la Giornata mondiale
della felicità.
In questa ricorrenza
vi proponiamo
una sorta di decalogo
della gioia,
tratto dal magistero
di Papa
Francesco
- di Sergio
Centofanti – Città del Vaticano
“La
ricerca della felicità - afferma Papa Francesco - è comune a tutte le persone
di tutti i tempi e di tutte le età” perché Dio stesso ha posto “nel cuore di
ogni uomo e di ogni donna un desiderio irreprimibile di felicità” e “di
pienezza”. I nostri “cuori sono inquieti e in continua ricerca di un bene che
possa saziare la loro sete d’infinito” (Messaggio Gmg 2015), invisibile nostalgia di Colui
che ci ha creati ed è Lui stesso amore, gioia, pace, bellezza, verità.
Raccogliamo in dieci punti le riflessioni di Papa Francesco sul tema della
felicità.
1.
L’inizio della gioia è cominciare ad essere attenti agli altri
Il
cammino della felicità comincia controcorrente: occorre passare dall’egoismo al
pensare agli altri. Essere tristi – dicevano i padri del deserto – è quasi
sempre pensare a sé stessi. Così - osserva Francesco - “quando la vita
interiore si chiude nei propri interessi” e “non vi è più spazio per gli
altri”, non si gode più “della dolce gioia” dell’amore. Infatti “non si può
essere felici da soli”. Il Papa invita a riscoprire la generosità, perché “Dio
ama chi dona con gioia” (2Cor 9,7). Bisogna vincere la tentazione di chiudersi
in sé stessi, di isolarsi, credendosi autosufficienti, perché siamo tutti
bisognosi di fraternità. La vita acquista senso “nel cercare il bene del
prossimo”, desiderando la felicità degli altri: “Se riesco ad aiutare una sola
persona a vivere meglio, questo è già sufficiente a giustificare il dono della
mia vita” (Evangelii gaudium, 182).
2.
Cacciare la malinconia
Francesco
ama citare un passo del Siracide: «Figlio, per quanto ti è possibile, tràttati
bene … Non privarti di un giorno felice» (Sir 14,11.14). “Dio
desidera la felicità dei suoi figli anche su questa terra, benché siano
chiamati alla pienezza eterna, perché Egli ha creato tutte le cose” perché
“tutti possano goderne”. “Il cristianesimo - ricorda il Papa - non consiste in
una serie di divieti che soffocano i nostri desideri di felicità, ma in un
progetto di vita capace di affascinare i nostri cuori” (Messaggio Gmg 2015). Il cristiano, dunque, caccia
la tentazione maligna della malinconia e della tristezza. Dio “ci vuole
positivi”, semplici nel gioire delle piccole cose di tutti i giorni e non
prigionieri “di infinite complicazioni” e pensieri negativi. Il Papa ricorda un
detto famoso: la vera santità è gioia, perché “un santo triste è un tristo
santo”.
3. Non il potere, il successo o il denaro, ma l’amore dà gioia
“La
felicità non è una cosa che si compra al supermercato - sottolinea Francesco -
la felicità viene solo nell’amare e nel lasciarsi amare” (Parole al pellegrinaggio Macerata-Loreto, 9 giugno 2018).
“Quando cerchiamo il successo, il piacere, l’avere in modo egoistico e ne
facciamo degli idoli, possiamo anche provare momenti di ebbrezza, un falso
senso di appagamento; ma alla fine diventiamo schiavi, non siamo mai
soddisfatti, siamo spinti a cercare sempre di più” (Messaggio Gmg 2014). “La gioia non è l’ebbrezza di
un momento: è un’altra cosa! La vera gioia non viene dalle cose, dall’avere,
no! Nasce dall’incontro, dalla relazione con gli altri, nasce dal sentirsi
accettati, compresi, amati e dall’accettare, dal comprendere e dall’amare; e
questo non per l’interesse di un momento, ma perché l’altro, l’altra è una
persona. La gioia nasce dalla gratuità di un incontro” (Discorso ai seminaristi, 6 luglio 2013). Non ciò che è
effimero dà la felicità, ma solo l’amore sazia la sete d’infinito che è in noi.
4.
Avere il senso dell’umorismo
Il
cammino della gioia - afferma Papa Francesco - è fatto anche di senso
dell’umorismo: saper ridere delle cose, degli altri e di sé stessi è
profondamente umano, è un atteggiamento “vicino alla grazia. E’ quel
relativismo buono, il relativismo della gioia” che “nasce dallo Spirito Santo”.
“Senza perdere il realismo” si diventa capaci di illuminare gli altri “con uno
spirito positivo e ricco di speranza”. Importanza particolare riveste
l’autoironia per vincere la tentazione del narcisismo: i narcisisti – dice il
Papa – “si guardano allo specchio, si pettinano”. E dà questo consiglio: quando
vi guardate nello specchio “ridete di voi stessi. Vi farà bene” (Discorso agli studenti dei Collegi ecclesiastici, 16 marzo
2018). Un po’ quello che diceva Benedetto XVI citando Chesterton:
“Sapete perché gli angeli volano? Perché si prendono alla leggera”. E Papa
Ratzinger aggiungeva: “Perché non si prendono troppo sul serio” e “noi forse
potremmo anche volare un po’ di più, se non ci dessimo così tanta importanza”.
5.
Saper ringraziare
Gioia
è anche riuscire a vedere i doni che si ricevono ogni giorno. E’ lo stupore per
la bellezza della vita e delle cose grandi e piccole che riempiono le nostre
giornate. Papa Francesco indica l’esempio di san Francesco d’Assisi, che era
“capace di commuoversi di gratitudine davanti a un pezzo di pane duro, o di
lodare felice Dio solo per la brezza che accarezzava il suo volto” (Gaudete et exsultate, 127). “A volte la tristezza è
legata all’ingratitudine, con lo stare talmente chiusi in sé stessi da
diventare incapaci di riconoscere i doni di Dio (Gaudete et exsultate, 126)”. Vivere con gioia,
invece, è la “capacità di gustare l’essenziale” con sobrietà e di condividere
quello che si ha, rinnovando “ogni giorno lo stupore per la bontà delle cose,
senza appesantirsi nell’opacità della consumazione vorace” (Angelus, 29 gennaio 2017). Un cuore che sa vedere
il bene, sa ringraziare e lodare, è un cuore che sa gioire.
6.
Saper perdonare e chiedere perdono
In
un cuore pieno di rabbie e rancori non c’è posto per la felicità. Chi non
perdona fa male anzitutto a se stesso. L’odio genera tristezza. Francesco parla
della gioia di chi perdona gli altri e sa chiedere perdono. La radice di questa
gioia è nel comprendere di essere perdonati da Dio. Il Papa cita il profeta
Sofonìa: “Gioisci, rallegrati, grida di gioia perché il Signore ha revocato la
tua condanna” (Cfr. Sof 3-14-15), cioè “ti ha perdonato, non sei colpevole, ha
dimenticato” le tue colpe. Purtroppo - osserva Francesco - a volte “non siamo
coscienti del perdono” di Dio e questo si vede dai volti tristi. Ricorda quanto
diceva un filosofo: “I cristiani dicono di avere un Redentore; io ci crederò,
crederò nel Redentore quando loro avranno la faccia di redenti, gioiosi per
essere redenti” (Messa a Santa Marta, 21 dicembre 2017). Ecco,
dunque, cosa fa il perdono: “Allarga il cuore, genera condivisione, dona
serenità e pace” (Angelus, 26 dicembre 2018).
7.
La gioia dell’impegno e del riposo
Il
Papa invita a sperimentare la gioia di lavorare con gli altri e per gli altri
per costruire un mondo più giusto e fraterno. Significa vivere le fatiche di
tutti i giorni nello spirito delle Beatitudini: questa è la “via della vera
felicità” che Gesù ha indicato. Si tratta di “una novità rivoluzionaria, di un
modello di felicità opposto” al “pensiero dominante” (Messaggio Gmg 2014). Sono felici “i semplici, gli
umili che fanno posto a Dio, che sanno piangere per gli altri e per i propri
sbagli, restano miti, lottano per la giustizia, sono misericordiosi verso
tutti, custodiscono la purezza del cuore, operano sempre per la pace e
rimangono nella gioia, non odiano e, anche quando soffrono, rispondono al male
con il bene” (Angelus, 1 novembre 2017). Le Beatitudini “non
richiedono gesti eclatanti”, non sono comportamenti e virtù per eroi, ma uno
stile di vita per quanti si riconoscono bisognosi di Dio. Sono vissute da
persone semplici che “respirano come tutti l’aria inquinata dal male che c’è
nel mondo, ma nel cammino non perdono mai di vista il tracciato di Gesù”:
stanno sempre con Lui nella fatica e sanno riposare con Lui per riprendere con
gioia il cammino.
8.
Preghiera e fraternità
Il
cammino verso la gioia è reso difficoltoso dalle prove e dai fallimenti della
vita che inducono allo scoraggiamento. Il Papa offre due indicazioni per non
perdere la speranza e non mollare: perseverare nella preghiera e non camminare
mai da soli. “Possiamo essere certi - afferma Francesco - che Dio
risponderà” alla nostra preghiera, anche se a volte è arida. “Magari ci
toccherà insistere per tutta la vita, ma Lui risponderà” (Udienza generale, 9 gennaio 2019). “La preghiera
cambia la realtà, non dimentichiamolo. O cambia le cose o cambia il nostro
cuore, ma sempre cambia. Pregare è fin da ora la vittoria sulla solitudine e
sulla disperazione”. Seconda indicazione: sempre c’è qualcuno nella vita “che
ci dà una mano per aiutarci ad alzarci” perché “il Signore ci salva rendendoci
parte di un popolo”. Il Papa mette in guardia dalla tentazione
dell’individualismo: “Non permettete che il mondo vi faccia credere che è
meglio camminare da soli. Da soli non si arriva mai. Sì, potrai arrivare ad
avere un successo nella vita, ma senza amore, senza compagni, senza
appartenenza a un popolo, senza quell’esperienza tanto bella che è rischiare
insieme. Non si può camminare da soli” (Incontro con i giovani a Vilnius, 22 settembre 2018).
“Ricorda
che essere felici non è avere un cielo senza tempesta, una strada senza
incidenti, un lavoro senza fatica, relazioni senza delusioni: Essere felici
significa trovare la forza nel perdono, la speranza nelle battaglie, la
sicurezza nella fase della paura, l'amore nella discordia”.
Nella
vita c’è il tempo della croce, ci sono i momenti bui che ci fanno sentire
abbandonati da Dio e in questo silenzio di Dio occorre più che mai abbandonarsi
nelle sue mani. Allora - osserva Francesco - si scende al “primo scalino della
gioia” che è la pace, quella pace profonda che viene dall’affidarsi
completamente a Dio. E’ una “gioia soprannaturale” che niente può distruggere e
“si adatta e si trasforma, e sempre rimane almeno come uno spiraglio di luce
che nasce dalla certezza” che “le grazie del Signore non sono finite, non sono
esaurite le sue misericordie” perché “grande è la sua fedeltà”, come dice Gesù:
“La vostra tristezza si cambierà in gioia” e “nessuno potrà togliervi la vostra
gioia”. “La Buona Notizia è la gioia di un Padre che non vuole che si perda
nessuno dei suoi piccoli” (Evangelii gaudium, 237).
10.
Sapere di essere amati
La
vera gioia – afferma il Papa – nasce dall’incontro con Gesù, dal credere che
Lui ci ha amato fino a dare la vita per noi. La gioia è sapere di essere amati
da Dio che è Padre. La vera gioia non è frutto dei nostri sforzi ma dello
Spirito Santo che ci chiede solo di aprire i cuori per riempirli di felicità.
“Se lasciamo che il Signore ci faccia uscire dal nostro guscio e ci cambi la
vita, allora potremo realizzare ciò che chiedeva san Paolo: «Siate sempre lieti
nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti» (Gaudete et exsultate, 122)”. La gioia è dunque
sentirsi dire da Dio: “Tu sei importante per me, ti voglio bene, conto su di
te”. Da qui nasce la gioia, dal momento in cui Gesù mi ha guardato: “Sentirsi
amati da Dio, sentire che per Lui noi non siamo numeri, ma persone; e sentire
che è Lui che ci chiama” (Discorso ai seminaristi, 6 luglio 2013). I santi -
osserva Francesco - non sono superuomini, ma sono quanti “hanno scoperto il
segreto della felicità autentica, che dimora in fondo all’anima ed ha la sua
sorgente nell’amore di Dio” (Messa a Malmö, 1 novembre 2016). “La felicità non
sta nell’avere qualcosa o nel diventare qualcuno, no, la felicità vera è stare
col Signore e vivere per amore” (Angelus, 1 novembre 2017), perché “siamo nati
per non morire mai più, siamo nati per godere la felicità di Dio!” (Angelus, 1 novembre 2018).
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