lunedì 25 novembre 2024

EDUCARE ALLA PARITA' E AL RISPETTO

 




-         di Maria Torrisi*

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Alla luce del numero di casi di violenze e femminicidio, si parla di quota 100 raggiunta nel 2024, urge ripensare il rapporto tra donne e uomini, smontando etichette e classificazioni di mestieri e professioni, modi di vestire, di pensare, di esprimersi, affrancarsi da certi cliché  e  liberare i talenti e i desideri da quelle gabbie culturali in cui sono costrette a stare, nello specifico, le donne.

E così, purtroppo, nel 2024 bisogna ancora rimarcare questi concetti per un’educazione che, a partire dalla famiglia insieme alla scuola, agli altri enti, associazioni e alla politica, miri ad una rivoluzione culturale intesa ad escludere una utopia in termini negativi e ad operare un cambiamento reale della società atto a debellare le disuguaglianze esistenti e le tendenze discriminatorie che minacciano l’autostima delle bambine e delle ragazze.

Mobilitare il potenziale educativo delle famiglie, della scuola, di enti, associazioni, parrocchie, è innanzitutto un’azione di giustizia sociale e ciò è possibile attraverso una fattiva collaborazione tra le varie forze della comunità educante, che si pone l’obiettivo di rispondere ai reali bisogni di sviluppo dei ragazzi, nel rispetto dei diritti dei bambini enunciati nella Convenzione Internazionale dei Diritti dell’Infanzia del 1989, assolvendo al dovere di garantire un contesto atto a promuovere  il loro benessere.

Ciò vale, a maggior ragione, per le donne che vivono nei paesi in via di sviluppo alle quali viene negata quella qualità della vita di cui parlano Amarthya Sen e Marta Nussbaum nel loro “approccio centrato sulle capacità umane”. La Nussbaum, insiste particolarmente sul principio della capacità individuale e sul principio della persona intesa come fine, per cui ogni persona, indipendentemente dal sesso, dal contesto di appartenenza, dalla religione, deve poter realizzare la propria vita in modo veramente umano. Pertanto, ogni vita sarà degna di essere vissuta in relazione a ciò «che gli individui sono di fatto capaci di essere e di fare».

Solo promuovendo la connessione tra i propri vissuti, quelli personali e quelli degli altri si giunge  a una vita consapevole e partecipata, che trova fondamento nell’umanità dell’uomo. Sono queste le sfide con le quali, la scuola deve oggi misurarsi, insieme alle famiglie e alle altre agenzie del territorio.

Sono sfide che riguardano la quotidianità e che sono tutte attinenti all’educazione civica, il cui vero senso è quello della cittadinanza attiva.  Perché l’educazione civica, al pari delle altre discipline, non può essere confinata entro un curricolo con i suoi contenuti astratti, ma deve configurarsi come prassi da esercitare nella vita di tutti i giorni.

In questo senso deve essere percepita la necessità al dialogo e alla reciprocità, perché una chiusura verso l'altro determinerebbe un progressivo annichilirsi della vita stessa.

«Se al di là delle norme giuridiche manca un senso più profondo del rispetto e del servizio altrui, anche l’uguaglianza davanti alla legge potrà servire da alibi a evidenti discriminazioni, a sfruttamenti continuati, a disprezzi effettivi» Sono queste le parole di Paolo VI, che dopo il Concilio Vaticano II,  fu il primo a insistere sulla necessità di nuova civiltà dell’amore, in cui la giustizia fosse integrata e sublimata dalla carità.

Il comportamento della persona è pienamente umano quando nasce dall'amore e manifesta l'amore. Questa verità annunciata dal Vangelo vale anche in ambito sociale: l'amore deve essere presente e penetrare tutti i rapporti sociali, per proporre i principi e i valori che possono sorreggere una società degna dell'uomo. In questo senso gli obiettivi di giustizia sociale non entrano in conflitto con gli obiettivi dettati dall’imperativo della carità cristiana, ma  vanno a confluire nella solidarietà politica, economica e sociale che è allo stesso tempo religiosa e laica.

Impegnarsi con un superiore punto di vista etico, con una responsabilità che si prende cura degli altri, sensibilizzando i ragazzi ai valori della solidarietà, dell’empatia, dell’inclusione, assume i connotati di pedagogia della salvezza.

Come affermato da Papa Francesco: “La strada cattolica è quella dell’unità nelle differenze. Non c’è altra strada, non c’è altro cammino per unirci, se non lo spirito cristiano”.

 *Presidente Associazione  AIMC - sezione di Giarre

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