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martedì 26 novembre 2024

IL MARE DELLA NOSTRA VERGOGNA

 



- di ENZO BIANCHI


Non è solo per fuggire il freddo che giunto l’inverno sento il bisogno di andare al mare, non per immergermi nelle sue acque, ma per lasciare che il mare catturi il mio animo, il mio intimo, e diventi oggetto di una silenziosa e pacata contemplazione.

 Amo molto sostare al mare in questa stagione in cui i paesi rivieraschi sono solitari, senza turisti e senza vacanzieri. Le passeggiate sul lungomare sono deserte, e ancor più le spiagge, e i nostri occhi sono attratti solo dal mare, sempre diverso perché cambia la luce e il suo movimento si ripete, ma in modo differente, e i suoi colori stupiscono: il blu cupo, quasi nero, a volte diventa un azzurro malachite o un verde trasparente che permette di vedere i fondali.

Si dovrebbe parlare di “mari”, al plurale: il mar Ligure, dove vado più di frequente, è blu scuro e sbatte le sue onde contro le rocce; il mare della Costa Rei, con le sue acque cerulee; il mare di Santorini, dove ci si inebria di luce, ma che diventa al tramonto argentato, poi roseo, poi violaceo e infine nero.

 Ma oltre ai colori ci raggiungono i movimenti del mare che a volte sembrano un gioco, quasi a rivelare la natura giocosa dell’universo: flusso e riflusso, inspirare e espirare con le onde più o meno bianche che anche se muggiscono non rompono il silenzio. Arriva anche la bonaccia e il mare diventa liscio come l’olio, l’orizzonte lontano si staglia netto, a lasciarci intravvedere l’infinito e a spingerci a discernere l’invisibile...

 Sì, mi è sempre parso che il mare sappia raccontare il mio intimo più del cielo e della terra, perché conosce una grammatica dei sentimenti del cuore più precisa delle parole che io possiedo per descriverli: la pace silenziosa che permette di abitare con se stessi nella sobria ebbrezza del vivere in buone relazioni d’amore, l’ansia che a volte coglie e diventa il turbamento serale, lo scatenarsi della rivolta e della protesta quando si fa ingrato il mestiere di vivere.

 Certamente il mare che contemplo e amo è il Mediterraneo: “mare nostrum” dicevano i romani, “mare bianco” dicono gli arabi.

 È il mare che secondo Basilio di Cesarea ha la vocazione di essere ponte tra terre e culture differenti.

 È il mare in mezzo a terre i cui abitanti si sono scontrati e mescolati fin dall’antichità, ma che oggi è attraversato da disperati che lasciano il Sud del mondo in cerca di pane, perché il pane non è mai andato e non va verso i poveri.

 Molti di questi uomini, donne, bambini, non conoscono neanche il nome di questo mare: lo scoprono mentre cercano di fuggire da dove sono nati e cresciuti per recarsi in terre che sono per loro promessa.

 Poi scoprono che si tratta di miraggi e sperimentano il Mediterraneo come nemico. Quante “carrette del mare” si sono inabissate! Fernard Braudel ha scritto: “Il Mediterraneo è ciò che ne fanno gli uomini”, e noi constatiamo che ne abbiamo fatto un cimitero. È il mare che guardandolo ci deve ispirare anche vergogna e far sentire quanto siamo complici dell’ingiustizia dominante. 

Mare nostro, della nostra vergogna.

alzogliocchiversoilcielo

 Immagine

 

                

sabato 23 settembre 2023

IL MEDITERRANEO GRIDA GIUSTIZIA


Il Papa: chi rischia la vita in mare non invade, cerca vita. 

 Francesco conclude i Rencontres Méditerranéennes a Marsiglia e dinanzi a vescovi, politici, giovani e al presidente francese Macron si fa voce del "grido soffocato" di tanti migranti: "'Coloro che si rifugiano da noi non vanno visti come un peso da portare, ma come doni''. Il Pontefice chiede di regolare il fenomeno migratorio con responsabilità europea: "No a propagande allarmiste, serve un'accoglienza equa secondo le possibilità". Appello contro l'eutanasia: "Non è una morte dolce ma salata"

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-         di Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano

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C’è un grido di dolore che più di tutti risuona, e che sta tramutando il Mare Nostrum in Mare Mortuum, il Mediterraneo da culla della civiltà a tomba della dignità. È il grido soffocato dei fratelli e delle sorelle migranti…”.

 Francesco è seduto su una poltrona bianca al centro del palco allestito nel Palais du Pharo di Marsiglia e, seppur con un tono di voce simile a un sussurro, fa risuonare potente la voce della moltitudine di “poveri” che oggi abitano l’Europa: rifugiati, profughi, migranti, ma anche anziani soli, famiglie impaurite, bambini non nati. A questo appello accompagna la denuncia di “campagne allarmiste”, “retoriche fondamentaliste” e “nazionalismi antiquati e belligeranti vogliono far tramontare il sogno della comunità delle nazioni”. Comunità alla quale il Vescovo di Roma lancia un appello in questi giorni di sbarchi incontrollati, in questi anni di continui naufragi.

 Contro la terribile piaga dello sfruttamento di esseri umani, la soluzione non è respingere, ma assicurare, secondo le possibilità di ciascuno, un ampio numero di ingressi legali e regolari, sostenibili grazie a un'accoglienza equa da parte del continente europeo, nel contesto di una collaborazione con i Paesi d'origine

 Presente il presidente Macron

Papa Francesco conclude i Rencontres Méditerranéennes, l’evento che prosegue il cammino di Bari (2020) e Firenze (2022) che gli ha dato l'occasione di visitare questa città meridionale della Francia che definisce "sorriso del Mediterraneo" e "capitale dell’integrazione dei popoli". Intorno a lui ci sono i vescovi delle cinque sponde del Mediterraneo; nel parterre sindaci e autorità delle città e dei territori bagnati dal mare. In prima fila sono seduti il presidente Emmanuel Macron e la moglie Brigitte, che lo hanno salutato all’ingresso e che applaudono ascoltando passaggi del discorso.

 Mediterraneo, specchio del mondo

Discorso lungo, corposo, intervallato da citazioni di Paolo VI, La Pira, Pascal, don Tonino Bello. Gli occhi sono sui fogli, ma lo sguardo è sul mare, quello che si estende maestoso fuori dal Palais, situato sul promontorio del Pharo che domina il Porto Vecchio. Un mare, il Mediterraneo, il mare nostrum, crocevia tra Nord e Sud, tra Est e Ovest, che “concentra le sfide del mondo intero, come testimoniano le sue ‘cinque rive’”: Nord Africa, vicino Oriente, Mar Nero-Egeo, Balcani ed Europa latina.

Questo mare, ambiente che offre un approccio unico alla complessità, è “specchio del mondo” e porta in sé una vocazione globale alla fraternità, unica via per prevenire e superare le conflittualità.

 Culla di civiltà

Il Papa ricorda la storia di queste acque e ribadisce il sogno che, oggi come allora, il Mediterraneo torni ad essere “culla di civiltà”, “laboratorio di pace”, faro in questo “odierno mare dei conflitti”.

 Questa è la sua vocazione, essere luogo dove Paesi e realtà diverse si incontrino sulla base dell’umanità che tutti condividiamo, non delle ideologie che contrappongono.

 “Quanto ne abbiamo bisogno nel frangente attuale, dove nazionalismi antiquati e belligeranti vogliono far tramontare il sogno della comunità delle nazioni!”, esclama Papa Francesco: "Ma – ricordiamolo – con le armi si fa la guerra, non la pace, e con l’avidità di potere si torna al passato, non si costruisce il futuro".

 Iniziare dai poveri

Da dove iniziare per radicare la pace? Anzitutto da quelli che Cristo ha indicato come i “privilegiati”: i poveri. “Sono volti, non numeri”, rimarca il Papa. “Il cambio di passo delle nostre comunità sta nel trattarli come fratelli di cui conoscere le storie, non come problemi fastidiosi; sta nell’accoglierli, non nel nasconderli; nell’integrarli, non nello sgomberarli; nel dar loro dignità”.

 Oggi il mare della convivenza umana è inquinato dalla precarietà, che ferisce pure la splendida Marsiglia. E dove c’è precarietà c’è criminalità: dove c’è povertà materiale, educativa, lavorativa, culturale e religiosa, il terreno delle mafie e dei traffici illeciti è spianato.

 Sussulto di coscienza

“L’impegno delle sole istituzioni non basta”, afferma il Papa, ciò che serve è “un sussulto di coscienza per dire ‘no’ all’illegalità e ‘sì’ alla solidarietà, che non è una goccia nel mare, ma l’elemento indispensabile per purificarne le acque”. Il “vero male sociale”, infatti, “non è tanto la crescita dei problemi, ma la decrescita della cura”, ammonisce Francesco. Esorta alla vicinanza, allora, a tutti quei “giovani lasciati a sé stessi, facili prede della criminalità e della prostituzione”, alle “persone schiavizzate” dal lavoro, alle “famiglie impaurite, timorose del futuro e di mettere al mondo nuove creature”. Invita ad ascoltare il “gemito degli anziani soli”, “parcheggiati” in qualche struttura o “con la prospettiva falsamente dignitosa di una morte dolce, in realtà più salata delle acque del mare”. Incita a non dimenticare i “bambini non nati, rifiutati in nome di un falso diritto al progresso, che è invece regresso nei bisogni dell’individuo”.

 Le grida di dolore da Nord Africa e Medio Oriente

Dinanzi a questo panorama di sofferenze, il Pontefice sposta poi il focus sulla questione migratoria: “Chi – domanda - guarda con compassione oltre la propria riva per ascoltare le grida di dolore che si levano dal Nord Africa e dal Medio Oriente?”.

Quanta gente vive immersa nella violenza e patisce situazioni di ingiustizia e di persecuzione! Penso a tanti cristiani, spesso costretti a lasciare le loro terre oppure ad abitarle senza veder riconosciuti i loro diritti, senza godere di piena cittadinanza. Per favore, impegniamoci perché quanti fanno parte della società possano diventarne cittadini a pieno diritto.

 Porti chiusi

Il Vescovo di Roma si sofferma sull’immagine del porto. Oggi, osserva con dolore, “vari porti mediterranei si sono chiusi”, a causa anche di due parole che sono risuonate “alimentando le paure della gente”: “Invasione” ed “emergenza”.

 Chi rischia la vita in mare non invade, cerca accoglienza, cerca vita. Quanto all’emergenza, il fenomeno migratorio non è tanto un’urgenza momentanea, sempre buona per far divampare propagande allarmiste, ma un dato di fatto dei nostri tempi, un processo che coinvolge attorno al Mediterraneo tre continenti e che va governato con sapiente lungimiranza: con una responsabilità europea in grado di fronteggiare le obiettive difficoltà.

 La sponda dell'opulenza e quella della precarietà

Il Papa indica la mappa alle sue spalle e guarda “i porti privilegiati per i migranti: Cipro, Grecia, Italia, Malta, Spagna”. “Il mare nostrum grida giustizia, con le sue sponde che da un lato trasudano opulenza, consumismo e spreco, mentre dall’altro vi sono povertà e precarietà”, scandisce Francesco. E anche qui il Mediterraneo rispecchia il mondo, “con il Sud che si volge al Nord, con tanti Paesi in via di sviluppo, afflitti da instabilità, regimi, guerre e desertificazione, che guardano a quelli benestanti, in un mondo globalizzato nel quale tutti siamo connessi ma i divari non sono mai stati così profondi”.

 La profezia di Paolo VI

Eppure, “questa situazione non è una novità degli ultimi anni, e non è questo Papa venuto dall’altra parte del mondo il primo ad avvertirla con urgenza e preoccupazione. La Chiesa ne parla con toni accorati da più di cinquant’anni”, rammenta Jorge Mario Bergoglio. Cita allora Paolo VI e la Populorum progressio con il suo appello a favore dei "popoli della fame” che interpellano “i popoli dell’opulenza”, chiamati a “tre doveri”: il “dovere di solidarietà”, “il dovere di giustizia sociale”, il “dovere di carità universale”. Certo, ammette Papa Bergoglio, “sono sotto gli occhi di tutti le difficoltà nell’accogliere, proteggere, promuovere e integrare persone non attese, però il criterio principale non può essere il mantenimento del proprio benessere, bensì la salvaguardia della dignità umana”.

 Coloro che si rifugiano da noi non vanno visti come un peso da portare: se li consideriamo fratelli, ci appariranno soprattutto come doni.

 Prevenire il naufragio di civiltà

L’invito è allora a lasciarsi “toccare dalla storia di tanti nostri fratelli e sorelle in difficoltà, che hanno il diritto sia di emigrare sia di non emigrare”, e non chiudersi “nell’indifferenza”. “La storia ci interpella a un sussulto di coscienza per prevenire un naufragio di civiltà”, ammonisce il Pontefice. “Il futuro, infatti, non sarà nella chiusura, che è un ritorno al passato, un’inversione di marcia nel cammino della storia”. Dire “basta”, è “chiudere gli occhi”, avverte ancora; tentare ora di “salvare sé stessi”, “si tramuterà in tragedia domani, quando le future generazioni ci ringrazieranno se avremo saputo creare le condizioni per un’imprescindibile integrazione, mentre ci incolperanno se avremo favorito soltanto sterili assimilazioni”.

 Integrazione faticosa ma lungimirante

L’integrazione dei migranti allora “è faticosa, ma lungimirante”, mentre l’assimilazione, “che non tiene conto delle differenze e resta rigida nei propri paradigmi”, fa “prevalere l’idea sulla realtà e compromette l’avvenire, aumentando le distanze e provocando la ghettizzazione, che fa divampare ostilità e insofferenze”.

 Il ruolo della Chiesa

Il Papa si rivolge alla Chiesa, a cui ricorda la sua vocazione alla carità, la fulgida testimonianza di santi come Charles de Foucauld, il Vangelo che è “la magna charta della pastorale”. La Chiesa non è né “dogana”, né “condominio di prescrizioni”, dice il Pontefice.

Non possiamo accettare che le vie dell’incontro siano chiuse, che la verità del dio denaro prevalga sulla dignità dell’uomo, che la vita si tramuti in morte!

 I giovani e le università

Un pensiero va infine ai giovani, “luce che indica la rotta futura”. Marsiglia, grande città universitaria, sede di quattro campus dei quali circa 5 mila studenti su 35 mila sono stranieri, è esempio di come le università possano essere luogo per “tessere i rapporti tra le culture”, costruire il futuro, abbattere pregiudizi, sanare le ferite.

 Le università mediterranee siano laboratori di sogni e cantieri di futuro, dove i giovani maturino incontrandosi, conoscendosi e scoprendo culture e contesti vicini e diversi al tempo stesso.

Una teologia mediterranea

“Giovani ben formati e orientati a fraternizzare potranno aprire porte insperate di dialogo”, è l’auspicio del Papa che invoca pure una “teologia mediterranea” in grado di "unire le generazioni legando memoria e futuro" e "promuovere con originalità il cammino ecumenico tra i cristiani e il dialogo tra credenti di religioni diverse”.

Faro di pace per fendere gli abissi della violenza

Ringraziando per la “pazienza dell’ascolto”, il Papa si dice infine contento di essere a Marsiglia: “Una volta il presidente (Macron, ndr) mi ha invitato a visitare la Francia e mi ha detto così: l’importante è che venga a Marsiglia”. Poi fa un invito a tutti: vescovi e politici, sindaci e missionari, giovani e anziani:

 Siate porto accogliente, per abbracciare chi cerca un futuro migliore. Siate faro di pace, per fendere, attraverso la cultura dell’incontro, gli abissi tenebrosi della violenza e della guerra.

  Vatican News

DISCORSO DEL PAPA

 

 

 

lunedì 16 maggio 2022

MEDITERRANEO#DIALOGO#PACE


 MEDITERRANEO#DIALOGO#PACE

Il 13 maggio, a Roma, presso il Dipartimento di Sociologia di ROMA TRE si è tenuta la Conferenza “Il Mediterraneo e la Carta di Firenze 2022

L’intuizione di Giorgio La Pira e l’attenzione della Chiesa universale per una Teologia del Mediterraneo, che ha portato Papa Francesco nel 2019 a Abu Dhabi  (Fratellanza Umana per la Pace Mondiale) e poi a Napoli, al Convegno “La Teologia dopo Veritatis Gaudium nel contesto del Mediterraneo”, e, ancora, agli incontri di Bari e quello recente di Firenze hanno spinto ACLI, AIDU, l’Azione Cattolica, MEIC, CVX, FUCI, Rete It. Dialogo Euro-mediterraneo, Retinopera, UCIIM a farsi carico di divulgare nell’ambito laicale questa straordinaria elaborazione: essere attiva catena di trasmissione e volano per una moderna cultura per le Genti mediterranee e non solo. Al Gruppo si sono aggiunte anche: Associazione Vivere Insieme, AIMC, AGESCI, UCAI, UMEC-WUCT, raggiungendo così il numero di 13 Associazioni cattoliche.

Si è creato un gruppo operativo e permanente tra le Associazioni promotrici: “Gruppo Sinodale per la Promozione del Dialogo Multilaterale Mediterraneo” per rendere sempre più vicino agli Uomini e Donne di buona volontà questa poliedrica realtà mediterranea e creare un cammino concreto di dialogo, che corrisponda alle istanze religiose, sociali e politiche delle popolazioni mditerranee: oggi, ancora più che mai, quando alla periferia orientale dell’Area è scoppiata una terribile e sanguinosa guerra, che potrà terminare solo attraverso un dialogo, sincero e costruttivo e si è sottoscritto

il MANIFESTOPER IL MEDITERRANEO, che si allega.

Il Manifesto è stato, poi, consegnato a fine incontro ai giovani del Liceo “John von Neumann” di Roma, quale simbolica consegna del messaggio alle giovani Generazioni.


MANIFESTO





venerdì 6 maggio 2022

MEDITERRANEO, DIALOGO, PACE


MEDITERRANEO

#DIALOGO#PACE

“Il Mediterraneo è proprio il mare del meticciato, un mare geograficamente chiuso rispetto agli oceani, ma culturalmente sempre aperto all’incontro, al dialogo e alla reciproca inculturazione. Nondimeno vi è bisogno di narrazioni rinnovate e condivise che - a partire dall’ascolto delle radici e del presente - parlino al cuore delle persone, narrazioni in cui sia possibile riconoscersi in maniera costruttiva, pacifica e generatrice di speranza”. Questo ci insegna la relazione di Papa Francesco al Convegno “La Teologia dopo la Veritatis Gaudium nel contesto del Mediterraneo” svoltosi a Napoli nel 2019.

Il Mediterraneo è il mare attorno a cui si sono concentrate e alternate diverse e numerose civiltà che hanno contribuito al progresso dell'umanità dall’antichità ad oggi. Ma da qui prendono le mosse anche le tre grandi religioni monoteiste e l’ampia varietà di lingue, culture, contatti umani e migrazioni, senza dimenticare le aspre rivalità tra le diverse potenze.

Il Mediterraneo è mare tra le terre, ma anche tra gli oceani: Medioceano, tanto delimitato nella sua definizione geografica, quanto flessibile come sistema integrato fino a includere il Mar Nero, il Mar Rosso e le sponde atlantiche sia della Penisola Iberica, che del Nord Africa.

A questa grande realtà, in cui l’Italia riconosce le sue radici profonde, Papa Francesco ha posto da anni domande come sempre radicali:• Come custodirci a vicenda nell’unica famiglia umana in questa magnifica realtà dell’area mediterranea?

• Come alimentare una convivenza, reciprocamente tollerante e pacifica, per una fraternità autentica lungo le terre, che il Mediterraneo bacia? C’è bisogno di impegno, generoso e responsabile, di ascolto, studio e dialogo per promuovere processi di pace, fratellanza e giustizia e promozione umana.

È questo l’impegno che il Gruppo Sinodale per la Promozione del Dialogo  Multilaterale Mediterraneo assume nel nostro Paese quale esempio nel  mondo, tanto più in un momento in cui ai confini europei è in atto una guerra  feroce e dai tempi imprevedibili.

La storia ci dice che la pace si ottiene preparando il dialogo, non la guerra. Si tratta, allora, di camminare insieme per instaurare quella fraternità universale che corrisponde alla grandezza della vocazione umana (cfr. Gaudium et spes, 3), coltivando l’anima delle comunità umane attraverso il dialogo, per accrescerne la forza. E ciò senza trascurare la testimonianza che si fa preghiera per costruire  armonia tra le genti e le differenze.

Il Mediterraneo deve tornare ad essere fermento e crocevia di pace. La pace è frutto del paziente e inarrestabile fluire dello spirito, della pratica di collaborazione tra i popoli, della capacità di passare dallo scontro e dalla corsa agli armamenti, al dialogo, al controllo e alla riduzione bilanciata delle armi di aggressione.

Saremo pazienti e tenaci nel costruire pace, armonia e fiducia tra i popoli, come sfida di ostinata fede verso una visione salvifica dell’umanità. Questo è l’itinerario del Gruppo che oggi vogliamo intraprendere tutti insieme, forti della nostra fede e consapevoli della speranza che i venti caldi del Sud spirino Pace.

 

Roma, maggio 2022

venerdì 3 dicembre 2021

PER UN MEDITERRANEO PACIFICO

Francesco: nel Mediterraneo Stati e continenti non si ignorino

Rivolgendo un messaggio a quanti partecipano  alla VII Conferenza Rome MED Dialogues, promossa anche dalla Farnesina, il Papa rilancia il suo auspicio di un dialogo politico fruttuoso intorno al Mare nostrum, crocevia fondamentale ma minacciato dalla globalizzazione dell'indifferenza. "Che i vostri dialoghi possano trarre ispirazione dai colloqui mediterranei inaugurati da Giorgio La Pira"

Gabriella Ceraso - Città del Vaticano 

Ripensare l’approccio tradizionale all’area del Mediterraneo e cercare risposte nuove e condivise alle importanti sfide che essa pone. Su questo tema ha preso il via oggi a Roma la VII Conferenza Rome MED Dialogues, promossa annualmente dal Ministero italiano per gli Affari Esteri e la Cooperazione Internazionale e dall’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale. Francesco - impegnato in questi giorni nel Viaggio apostolico a Cipro e in Grecia - fa giungere il suo saluto in un messaggio in cui guarda al Mare nostrum, toccando i temi che lo coinvolgono di più oggi, la globalizzazione, le migrazioni e il ruolo della Chiesa. Forte risuona il suo auspicio - "nessuno dev'essere lasciato solo" - e diretto il riferimento alla visione che di quel mare aveva Giorgio La Pira, sindaco di Firenze dal 1951 al 1965 e instancabile costruttore di pace e carità cristiana, ovvero "un grande lago di Tiberiade".

Chiamati a convivere: l'impegno di politica e diplomazia 

Il grande spazio del Mare nostrum è - scrive Francesco - ancora oggi "un luogo di frontiera, e quindi di incontro, di tre continenti, che non solo ne sono bagnati, ma che in esso si toccano l’un l’altro e sono quindi chiamati a convivere". E il Mediterraneo in questo è specchio di tutto il Pianeta, "casa comune" in cui nessuno può essere indipendente. Lo stesso concetto di indipendenza muta "pericolosamente", avverte il Papa: da autonomia, da ingerenze e occupazioni come è stato inteso nel passato, è oggi legato ai concetti di "indifferenza” e “disinteresse” verso le sorti degli altri popoli. E a contrastare questa realtà il Papa richiama, oggi più che mai, politica e diplomazia perché appunto "facciano tutto il possibile per impedire che il processo di globalizzazione degeneri nella globalizzazione dell’indifferenza.

Tutte le risorse e tutte le potenzialità di questo mare necessitano di un approccio nuovo, non individuale ed egoistico, ma congiunto e condiviso tra i Paesi che su di esso si affacciano, e anche tra quelli che non confinano con esso ma che dalle politiche mediterranee sono interessati a diversi effetti. Un approccio capace di distendere i molteplici conflitti regionali che si sviluppano sulla superficie, nei fondali e ai bordi del mare, e che dal mare si estendono nei continenti.

Le migrazioni: servono politiche lungimiranti

Tra i diversi problemi che attraversano il Mediterraneo e che "esigono una lungimirante visione politica", urgente è quello migratorio che - il Papa confessa - "mi è sempre stato a cuore" e che lo ha mosso al primo viaggio apostolico nell’isola di Lampedusa, nel 2013. Quanto accade  in questi anni conferma la necessità di un intervento nato da uno sforzo congiunto che non si limiti ai Paesi frontalieri ma sia condiviso dai rispettivi continenti di appartenenza:

Nessuno dev’essere lasciato solo nella gestione di questo enorme problema. Tutti devono sentirsi responsabili, perché tutti sono, in realtà responsabili, come ci ricorda, all’inizio della Bibbia, la domanda rivolta da Dio a Caino: “Dov’è tuo fratello?” Il fenomeno migratorio ci dimostra una volta ancora che tutto è connesso e ci avverte che una soluzione stabile richiede un approccio capace di tenere conto dei tanti aspetti ad esso collegati, e che i dialoghi di questa Conferenza possono mettere in luce.

La Chiesa nel Mediterraneo e il sogno di La Pira

Con i governi, gli Stati e i continenti, al Mediterraneo guarda con attenzione anche la Chiesa e il Papa lo ricorda citando l'incontro "fruttuoso" dell’anno scorso a Bari, “Mediterraneo frontiera di pace”, promosso dalla Conferenza Episcopale Italiana, con i vescovi di ben venti Paesi affacciati sul Mare nostrum, e il prossimo appuntamento a Firenze nel 2022:

Mi piace pensare che non solo questi incontri ecclesiali, ma anche i vostri dialoghi sul Mediterraneo possano trarre ispirazione dai “colloqui mediterranei” inaugurati da Giorgio La Pira, tra gli anni ’50 e ’60 del secolo scorso, che tanto avevano avvicinato le opposte sponde del mare inaugurando la politica del dialogo intorno a quello che La Pira considerava, in una visione di fede, come “un grande lago di Tiberiade”.

 

Vatican News

 

 


giovedì 28 giugno 2018

I FATTI DEL MEDITERRANEO CI INTERPELLANO

Nella sessione del Consiglio Pastorale Diocesano, riunito per svolgere il ruolo di assemblea sinodale per il Sinodo Minore “La chiesa dalle genti. Responsabilità e prospettive”, è emerso un condiviso disagio per vicende su cui la cronaca quotidiana attira l’attenzione e suscita emozioni e reazioni in tutti gli italiani.
 
Che cosa sta succedendo nel Mediterraneo, in Italia e in Europa? I cristiani che sono cittadini italiani vorrebbero sapere, vorrebbero capire. Può bastare un titolo di giornale per leggere una situazione? Può bastare uno slogan per giustificare una decisione? Pensiamo di aver diritto a una informazione comprensibile, pacata, argomentata.
 
Quello che succede, nel Mediterraneo, in Italia e in Europa può lasciare indifferenti i cristiani? Possono i cristiani stare tranquilli e ignorare i drammi che si svolgono sotto i loro occhi? Possono coloro che partecipano alla Messa della domenica essere muti e sordi di fronte al dramma di tanti poveri, che sono, per i discepoli del Signore, fratelli e sorelle?
 
Gli innumerevoli gesti di solidarietà, la straordinaria generosità delle nostre comunità può consentire di «avere la coscienza a posto» mentre intorno a noi c’è gente che soffre troppo, che fa troppa fatica, che paga a troppo caro prezzo una speranza di libertà e di benessere?
 
Di fronte al fenomeno tanto complesso della mobilità umana, delle migrazioni, delle tragedie che convincono ad affrontare qualsiasi pericolo e sofferenza pur di scappare dal proprio paese, la comunità internazionale, l’Europa, l’Italia possono rassegnarsi all’impotenza, a interventi maldestri, a logorarsi in discussioni e contenziosi, mentre uomini e donne, bambini e bambine muoiono in mare, vittime di mercanti di esseri umani?

I governanti che i cittadini italiani hanno eletto possono sottrarsi al compito di spiegare quello che stanno facendo, di argomentare di fronte ai cittadini il loro progetto politico, che onori la Costituzione, la tradizione del popolo italiano, i sentimenti della nostra gente?
Ecco: il Consiglio Pastorale Diocesano insieme con il Vescovo vuole condividere il disagio che prova, le domande che sorgono, l’urgenza di interventi, iniziative, parole che dicano speranze di futuro e passi di civiltà.

Vorremmo che nessuno rimanga indifferente, che nessuno dorma tranquillo, che nessuno si sottragga a una preghiera, che nessuno declini le sue responsabilità.
 
 Il consiglio pastorale diocesano di Milano con l’arcivescovo mons. Mario Delpini
 
(articolo tratto da www.chiesadimilano.it)