Chi ha ucciso la normalità che vorremmo?”
La 22esima edizione è
stata l’ennesima conferma: i Colloqui Fiorentini svelano un altro modo di fare
scuola. Basato sull’interesse per la realtà scuola.
- di GianlucaZappa
“È stata una bella
esperienza, una bellissima e breve parentesi. Ma tanto da lunedì si ricomincia
con la scuola normale”. È con una certa mestizia che Francesco, studente di
quarta liceo linguistico, fa questa considerazione. Sta tornando a casa in
treno, dalla 22esima edizione dei Colloqui Fiorentini.
Con i suoi compagni
d’avventura è in preda ad un mix di stupore, stanchezza, esaltazione, dopo aver
vissuto quattro giorni alla grande insieme a quasi 2.500 studenti di tutta
Italia convenuti a Firenze per parlare del loro incontro con Italo Calvino. Qualcosa
di veramente grande è accaduto e con l’amico Gabriele (quarta liceo classico)
sta tentando di dare un senso a quella miscela di sensazioni varie che di certo
si chiariranno sempre di più nei prossimi giorni.
Intanto negli occhi c’è
ancora quella platea di palazzo Wanny gremita di ragazzi intenti ad ascoltare,
a prendere appunti, a spellarsi le mani per un applauso rivolto ad un docente
che sottolinea una parola o un passaggio di un romanzo o di un racconto particolarmente
significativi per tutti. E poi i momenti dei seminari, con le domande e le
risposte e un dibattito che prende il largo mentre centinaia di cuori e di
teste sono lì ad ascoltare e riflettere.
E poi ancora l’adrenalina
del rito della premiazione finale, con la proclamazione dei vincitori dei
quattro diversi concorsi. E poi la corsa a visitare le bellezze di Firenze e
gli incontri fuori programma, a cantare sotto le stelle in piazza Santa Maria
Novella in cori improvvisati e geograficamente misti, con docenti e studenti
del Nord, del Centro, del Sud, delle isole…
Chi assiste per la prima
volta ai Colloqui Fiorentini rimane travolto, sbalordito, anche stordito. Com’è
possibile che tanta vita si sprigioni da un concorso scolastico dedicato ad un
classico della nostra letteratura? Com’è possibile che nelle aule ci siano
ragazzi che decidono di approfondire un autore, leggerne i testi, interrogarsi
su quello che leggono, condividere i loro pensieri, avere tutta questa voglia
di essere consapevoli e protagonisti del loro studio? Sono questi gli stessi
studenti che indolenti compagni di viaggio affrontano per cinque o sei giorni
la settimana il tran-tran della scuola “normale”?
Li ascolti e ti stupisci.
Carlotta: “Non ho mai studiato un autore in questo modo”; Edoardo: “Io ero uno
che fino allo scorso settembre non aveva mai letto un libro. Ora non riesco a
smettere”; Angelica: “I Colloqui Fiorentini mi hanno reso una persona
migliore”; Viola: “Io non riesco mai a leggere a comando, sai, quei libri che
ti danno da leggere i prof per compito. Ma con i Colloqui è diverso, faccio
un’esperienza di libertà”; Chiara: “Quest’esperienza mi ha fatto riflettere su
me stessa e mi sono resa conto di quanto sia bello rivedere se stessi negli
altri”; Benedetta: “Avete riportato a galla in me qualcosa che avevo perso e
sarò sempre in debito per questo” …
Stop! Fermi tutti! Che
succede? Cos’è successo? Bisogna andare a vedere! Bisogna andare ad imparare!
Ne hanno bisogno soprattutto i docenti, per se stessi e per gli studenti che
incontrano ogni giorno. Il rinnovamento della scuola passa per esperienze di
questo tipo, non per sempre fallimentari e spesso astrusi progetti
verticistici.
Il professor Giovanni
Fighera, uno dei docenti intervenuti a parlare di Calvino, ha citato quella
frase geniale che Antoine de Saint-Exupéry ha lasciato scritta nella sua ultima
opera incompiuta, Cittadella: “Se vuoi costruire una barca non radunare uomini
per tagliare legna, dividere i compiti ed impartire ordini, ma insegna loro la
nostalgia per il mare vasto ed infinito”. Il fatto è che proprio questo accade
grazie al metodo proposto dal comitato didattico dei Colloqui Fiorentini: nei
ragazzi si ridesta l’umano, che è appunto nostalgia del mare vasto e infinito.
E allora tutto poi va da sé verso un esito felice. Così questo convegno, con
tutto il lavoro di preparazione che comporta, diventa quel qualcosa che
nell’inferno quotidiano della vita non è inferno, o quella città ideale
intravista nella città dell’imperfezione di cui parla proprio Calvino.
“Un’esperienza umana”,
conferma Gabriele che s’intromette nel discorso. Umana… cosa vorrà dire? Forse
una cosa molto semplice: se studio ma io non ci sono, io sono inesistente, non
vale la pena studiare. Se non ci metto passione, non amo quello che faccio, la
mia volontà resta bloccata. È questo? Sì, lo conferma Francesco. Partecipare ai
Colloqui Fiorentini, lavorare in questo modo su un autore, significa
coinvolgersi mani e piedi, proprio come hanno fatto loro due, così presi che
per giorni non parlavano d’altro che della ricerca che stavano facendo insieme,
e di quella famosa notte dello scorso Capodanno passata a discutere di Calvino,
di quello che la lettura dell’autore aveva prodotto in loro.
Tu, professore, ascolti e
rimani colpito, stordito. Quanto possono dare questi ragazzi? Fino a dove
riescono ad arrivare? Che profondità hanno e che profondità gli viene negata da
una scuola divenuta un carro mostruoso e deforme che li ottunde con verifiche,
interrogazioni, crediti, progetti, orientamenti che disorientano, che li affoga
e li soffoca?
Hai ragione, Francesco,
si ritorna alla scuola “normale”. Ma, mi chiedo e ti chiedo, è normale questa
scuola? O non sarebbe forse più bello navigare respirando la vastità del mare,
e parlare con i docenti in un dialogo fecondo, come è accaduto in questi mesi e
in questi quattro giorni? Ed esprimersi ed essere ascoltati con interesse? E
leggere insieme in quei libri dove gli scrittori, da uomini che hanno vissuto
con intensità la vita, hanno lasciato tracce di un destino comune, di un comune
sentire, di un comune desiderio, di una comune inquietudine? Sarebbe bello
vero? Ma non dovrebbe essere questa appunto la normalità? “Quando sono tornata
a scuola – confessa Sofia – ero disorientata… Ma perché la scuola deve essere così?
Perché non può essere come quella che abbiamo vissuto con l’esperienza dei
Colloqui Fiorentini?”
Mi viene da dire: non vi
rassegnate ragazzi! Se avete intravisto chi e cosa nell’inferno non è inferno,
fatelo durare e dategli spazio! Quello che avete imparato continuate a viverlo,
portatelo con voi nella vita di tutti i giorni e poi… possiamo subito
ricominciare a lavorare insieme. Magari sulle poesie di Giovanni Pascoli,
l’autore scelto per l’edizione 2024 dei Colloqui Fiorentini.
Nessun commento:
Posta un commento