lavorare su se stessi perché per liberare bisogna essere pienamente liberi.
E ordinò, è l'unica volta che Gesù ordina qualcosa ai discepoli, quindi significa che trova resistenza di non prendere per il viaggio nient'altro che un bastone e i sandali, cioè quello che serve per il camminare Gesù chiede i discepoli che lo prendano. Ma poi Gesù dice di non portare né pane né sacca, era la sacca, la bisaccia tipica del mendicante, né denaro nella cintura, cosa significa? Devono essere persone pienamente libere, devono essere dei signori, devono pienamente fidarsi della ricchezza del messaggio che vanno a portare, signori liberi, ma non ricchi.
               Per questo Gesù dice non portare due tuniche, due tuniche era l'abbigliamento dei ricchi. Quello che sei non deve smentire il messaggio che annuncia. Gesù non indica quello che devono dire, ma come devono essere: portatori della buona notizia. E questa libertà deve essere anche interiore. E Gesù continua affermando dovunque entrate in una casa rimanetevi.
               Gli ebrei quando erano in viaggio chiedevano di essere ospitati soltanto a casa di altri ebrei, possibilmente osservanti, per essere sicuri delle regole rituali del puro e dell’impuro. Gesù chiede di essere liberi da tutto questo, di andare nelle case così come sono e li rimanere perché per liberare devono essere pienamente liberi di questi tabù, di queste superstizioni. Finché non sarete partiti da lì.
Ma, avverte Gesù, se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero andatavene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro o meglio contro di loro. Era tipico degli ebrei, quando andavano in terra pagana, rientrare in terra d'Israele di scuotere la polvere dai loro sandali per non portare nulla di impuro nella loro terra.
               Allora cosa sta dicendo Gesù? Sta cambiando l'idea del pagano. Chi è il pagano? Per la religione il pagano è colui che crede in altre divinità, per Gesù il pagano è colui che è incapace di accogliere, è colui che incapace di ospitare. Ebbene, la conclusione, che questi discepoli partiti proclamarono che, s’intende la gente anche se non c'è nel testo, si convertisse, quindi il cambiamento di vita, scacciavano molti demoni, liberavano da tutte queste ideologie che rendevano le persone refrattarie all'accoglienza della buona notizia di Gesù.
               E l'ultimo particolare è importante perché non si curano soltanto della parte spirituale, ma di tutta la persona, l'integrità di tutto l'essere umano. Gesù ha a cuore questo, e ungevano con olio molti infermi e li guarivano. Questo è il primo ritratto dell'attività dei discepoli. Vedremo poi la prossima volta se Gesù è stato contento o no di questa loro attività.


(tratto da www.ildialogo.org)

domenica 29 gennaio 2017

LA VIRTU' DELL'ESSENZIALITÀ'

«Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli» 

          Il povero in spirito è colui che ha assunto i sentimenti e l’atteggiamento di quei poveri che nella loro condizione non si ribellano, ma sanno essere umili, docili, disponibili alla grazia di Dio. La felicità dei poveri – dei poveri in spirito – ha una duplice dimensione: nei confronti dei beni e nei confronti di Dio
          Riguardo ai beni, ai beni materiali, questa povertà in spirito è sobrietà: non necessariamente rinuncia, ma capacità di gustare l’essenziale, di condivisione; capacità di rinnovare ogni giorno lo stupore per la bontà delle cose, senza appesantirsi nell’opacità della consumazione vorace. Più ho, più voglio; più ho, più voglio: questa è la consumazione vorace. E questo uccide l’anima. E l’uomo o la donna che fanno questo, che hanno questo atteggiamento “più ho, più voglio”, non sono felici e non arriveranno alla felicità. Nei confronti di Dio è lode e riconoscimento che il mondo è benedizione e che alla sua origine sta l’amore creatore del Padre. Ma è anche apertura a Lui, docilità alla sua signoria: è Lui, il Signore, è Lui il Grande, non io sono grande perché ho tante cose! E’ Lui: Lui che ha voluto il mondo per tutti gli uomini e l’ha voluto perché gli uomini fossero felici.
       Il povero in spirito è il cristiano che non fa affidamento su se stesso, sulle ricchezze materiali, non si ostina sulle proprie opinioni, ma ascolta con rispetto e si rimette volentieri alle decisioni altrui.        Se nelle nostre comunità ci fossero più poveri in spirito, ci sarebbero meno divisioni, contrasti e polemiche! L’umiltà, come la carità, è una virtù essenziale per la convivenza nelle comunità cristiane.         
     I poveri, in questo senso evangelico, appaiono come coloro che tengono desta la meta del Regno dei cieli, facendo intravedere che esso viene anticipato in germe nella comunità fraterna, che privilegia la condivisione al possesso. 
       Questo vorrei sottolinearlo: privilegiare la condivisione al possesso. Sempre avere il cuore e le mani aperte (fa il gesto), non chiuse (fa il gesto). Quando il cuore è chiuso , è un cuore ristretto: neppure sa come amare. 
         Quando il cuore è aperto , va sulla strada dell’amore".
Papa Francesco - 29 gennaio 2017

martedì 25 gennaio 2011

LA VIRTU' DEL SAPERE OZIARE

“Il lavoro nobilita l’uomo, rendendolo libero”. E’ questa la vera rivoluzione che la regola di San Benedetto, Ora et labora, mise in atto sovvertendo l’antica e scontata differenza classista tra otium e negotium. Quando il primo era prerogativa della nobiltà e il secondo dannato e amaro destino per gli umili o schiavi. Una rivoluzione dal respiro lungo, che ha accompagnato nel corso dei secoli la riscoperta dell’otium quale attività nobile del pensiero, nella contemplazione della verità, delle arti e della bellezza in genere. Rendendo primaria, già nel XV secolo, la necessità a praticarlo e coltivarlo. E che oggi fa dire al professor Stefano Zamagni, docente di Economia Politica all’Università di Bologna, presidente dell’Agenzia nazionale per le Onlus, nonché consulente economico di Benedetto XVI: “Che i tempi sono maturi per vivere il negotium in funzione dell’otium“. In pratica, vivere l’otium come il fine e il negotium come lo strumento per perseguirlo....

Leggi: Le virtù dell'economia dell'ozio

Come educare noi stessi e i nostri alunni al sano ozio?











giovedì 6 gennaio 2011

La BEFANA, festa dei bambini o festa del consumo?

UNA RIFLESSIONE .... ai margini della "festa della befana".
   
 Consumati dal ... CONSUMISMO. Una urgente sfida per educare le giovani generazioni    
 « Il consumismo è un orien­tamento culturale che ci viene inculcato fin dalla più tenera età. Non è un fatto natu­rale », così esordisce Erik Assadou­rian, ricercatore del Wordlwatch In­stitute, il prestigioso istituto di ricer­ca ambientale che ogni anno fa usci­re il rapporto sullo stato del pianeta, «State of the World». ... Il problema di fondo è semplice: consumiamo male, e troppo .... «Dobbiamo far sì che il consumismo diventi un tabù, qualcosa di vecchio, brutto, non 'cool'. E la sostenibilità la cultura dominante. Pena la so­pravvivenza del pianeta. E’ una sfida utopica, cambiare la cultura..... cambiare mentalità " ...

Quali percorsi educativi mettere in atto per favorire nelle giovani generazioni la conquista di buone abitudini e la cultura dell'essenzialità, contrastando l'affermarsi di una certa "cultura" odierna?

Leggi: CONSUMISMO DEMODE'