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lunedì 16 dicembre 2024

LA GRANDE ABBUFFATA NATALIZIA

 La guida alle abbuffate "spirituali" di Natale

 Religiosi, esperti di fede 

e antropologi a confronto 

contro l'imbarbarimento 

dello stare a tavola. 

 


Enzo Bianchi: "Non aggrediamo gli alimenti, 

serve silenzio e calma"


 -         di Fabio Di Chio 

 

Natale è tempo di feste e grandi tavolate. Ma attenzione: “Mangiare cibi geneticamente modificati o artefatti ci rende barbari”. A dirlo è Enzo Bianchi, fondatore della comunità monastica di Bose, nell’area del comune piemontese di Magnano, in provincia di Biella.

La “grammatica”

  Il religioso non si riferisce a ogm con dentro chissà quale forza vitale in grado di rendere chi li mangia maleducato e rozzo nei modi. Semmai, però, a organismi subdolamente capaci di provocare una inaspettata confusione a livello spirituale. “Non credo – precisa - che questi alimenti nutrano allo stesso modo la nostra umanità. Il cibo è frutto di cultura, lavoro, tradizione e, soprattutto, di quel dono di amore che proviene da chi ha fatto da mangiare. Invece, ultimamente – nota l’ex priore della comunità - una povertà si è impossessata delle nuove generazioni, che non sanno più cos’è un peperone, un sedano, non hanno più la grammatica elementare degli alimenti che servono al nostro cibo. Tutto questo è un imbarbarimento, un impoverimento del modo di mangiare”. 

Lo stile 

Rimedi? In primis, Enzo Bianchi raccomanda l’importanza dello stile di stare a tavola. E cita quello dei monaci: “Non bisogna aggredire gli alimenti – suggerisce - ma consumarli in silenzio e con calma. Benediciamo il Signore per i doni che ci ha fatto – aggiunge - e prendiamo consapevolezza di quel che mangiamo, con gioia e gratitudine. La tavola – sintetizza - è un grande magistero di vita: s’impara a parlare, a stare insieme, a fare comunità; a mangiare, bere, gioire e soffrire assieme”. 

Per il religioso, il massimo sarebbe di avvicinarsi allo stile orientale. “Lì – spiega - c’è un senso dell’unità dell’uomo molto più forte che da noi. Si dice: perché ci sia un uomo ben riuscito occorre che abbia accanto a sé un dietologo, un medico e un padre spirituale. Dobbiamo imparare da questo”. 

E infatti, secondo le regole buddiste il cibo è proprio un canale privilegiato di comunione con il divino. Come scrive il sacerdote Guidalberto Bormolini nel libro "I vegetariani nelle tradizioni spirituali, “nelle dottrine yogiche ogni cibo esercita un'influenza tanto fisica quanto mentale e spirituale sulla natura dell'uomo”. Per lo yoga (e l’induismo) la pietanza è impregnata di energia, il prana. E - continua il teologo - “può essere assorbito dalla pelle, dalla respirazione e dalla nutrizione: più dalla lingua che dallo stomaco e dall'intestino”. 

La condivisione

 Quindi, il dettaglio che rafforza le parole di Enzo Bianchi: “I cuochi nelle comunità religiose – specifica l’autore - sono generalmente sacerdoti della casta dei brahmani, che cucinano per i discepoli con l'intenzione di benedirli attraverso il cibo”. Invece, nel cristianesimo “il vero comandamento è la condivisione - illustra l’antropologo Marino Niola in Mangiare come Dio comanda, scritto assieme a Elisabetta Moro - e l’unico precetto è la temperanza. Il cristianesimo ha compiuto un passo decisivo verso un’alimentazione libera da tabù e ha fatto della convivialità un valore supremo”. 

La sobrietà

 Tutto confermato pure da Enzo Bianchi: “Siamo liberi di mangiare quello che vogliamo – rassicura – ma nella sobrietà e nella condivisione”. Ed è proprio sul concetto di comune partecipazione, nello specifico sui banchetti in parrocchia per i meno fortunati, che il religioso ha qualcosa da dire. “Secondo me – chiarisce - fare queste mense in chiesa non è carità vera ma presbite: si ama, si fa del bene, purché questi poveretti restino lontani da casa propria. Invece – sollecita – ritengo sia molto più serio che nei giorni di Natale ogni famiglia cristiana inviti a casa un emigrante, un povero, uno scarto della società e lo metta alla tavola, gli dia quella dignità e mangi in piena comunione. Questo è uscire dal regime, oserei dire, dell’elemosina per entrare in quello della comunione”. 

 -         Le grandi abbuffate

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mercoledì 1 settembre 2021

SALVARE LA TERRA. CI VUOLE CORAGGIO!


Il Papa: con coraggio scegliamo di cambiare per salvare la nostra Terra

Mettere in discussione il nostro stile di vita e il modo in cui usiamo i beni del pianeta per attuare un cambiamento ecologico e sociale basato su responsabilità, rispetto e sobrietà. E' l'appello contenuto nel video che lancia l'intenzione di preghiera che Papa Francesco affida alla Chiesa per il mese di settembre. I giovani lo stanno già facendo, sottolinea Francesco, prendiamo esempio da loro

-di Adriana Masotti - Città del Vaticano

 

Perché “tutti noi prendiamo le decisioni necessarie per una vita più sobria ed ecosostenibile”, sull’esempio dei giovani “che già sono impegnati in questo cambiamento”. E’ l’intenzione di preghiera che Papa Francesco suggerisce a tutta la Chiesa cattolica per settembre e che spiega tramite il video messaggio diffuso, come ogni mese, attraverso la Rete Mondiale di Preghiera del Papa.

L'esempio dei giovani

Francesco ancora una volta sottolinea che la questione ambientale e quella sociale vanno di pari passo e si rallegra per il coraggio che i giovani dimostrano nel prendere iniziative che portino a migliorare entrambe:

Noi adulti possiamo imparare molto dai giovani, perché per tutto ciò che riguarda la cura del pianeta i giovani sono all’avanguardia. Prendiamo esempio da loro. Riflettiamo, soprattutto in questi momenti di crisi – di crisi sanitaria, di crisi sociale, di crisi ambientale – riflettiamo sul nostro stile di vita.

Prendere decisioni coraggiose

Papa Francesco chiede di ripensare ai nostri comportamenti, a quando ci nutriamo, viaggiamo, facciamo uso dell’acqua, dell’energia o di materiali come la plastica “spesso dannosi per la Terra”. E lancia l’invito alla preghiera e ad una azione concreta che porti al cambiamento:
Scegliamo di cambiare! Camminiamo insieme ai giovani verso stili di vita più semplici e rispettosi dell'ambiente. E preghiamo affinché tutti noi prendiamo le decisioni coraggiose, le decisioni necessarie per una vita più sobria ed ecosostenibile.

Le nuove generazioni, osserva il Papa, in modo intelligente si stanno impegnando per il loro futuro, per cambiare ciò che “erediteranno quando noi non ci saremo più”.

A settembre l'iniziativa "Tempo del Creato"

L’intenzione di preghiera indicata dal Papa si inserisce nella celebrazione annuale globale ed ecumenica del Tempo del Creato. Nel 2021 si svolge dal 1° settembre, Giornata Mondiale di Preghiera per la Cura del Creato, al 4 ottobre, festa di San Francesco d'Assisi, patrono dell'ecologia, e vedrà le comunità impegnate in progetti di sensibilizzazione e di cura nei riguardi dell’ambiente. Nel testo che accompagna il videomessaggio si afferma che “sono sempre di più gli allarmi a livello globale per cercare di aumentare la consapevolezza dell'umanità sul fatto che qualcosa deve cambiare". Nel giugno scorso, l'ONU ha avvertito che la Terra sta raggiungendo rapidamente 'estremi irreversibili' e che l'umanità sta affrontando una triplice minaccia: la perdita della biodiversità, l'alterazione climatica e l'aumento dell'inquinamento”, fattori che influiscono sulla vita di tutti.

Sobrietà e solidarietà: un cambiamento urgente

Papa Francesco nella Laudato si’, invita a riconoscere “la radice umana della crisi ecologica”, per questo – si legge ancora nel testo - è essenziale riflettere sullo stile di vita che conduciamo, per vedere fino a che punto queste azioni pregiudicano il pianeta”. “Le parole di Francesco non possono lasciarci indifferenti – commenta padre Frédéric Fornos S.J., direttore Internazionale della Rete Mondiale di Preghiera del Papa -. Di fronte alla crisi ecologica, c'è urgenza di cambiare il nostro stile di vita perché sia sobrio e solidale. Siamo consapevoli di questa urgenza? Per proteggere la nostra casa comune, le parole non bastano più. Nella Laudato si’ - conclude padre Fornos - Francesco ci propone un cammino, un ritorno alla semplicità, alla fraternità con il creato e con i più bisognosi”.

Il Video del Papa

Il Video del Papa è un’iniziativa ufficiale di portata globale che ha l'obiettivo di diffondere le intenzioni di preghiera mensili del Santo Padre. È sviluppata dalla Rete Mondiale di Preghiera del Papa (già Apostolato della Preghiera), una Opera Pontificia, la cui missione è mobilitare i cattolici, attraverso la preghiera e l'azione, di fronte alle sfide dell'umanità e della missione della Chiesa. Dal 2016, Il Video del Papa è stato visualizzato più di 161 milioni di volte su tutte le reti sociali vaticane. È tradotto in 23 lingue, e ha una copertura stampa in 114 Paesi.

Vatican News

sabato 7 luglio 2018

SILENZIO e ARTE dell'ASCOLTO .... per orientare se stessi

Ascoltare sembra un’operazione abituale, quasi “banale”, eppure l’ascolto autentico è raro e difficile. Costantemente immersi come siamo in rumori di vario tipo, sollecitati da messaggi “multiformi”, non conosciamo più il silenzio come ambiente e condizione indispensabile all’ascolto, ascolto della nostra coscienza e all’ascolto dell’altro, ascolto della parola di Dio.

Silenzio e ascolto, infatti, pur non identificandosi, si nutrono “reciprocamente” ed è nel silenzio che la parola può “risuonare” nitidamente. Solo lasciando che il nostro silenzio sia abitato da quanto abbiamo ascoltato in profondità che evitiamo di cadere nel “mutismo” o nella chiacchiera e nel “non senso”. Così, sempre più incapaci di silenzio “fecondo”, finiamo per smarrire anche l’arte dell’ascolto.
 
La capacità di ascolto nasce dalla capacità di silenzio: questo è il principale accento cha ha sempre avuto la tradizione monastica parlando della’ascolto. Una buona pedagogia dell’ascolto che può prendere le mosse solo dal silenzio. Sì, “ascoltare il silenzio” può sembrare un ossimoro, invece è la chiave che apre il mondo dell’ascolto autentico e della comprensione di ciò che si sente.
 
Se nella nostra società “l’uomo è diventato un’appendice del rumore” (Max Picard), si fa sempre più urgente l’esigenza che ciascuno ritrovi la propria umanità attraverso la riscoperta del silenzio e l’apprendimento dell’antichissima arte di “ascoltare il silenzio”. Impresa certo non semplice, se già Eraclito di Efeso (VI sec. A.C.) definiva i propri simili come “incapaci di ascoltare e di parlare”: da allora forse abbiamo l’impressione di aver compiuto passi in avanti nella capacità di parlare, ma certo quanto ad ascolto sembriamo ancora bambini.
 
La tradizione spirituale non solo cristiana ha sempre riconosciuto l’essenzialità del silenzio per una vita interiore autentica. Solo il silenzio, infatti, rende possibile l’ascolto, cioè l’accoglienza in sé non soltanto della parola pronunciata, ma anche della presenza di colui che parla. Il silenzio è linguaggio della profondità, della pre­senza all’altro e anche dell’amore dell’altro. Del resto, nell’esperienza amorosa il silenzio è spesso linguaggio molto più eloquente, intenso e comunicativo delle parole.
 
Purtroppo oggi il silenzio è raro, è forse la realtà maggiormente assente nelle nostre giornate: siamo bombardati da messaggi sonori e visivi, i rumori ci derubano della nostra interiorità e le parole stesse vengono immiserite dal loro essere urlate, ridotte a slogan o invettive. Abbiamo bisogno del silenzio! Ci è necessario da un punto di vista pret­tamente antropologico, perché l’uomo, che è un essere di relazione, comunica in modo equilibrato e significativo soltanto grazie all’armonico rapporto fra parola e silenzio.
 
Ma abbiamo bisogno del silenzio anche dal punto di vista spirituale. Per la fede ebraica e cristiana il silenzio è una dimensione teologica: sul monte Oreb, il profeta Elia percepì di essere alla presenza di Dio non nel frastuono di venti, tuoni e terremoto ma solo quando ascoltò “la voce di un silenzio sottile” (1Re 19,12). Ignazio di Antiochia, (padre della chiesa del III sec.) dirà che Cristo è “la Parola che procede dal silenzio”.
 
Non si tratta semplicemente dell’astenersi dal parlare o dell’assenza di rumori, ma del silenzio interiore, quella dimensione che ci restituisce a noi stessi, ci pone sul piano dell’essere, di fronte all’essenziale. “Nel silenzio è insito un meraviglioso potere di osservazione, di chiarificazione, di concentrazione sulle cose essenziali” (Dietrich Bonhoeffer).
 

Il silenzio è custode dell’interiorità in quanto ci conduce da una dimensione primaria e “negativa” di sobrietà, di­sciplina nel parlare o addirittura di astensione da parole, a un livello più profondo, di intensa vita spirituale: cioè al far tacere i pensieri, le immagini, le ribellioni, i giu­dizi, le mormorazioni che nascono nel cuore. È il difficile  ........




sabato 6 dicembre 2014

RISCOPRIRE LA SOBRIETA'

L'antidoto
 a una 
società 
senza desideri 
è 
"riscoprire l'antica sobrietà"

Durante il convegno organizzato da Cism e Usmi 'Con papa Francesco verso le periferie della storia', Giuseppe De Rita, presidente del Censis, ha tracciato un profilo della società odierna

 (Zenit.org) - “Siamo di fronte ad una complessiva caduta delle aspettative, più drammatica delle sacche di povertà, che sono controllabili”. Lo spiega nel suo intervento “Speranza e prospettive oltre la crisi” al convegno promosso da CISM e USMI, Con papa Francesco verso le periferie della storia, il dott. Giuseppe De Rita, presidente del Censis.  “Una società che non ha aspettative si siede, rinuncia a sperare ed è più pericolosa di un gruppo di famiglie che non arriva a fine mese. Milioni di persone non si muovono. Mettono da parte i soldi, spesso anche contanti". Analogo il comportamento delle imprese, che “restano liquide e non fanno investimenti”.  “L’ imprenditore italiano è invecchiato - ha aggiunto De Rita -. Ha sessant'anni di media ma soprattutto non ha mercato. Solo un terzo esporta, lavora e vive all'estero, andando incontro ad un mercato che cresce”.
Da qui emerge il profilo di una società statica - “più preoccupante di una depressione” - che chiama la deflazione: dei figli, degli acquisti… Una mancanza di aspettative che determina una società con tutti  i vizi ”perché antropologicamente difficile, piena di narcisismi, egoismi, cinismo, che comunica a se stessa con selfietwitterfacebook”.
Il rapporto con l'altro deve tener presente questa situazione per innescare crescita e dialogo comune. Una società del genere nasce perché mancano desideri e per eccesso di benessere:  “non si desiderano case, vestiti, figli, è diminuito anche il desiderio sessuale. Tutto ciò ha origine da un cambiamento antropologico – sottolinea ancora De Rita - comunichiamo il nulla, tra esaltazione dell’evento - che rende impossibile comprendere la società o qualcosa di se stessi - ed egocentrismo di chi lo vive, massificante, evirante, che brucia desideri, speranze , aspettative e genera disagio”.
In sintesi, “ siamo affidati economicamente al mercato e socialmente a noi stessi. Ma - ricorda  - mercato e meccanismo individuale generano diseguaglianze frutto del capitalismo maturo che producono rabbia e tensioni sociali. Non è la povertà di indigenza che ci aspetta ma l'aumento delle tensioni”.
E la speranza?  “Dal punto di vista sociologico va usata il meno possibile perché non ha una consistenza reale. Il rapporto tra desiderio e speranza è interconnesso. Speranza è orizzonte, progressione verso, cultura di sviluppo, qualcosa di sovrannaturale, viene dal profondo. È necessario - conclude - riportare la società all'antica sobrietà e dirlo non al singolo ma alla comunità”.

Tratto da Zenit – www.zenit.org