E GUARDARE LONTANO
-di
Giuseppe Savagnone*
Il
balzo in avanti dei consensi (un milione e ottocentomila voti!) che il partito
democratico ha registrato, secondo tutti i sondaggi, all’indomani dell’elezione
di Elly Schlein alla segreteria, premia senza dubbio una scelta coraggiosa di
rinnovamento che la figura della nuova segretaria sembra impersonare, non solo
per la sua giovane età, ma anche per una “storia” personale che la colloca al
di fuori delle logiche burocratiche dell’apparato del PD e la rende felicemente
“alternativa”.
E
ce n’era davvero bisogno, in una struttura partitica che da troppo tempo
sembrava aver perso la carica innovativa delle origini e appariva a molti più
la garante dell’esistente che non la promotrice del cambiamento. Significativo
il suo declino elettorale, sia a livello nazionale che nelle ultime elezioni
regionali, caratterizzate da un dilagante astensionismo – sei elettori su
dieci! – che tutto lascia pensare abbia riguardato soprattutto l’elettorato di
sinistra.
Già
nella tornata elettorale del 2018 gli italiani avevano cercato altrove – nei
5stelle soprattutto – chi potesse far sperare in un rinnovamento radicale (che
poi non c’è stato). Ora, dopo le delusioni di queste aspettative, si sono
rivolti a un partito come Fratelli d’Italia (l’unico vero vincitore, stando al
responso delle urne) e a un volto nuovo, com’era Giorgia Meloni, preferendo
correre il rischio della novità che la certezza della routine.
È
questa voglia di uno stacco dal passato che probabilmente ha giocato un ruolo
decisivo anche nell’ascesa della Schlein. E lei ha subito corrisposto a questa
istanza della base assumendo atteggiamenti ben più dinamici di quelli a cui ci
avevano abituato gli ultimi segretari del PD e interpretando con maggiore
decisione il suo ruolo di leader
dell’opposizione.
È
in questo contesto che si colloca anche la partecipazione, a Milano, alla
manifestazione di protesta contro le restrizioni imposte dal nuovo governo alla
registrazione dei figli delle coppie gay.
Problemi
di stile
Ma
proprio quest’ultima mossa, insieme all’annuncio di una prossima proposta di
legge del PD per riconoscere i diritti delle famiglie omogenitoriali, ha suscitato
una serie di riserve non solo e non tanto da parte della destra, quanto di
personalità della stessa sinistra e di osservatori indipendenti.
Alcune
di queste riserve si riferiscono al metodo. È il caso dei bonari, ma espliciti,
avvertimenti provenienti dal “padre nobile” del PD, Romano Prodi, alla nuova
segretaria: «Se riduciamo tutto a una piazza finiamo male», ha detto l’anziano
leader. Ricordando che «la piazza è
anche un modo di rincuorare, è un modo di stare insieme, è importante. Ma guai
alla piazza sola».
Sono
in gioco i diritti dei bambini o i desideri degli adulti?
Ma
i problemi sollevati dalla presa di posizione della Schlein sono soprattutto
quelli che riguardano il merito della sua iniziativa. La manifestazione di
Milano ha avuto come bandiera la difesa dei diritti dei bambini delle coppie
omogenitoriali. «Contro questi bambini e bambine crudelmente si sono scagliati
coloro che oggi governano il paese, ma sono bimbi come tutti», ha detto la
segretaria del PD al termine.
Il
punto è che, per quanto riguarda i bambini già nati da queste coppie esiste una
sentenza della Corte costituzionale che prevede la possibilità della cosiddetta
step child adoption, l’«adozione in casi particolari», che, scavalcando tutti i
criteri a cui devono sottostare normalmente le coppie eterosessuali, consente
al giudice di dare in adozione un bambino anche in situazioni che non avrebbero
consentito di giungere all’adozione piena, per tutelare il diritto del minore
alla famiglia.
Sul
terreno di una ragionevole sanatoria delle situazioni già in atto si possono
naturalmente fare ulteriori passi, ma non è quello che chiedevano i
manifestanti di Milano e a cui mira la segretaria del PD. Ciò che essi vogliono
è piuttosto che sia garantito anche per il futuro un regime di automatica
trascrizione delle genitorialità riconosciute all’estero, anche quando siano
realizzate in forme contrarie alle leggi del nostro paese, com’è la maternità
surrogata o “gravidanza per altri” (Gpa), una pratica vietata in Italia ma
permessa in altri paesi, tra cui alcuni aderenti alla UE, anche se in questi
ultimi solo a titolo gratuito.
Il
problema riguarda dunque i bambini che ancora non sono nati (anzi, neppure
concepiti) o, per essere più precisi, le coppie di adulti – siano esse omo o
eterosessuali – intenzionate ad averli ricorrendo a questa pratica. È a
tutelare queste coppie, non i figli (che ancora non ci sono), che è
evidentemente volta la proposta di legge annunciata dalla Schlein.
E
quando si parla di “diritti”, non si parla di quelli indiscutibili (e
indiscussi) dei bambini, ma di quelli, più problematici, degli aspiranti
genitori, per cui vale evidentemente la logica oggi dominante secondo cui ogni
desiderio viene trasformato automaticamente in un bisogno, ogni bisogno in una
pretesa, ogni pretesa in un diritto.
Ora,
come ha notato una nota femminista, Luisa Muraro, «non esiste un diritto di
avere figli a tutti i costi», anche se «ce lo vogliono far credere». E il più
che legittimo desiderio di averne non può essere realizzato attraverso una
pratica che, per usare le parole di un’altra femminista militante, Sylviane
Agacinski, tratta «una donna come un
mezzo di produzione di bambini» e che implica inevitabilmente «relazioni economiche
sempre diseguali», tra un committente ricco e una donna che per denaro accetta
di far crescere dentro di sé un bambino – stabilendo con lui quell’intimo
rapporto che ogni gravidanza comporta, per poi essere obbligata a separarsene.
Il
corpo in vendita
A
questo punto si dovrebbe legittimare anche la vendita degli organi, magari
invocando i “diritti” degli acquirenti ad essere sani. La verità è che la
maternità surrogata o Gpa, la si chiami come si vuole, è la forma più estrema
di mercificazione del corpo umano e l’ultimo atto di un neocapitalismo che, con
essa, assoggetta alla logica mercantile perfino l’evento profondamente umano
della maternità.
Che
poi, in qualche paese, sulla carta ciò venga subordinato alla condizione della
gratuità è, come è stato detto a chiare lettere da una sostenitrice di questa
pratica, solo «una grande menzogna»: «desiderare una Gpa altruistica e senza
scambi di denaro non solo è mostrare di vivere al di là del mondo reale, ma è
anche un’opzione estremamente pericolosa: è solo dare l’opportunità ai
delinquenti e criminali di ogni genere di schiavizzare davvero le donne e usare
i loro grembi a fine di lucro».
Essere
o avere?
In
realtà, la nuova battaglia in cui Elly Schlein sta imbarcando il Partito
Democratico non è affatto, contrariamente a quanto continuano a sostenere i
giornali di destra, una forma di estremismo di sinistra. A dire il vero non è
neppure una vera svolta nella linea di questo partito, che da molto tempo,
ormai, si occupa molto più dei cosiddetti “diritti” individuali che delle
questioni legate alla giustizia sociale.
Una
linea che ha alle spalle una visione rigorosamente “di destra”, che si ispira
alla definizione data da uno dei padri dell’ideologia liberale, il filosofo del
Seicento John Locke, il quale propose di sostituire il concetto medievale di
persona, caratterizzato dall’ “essere”, con uno fondato invece sull’ “avere”.
“Persona”
vorrebbe dire, secondo lui, essere proprietari di se stessi, del proprio corpo,
delle proprie facoltà, del proprio lavoro e poterli perciò dare liberamente in
vendita o in affitto.
Coerentemente,
anche la libertà del singolo – modellata sul concetto di proprietà privata –
veniva definita in termini assolutamente insulari, come autonomia e potere di
fare ciò che si vuole di se stessi senza doverne rispondere a nessuno. Una
definizione perfettamente adeguata alle esigenze del capitalismo nascente, che
si basò su di essa per giustificare la mercificazione degli operi salariati e
del lavoro.
Lo
stesso figlio concepito e generato in quest’ottica mercantile è ridotto a
“cosa”. Perché, come dice la Agacinski,
«ordinare un bambino e saldarne il prezzo alla nascita significa trattarlo come
un prodotto fabbricato e non come una persona umana». Altro che “diritti del
bambino”!
La
sinistra deve decidere cosa essere
È
questa la “filosofia a cui si è sempre più ispirata la cosiddetta “sinistra”
(ma il liberalismo è di destra!), nelle sue battaglie per l’aborto (“l’utero è
mio e ne faccio quello che voglio”), per l’eutanasia e ora per la maternità surrogata.
Da
qui l’indebolimento della carica rivoluzionaria che sia il socialismo sia il
cristianesimo dovrebbero avere nei confronti della società del profitto e della
sopraffazione del più forte nei confronti del più debole. Sotto i governi di
cui il PD è stato parte in questi ultimi anni si è arrivati in Italia a cinque
milioni e mezzo di cittadini in condizioni di povertà assoluta ed è stato un
ministro dell’interno di questo partito, Minniti, a inaugurare la politica di
accordi con la Libia che ha dato luogo ai disumani campi di detenzione sul
territorio africano. Senza dire che anche l’accoglienza verso i migranti che
sono riusciti ad arrivare in Italia non si è finora mai tradotta in un progetto
organico di integrazione.
A
dire il vero la Schlein, proprio all’indomani della sua elezione a segretaria,
ha parlato di problemi di giustizia sociale, come il salario minimo. Questa sì
sarebbe una svolta rispetto al passato e un ritorno alle origini autentiche del
PD. Ma siamo davanti a una filosofia opposta e incompatibile rispetto a quella
dell’individualismo possessivo ed egocentrico che sta dietro la logica della
maternità surrogata.
Questa
proposta porta all’estremo una tendenza già esistente ed evidenzia ancora più
fortemente il problema. È ora che il
Partito democratico faccia una scelta coerente. Consapevole che, se essa fosse
quella di continuare ad essere una riedizione del vecchio partito radicale (che
di sinistra non aveva nulla), i cattolici e i socialisti degni di questo nome
non potrebbero più considerarlo casa loro.
*Responsabile
del sito della Pastorale della Cultura dell'Arcidiocesi di Palermo.
Scrittore
ed Editorialista.
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