La diversità linguistica nel mondo è fortemente minacciata e un numero sempre più alto di lingue sta scomparendo. Circa il 40% delle popolazioni non ha accesso all’istruzione nella lingua che parlano e di conseguenza le conoscenze e le culture tradizionali che si esprimono nelle lingue originali rischiano di non essere più trasmesse alle nuove generazioni.
L’UNESCO è fortemente impegnata nella promozione e nella tutela del multilinguismo e dell’inclusione. I suoi programmi in questo ambito sono dedicati alla promozione dell’accesso all’informazione e alla conoscenza per contribuire alla creazione di società inclusive, eque, aperte e partecipative attraverso il sostegno della diversità linguistica e del multilinguismo in internet, nei media e nei canali di comunicazione di massa. Inoltre l’UNESCO sostiene l’inserimento delle lingue indigene nell’istruzione formale e il ritorno alle comunità d’origine, la salvaguardia del patrimonio culturale e la sua trasmissione tra generazioni, la promozione di politiche educative maggiormente inclusive e di pratiche che integrano il multilinguismo.
Nel 1999 la Conferenza Generale dell’UNESCO ha approvato
la Giornata
Internazionale della Lingua Madre, su iniziativa del Bangladesh, con
l’obiettivo di preservare la diversità culturale e linguistica in quanto fonte
e sostegno della tolleranza e del rispetto reciproco. Nel 2002 la Giornata è
stata riconosciuta dall’Assemblea
Generale delle Nazioni Unite
L’UNESCO ha anche reso disponibile online un Atlante
delle lingue in pericolo, che riporta informazioni sul grado di
rischio di estinzione di circa 2500 lingue nel mondo e sui paesi in cui vengono
parlate, includendo anche le coordinate geografiche delle aree di utilizzo
delle singole lingue. L’Atlante ha l’obiettivo di aumentare tra i decisori politici
e il grande pubblico la consapevolezza del pericolo di estinzione e della
necessità di salvaguardare la diversità linguistica e offre la possibilità agli
utenti del portale di inserire nuovi dati, informazioni o commenti.
Anche in Italia esistono alcune minoranze linguistiche,
tra le quali dodici “Minoranze Linguistiche Storiche” che sono tutelate da
un’apposita normativa (Legge
15 Dicembre 1999, n. 482) che prevede: ”In attuazione dell'articolo
6 della Costituzione e in armonia con i princípi generali stabiliti dagli
organismi europei e internazionali, la Repubblica tutela la lingua e la cultura
delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di
quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino,
l'occitano e il sardo.”
Si tratta di culture di lingua non italiana che, nel
corso della storia, si sono variamente insediate e integrate sul territorio
nazionale, fino a diventare una parte essenziale della nostra complessiva
identità di italiani. Molte di queste Minoranze intrattengono ancora oggi
legami fortissimi con i loro luoghi di origine e ne utilizzano la lingua,
testimoniando una significativa continuità storica di riferimenti culturali, in
qualche caso agevolati anche dalla vicinanza geografica.
Secondo quanto riportato nella sezione Magazine
della Enciclopedia Treccani, in Italia dunque viene ammessa a
tutela “la lingua delle popolazioni”
- Albanesi in
Italia meridionale (tra le 70 e le 100.000 persone), come conseguenza di
antiche migrazioni verificatesi fra il Quattro e il Settecento in alcune decine
di comuni sparsi dalla Sicilia alla Calabria (dove vi è la maggiore
concentrazione), dalla Basilicata alla Campania, dalla Puglia al Molise e
all’Abruzzo;
- Germaniche,
lungo l’arco alpino, in una varietà di situazioni storiche e sociolinguistiche
- Greche,
in Aspromonte e nel Salento
- Slovene (circa
60.000 persone) lungo il confine orientale in provincia di Trieste e di
Gorizia, compresa una parte delle popolazioni dei due capoluoghi. In provincia
di Udine, lungo la frontiera, si parlano dialetti slavi dei quali la
popolazione locale tende ad affermare l’originalità rispetto allo sloveno
standard;
- Croate (circa
3.000 persone) in tre piccoli centri del Molise;
- Catalane (circa
15.000 persone) ad Alghero in Sardegna;
La legge n.482/1999 parla inoltre di “popolazioni
parlanti”
- il francese,
intendendo l’uso ufficiale di tale lingua in Valle d’Aosta e il suo utilizzo
tradizionale come lingua di cultura in alcuni centri montani della provincia di
Torino (ma tali usi non coincidono con un’effettiva diffusione della pratica
parlata);
- il francoprovenzale (dalle
50 alle 70.000 persone), che è un insieme di varietà dialettali con caratteri
originali, diffuse nell’uso parlato in Val d’Aosta e in parte della fascia
montana della provincia di Torino, praticate anche, in seguito a un’antica
emigrazione, in due piccoli centri della Puglia;
- il friulano,
praticato in gran parte del Friuli , con un’appendice in provincia di Venezia;
- il ladino (circa
30.000 persone) diffuso in alcune valli della provincia di Bolzano (dove la
popolazione ha per seconda lingua il tedesco e gode di maggiori prerogative
nell’uso delle varietà locali), e in aree delle province di Trento e Belluno
(dove lo si parla accanto all’italiano);
- l’occitano (dalle
20 alle 40.000 persone) parlato nelle alte valli alpine del Piemonte
occidentale tra la Vermenagna e la Val di Susa e (in seguito a un’antica
immigrazione) in un comune della Calabria;
- il sardo (circa
un milione di persone) praticato nelle sue diverse varietà in gran parte della
Sardegna, ad esclusione delle isole linguistiche catalane e tabarchine e della
fascia settentrionale dell’isola, dove prevalgono invece dialetti còrsi (e per
inciso, il còrso è riconosciuto come lingua minoritaria in Francia ma non in
Italia).
Questa panoramica si arricchisce poi con altre
minoranze linguistiche che parlano
- i dialetti cosiddetti “galloitalici” o “alto italiani”
(circa 60.000 parlanti) diffusi in Sicilia e (con modalità diverse di
conservazione) in Basilicata e in Campania, come conseguenza di migrazioni di
epoca medievale dall’Italia settentrionale;
- il tabarchino (circa 10.000 persone), una varietà di
origine ligure diffusa oggi in due centri della Sardegna meridionale, dove è
stata trasferita nel corso del Settecento da gruppi di coloni provenienti
dall’Africa settentrionale;
L’Istituto Centrale per il
Patrimonio Immateriale del MIBACT ha come missione quella di tutelate
e valorizzare il patrimonio culturale, materiale e immateriale, promuovendo
iniziative volte a sostenere i settori legati all'identità collettiva dei vari
gruppi sociali presenti sul territorio e le espressioni delle diversità
culturali. In questo ambito ha avviato il progetto “Gli
Italiani dell'Altrove” con l’obiettivo di mettere in luce la realtà
storica e contemporanea delle Minoranze Linguistiche d'Italia, con il loro
patrimonio culturale immateriale, e diffondere la consapevolezza della
ricchezza della diversità culturale storicamente presente nel nostro paese.
Oltre a richiamare l'esperienza storica condivisa di
accoglienza e integrazione, ma anche di conservazione dell'identità, il
progetto offre un contributo per affrontare l'attualità del tema dell'immigrazione
nel nostro Paese.
Il progetto è iniziato con gli Arbëreshe, gli Albanesi
d'Italia, nel 2012 (centenario dell'indipendenza albanese) ed è proseguito nel
2013 con i Croati del Molise e gli Occitani, nel 2015 con gli Sloveni, i
Friulani e i Greci di Puglia e Calabria. Gli appuntamenti del 2017 sono stati
dedicati ai Sardi, ai Francoprovenzali, ai Ladini, ai Catalani di Alghero e ai
Walser. Nel 2018 si sono svolti gli eventi dedicati ai Francesi e a Cimbri e i
Mòcheni, Comunità del Trentino (Cimbri e Mòcheni) e del Veneto (Cimbri).
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