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domenica 27 agosto 2023

VOLER BENE o AMARE ?

 La differenza 

tra 

voler bene e amare 

 

«Ti amo» – disse il Piccolo Principe. «Anche io ti voglio bene» – rispose la rosa.

«Ma non è la stessa cosa» – rispose lui. – «Voler bene significa prendere possesso di qualcosa, di qualcuno. Significa cercare negli altri ciò che riempie le aspettative personali di affetto, di compagnia. Voler bene significa rendere nostro ciò che non ci appartiene, desiderare qualcosa per completarci, perché sentiamo che ci manca qualcosa.» Voler bene significa sperare, attaccarsi alle cose e alle persone a seconda delle nostre necessità. E se non siamo ricambiati, soffriamo. Quando la persona a cui vogliamo bene non ci corrisponde, ci sentiamo frustrati e delusi. Se vogliamo bene a qualcuno, abbiamo alcune aspettative. Se l’altra persona non ci dà quello che ci aspettiamo, stiamo male. Il problema è che c’è un’alta probabilità che l’altro sia spinto ad agire in modo diverso da come vorremmo, perché non siamo tutti uguali. Ogni essere umano è un universo a sé stante. Amare significa desiderare il meglio dell’altro, anche quando le motivazioni sono diverse. Amare è permettere all’altro di essere felice, anche quando il suo cammino è diverso dal nostro. È un sentimento disinteressato che nasce dalla volontà di donarsi, di offrirsi completamente dal profondo del cuore. Per questo, l’amore non sarà mai fonte di sofferenza.

Quando una persona dice di aver sofferto per amore, in realtà ha sofferto per aver voluto bene. Si soffre a causa degli attaccamenti. Se si ama davvero, non si può stare male, perché non ci si aspetta nulla dall’altro. Quando amiamo, ci offriamo totalmente senza chiedere niente in cambio, per il puro e semplice piacere di “dare”. Ma è chiaro che questo offrirsi e regalarsi in maniera disinteressata può avere luogo solo se c’è conoscenza. Possiamo amare qualcuno solo quando lo conosciamo davvero, perché amare significa fare un salto nel vuoto, affidare la propria vita e la propria anima. E l’anima non si può indennizzare. Conoscersi significa sapere quali sono le gioie dell’altro, qual è la sua pace, quali sono le sue ire, le sue lotte e i suoi errori. Perché l’amore va oltre la rabbia, la lotta e gli errori e non è presente solo nei momenti allegri.

Amare significa confidare pienamente nel fatto che l’altro ci sarà sempre, qualsiasi cosa accada, perché non ci deve niente: non si tratta di un nostro egoistico possedimento, bensì di una silenziosa compagnia. Amare significa che non cambieremo né con il tempo né con le tormente né con gli inverni.

Amare è attribuire all’altro un posto nel nostro cuore affinché ci resti in qualità di partner, padre, madre, fratello, figlio, amico; amare è sapere che anche nel cuore dell’altro c’è un posto speciale per noi. Dare amore non ne esaurisce la quantità, anzi, la aumenta. E per ricambiare tutto quell’amore, bisogna aprire il cuore e lasciarsi amare.

«Adesso ho capito» – rispose la rosa dopo una lunga pausa.

 «Il meglio è viverlo» – le consigliò il Piccolo Principe.

 

Antoine de Saint-Exupéry, Il piccolo principe

mercoledì 14 dicembre 2022

ESSERE AMATI o SAPERE AMARE ?

-“Non essere amato 

è una sfortuna; 

non saper amare

 è una tragedia”-


-  di Gianfranco Ravasi


Non è la prima volta che attingiamo a questo autore aspro ma profondo, ateo ma teso verso una sua spiritualità (ha scritto cose sorprendenti anche sulla santità). Albert Camus, scrittore francese nato in Algeria nel 1913 e morto in incidente stradale nel 1960, è spesso inquietante, ma sa essere non di rado emozionante come nella frase che oggi proponiamo.

Chi non immagina quanto sia acre una giornata in cui non c'è nessuno che ti ricordi, ti dica una parola, pensi alla tua solitudine? E ci sono persone che per anni proseguono così, in questa «sfortuna», che dura fino in punto di morte, tant'è vero che ci sono alcuni dimenticati persino in quell'istante estremo. Ma Camus alla «sfortuna» del non essere amati oppone una «tragedia», quella del non saper amare.

In questo caso, infatti, sei tu stesso che blindi la tua anima perché non accolga nessuno, blocchi il cuore perché non abbia un fremito, paralizzi la mano perché non faccia una carezza. Un altro grande autore, il tedesco Thomas Mann, scriveva: «La felicità non sta nell'essere amati: può creare solo soddisfazione e vanità. La felicità è nell'amare». E Camus continuava così la sua riflessione: «Quando si è avuto una volta la fortuna di amare intensamente, si spende la vita a cercare di nuovo quell'ardore e quella luce». Ecco, allora, una verifica da fare: se ci si è ridotti a un ghiacciolo, senza più un palpito, senza il desiderio di un incontro, senza la volontà di un dono, si deve essere preoccupati più che per una malattia. Sarà, infatti, sempre meglio aver amato e perduto o sbagliato che non aver mai amato.

 Da “Breviario laico”

martedì 22 dicembre 2020

OLOTROPIA, I VERBI DELLA FRATERNITA'

Un percorso centrato sui verbi della familiarità cristiana come ascoltare, amare, perdonare

Olotropia. I verbi della familiarità cristiana (pag. 304; Euro 18,00) di Gabriele Maria Corini è il volume edito dalla Libreria Editrice Vaticana [LEV] – Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede che papa Francesco ha scelto di regalare alla Curia romana in occasione del Santo Natale 2020. Il libro fa parte della collana Ispirazioni (sezione Spiritualità) ha una prefazione di Pierbattista Pizzaballa, Patriarca di Gerusalemme dei Latini, e una postfazione di Matteo Maria Zuppi, Cardinale arcivescovo metropolita di Bologna.

In queste pagine, dopo una presentazione della domanda antropologica emergente e della familiarità cristiana generata dalla comunione eucaristica, vengono ricordati i verbi che caratterizzano quotidianamente tale familiarità, come possibilità data per riscoprire la verità rivelata sull’uomo, che non nega certamente le diverse dimensioni che lo contraddistinguono, quali quella biologica, sociale e spirituale, ma le accorda in una visione armoniosa e olotropica. Il termine viene dal greco ʽòlos, «totalità» e trepèin «muoversi verso», per cui si potrebbe intendere come «andare verso la totalità». I verbi della familiarità cristiana rappresentano le azioni e gli atteggiamenti fondamentali delle relazioni umane come l’ascoltare, l’amare, il perdonare, ma illuminate dalla Parola di Cristo e dal suo mistero di morte e di risurrezione, affinché nell’esperienza della vita ognuno di noi possa così scoprire la sua alta dignità di creatura amata dal Signore fino ad essere reso figlio/a nel Figlio.

www.zenit.org