domenica 21 febbraio 2021

LA LINGUA MADRE, UNA PREZIOSA RISORSA


La diversità linguistica nel mondo è fortemente minacciata e un numero sempre più alto di lingue sta scomparendo. Circa il 40% delle popolazioni non ha accesso all’istruzione nella lingua che parlano e di conseguenza le conoscenze e le culture tradizionali che si esprimono nelle lingue originali rischiano di non essere più trasmesse alle nuove generazioni.

 L’UNESCO è fortemente impegnata nella promozione e nella tutela del multilinguismo e dell’inclusione. I suoi programmi in questo ambito sono dedicati alla promozione dell’accesso all’informazione e alla conoscenza per contribuire alla creazione di società inclusive, eque, aperte e partecipative attraverso il sostegno della diversità linguistica e del multilinguismo in internet, nei media e nei canali di comunicazione di massa. Inoltre l’UNESCO sostiene l’inserimento delle lingue indigene nell’istruzione formale e il ritorno alle comunità d’origine, la salvaguardia del patrimonio culturale e la sua trasmissione tra generazioni, la promozione di politiche educative maggiormente inclusive e di pratiche che integrano il multilinguismo.

Nel 1999 la Conferenza Generale dell’UNESCO ha approvato la Giornata Internazionale della Lingua Madre, su iniziativa del Bangladesh, con l’obiettivo di preservare la diversità culturale e linguistica in quanto fonte e sostegno della tolleranza e del rispetto reciproco. Nel 2002 la Giornata è stata riconosciuta dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite

L’UNESCO ha anche reso disponibile online un Atlante delle lingue in pericolo, che riporta informazioni sul grado di rischio di estinzione di circa 2500 lingue nel mondo e sui paesi in cui vengono parlate, includendo anche le coordinate geografiche delle aree di utilizzo delle singole lingue. L’Atlante ha l’obiettivo di aumentare tra i decisori politici e il grande pubblico la consapevolezza del pericolo di estinzione e della necessità di salvaguardare la diversità linguistica e offre la possibilità agli utenti del portale di inserire nuovi dati, informazioni o commenti.

 Anche in Italia esistono alcune minoranze linguistiche, tra le quali dodici “Minoranze Linguistiche Storiche” che sono tutelate da un’apposita normativa (Legge 15 Dicembre 1999, n. 482) che prevede: ”In attuazione dell'articolo 6 della Costituzione e in armonia con i princípi generali stabiliti dagli organismi europei e internazionali, la Repubblica tutela la lingua e la cultura delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo.”

 Si tratta di culture di lingua non italiana che, nel corso della storia, si sono variamente insediate e integrate sul territorio nazionale, fino a diventare una parte essenziale della nostra complessiva identità di italiani. Molte di queste Minoranze intrattengono ancora oggi legami fortissimi con i loro luoghi di origine e ne utilizzano la lingua, testimoniando una significativa continuità storica di riferimenti culturali, in qualche caso agevolati anche dalla vicinanza geografica.

 Secondo quanto riportato nella sezione Magazine della Enciclopedia Treccani, in Italia dunque viene ammessa a tutela “la lingua delle popolazioni”

Albanesi in Italia meridionale (tra le 70 e le 100.000 persone), come conseguenza di antiche migrazioni verificatesi fra il Quattro e il Settecento in alcune decine di comuni sparsi dalla Sicilia alla Calabria (dove vi è la maggiore concentrazione), dalla Basilicata alla Campania, dalla Puglia al Molise e all’Abruzzo;

Germaniche, lungo l’arco alpino, in una varietà di situazioni storiche e sociolinguistiche

Greche, in Aspromonte e nel Salento

Slovene (circa 60.000 persone) lungo il confine orientale in provincia di Trieste e di Gorizia, compresa una parte delle popolazioni dei due capoluoghi. In provincia di Udine, lungo la frontiera, si parlano dialetti slavi dei quali la popolazione locale tende ad affermare l’originalità rispetto allo sloveno standard;

Croate (circa 3.000 persone) in tre piccoli centri del Molise;

Catalane (circa 15.000 persone) ad Alghero in Sardegna;

 La legge n.482/1999 parla inoltre di “popolazioni parlanti”

- il francese, intendendo l’uso ufficiale di tale lingua in Valle d’Aosta e il suo utilizzo tradizionale come lingua di cultura in alcuni centri montani della provincia di Torino (ma tali usi non coincidono con un’effettiva diffusione della pratica parlata);

- il francoprovenzale (dalle 50 alle 70.000 persone), che è un insieme di varietà dialettali con caratteri originali, diffuse nell’uso parlato in Val d’Aosta e in parte della fascia montana della provincia di Torino, praticate anche, in seguito a un’antica emigrazione, in due piccoli centri della Puglia;

- il friulano, praticato in gran parte del Friuli , con un’appendice in provincia di Venezia;

- il ladino (circa 30.000 persone) diffuso in alcune valli della provincia di Bolzano (dove la popolazione ha per seconda lingua il tedesco e gode di maggiori prerogative nell’uso delle varietà locali), e in aree delle province di Trento e Belluno (dove lo si parla accanto all’italiano);

- l’occitano (dalle 20 alle 40.000 persone) parlato nelle alte valli alpine del Piemonte occidentale tra la Vermenagna e la Val di Susa e (in seguito a un’antica immigrazione) in un comune della Calabria;

- il sardo (circa un milione di persone) praticato nelle sue diverse varietà in gran parte della Sardegna, ad esclusione delle isole linguistiche catalane e tabarchine e della fascia settentrionale dell’isola, dove prevalgono invece dialetti còrsi (e per inciso, il còrso è riconosciuto come lingua minoritaria in Francia ma non in Italia).

 Questa panoramica si arricchisce poi con altre minoranze linguistiche che parlano

- i dialetti cosiddetti “galloitalici” o “alto italiani” (circa 60.000 parlanti) diffusi in Sicilia e (con modalità diverse di conservazione) in Basilicata e in Campania, come conseguenza di migrazioni di epoca medievale dall’Italia settentrionale;

- il tabarchino (circa 10.000 persone), una varietà di origine ligure diffusa oggi in due centri della Sardegna meridionale, dove è stata trasferita nel corso del Settecento da gruppi di coloni provenienti dall’Africa settentrionale;

 L’Istituto Centrale per il Patrimonio Immateriale del MIBACT ha come missione quella di tutelate e valorizzare il patrimonio culturale, materiale e immateriale, promuovendo iniziative volte a sostenere i settori legati all'identità collettiva dei vari gruppi sociali presenti sul territorio e le espressioni delle diversità culturali. In questo ambito ha avviato il progetto “Gli Italiani dell'Altrove” con l’obiettivo di mettere in luce la realtà storica e contemporanea delle Minoranze Linguistiche d'Italia, con il loro patrimonio culturale immateriale, e diffondere la consapevolezza della ricchezza della diversità culturale storicamente presente nel nostro paese.

Oltre a richiamare l'esperienza storica condivisa di accoglienza e integrazione, ma anche di conservazione dell'identità, il progetto offre un contributo per affrontare l'attualità del tema dell'immigrazione nel nostro Paese.

Il progetto è iniziato con gli Arbëreshe, gli Albanesi d'Italia, nel 2012 (centenario dell'indipendenza albanese) ed è proseguito nel 2013 con i Croati del Molise e gli Occitani, nel 2015 con gli Sloveni, i Friulani e i Greci di Puglia e Calabria. Gli appuntamenti del 2017 sono stati dedicati ai Sardi, ai Francoprovenzali, ai Ladini, ai Catalani di Alghero e ai Walser. Nel 2018 si sono svolti gli eventi dedicati ai Francesi e a Cimbri e i Mòcheni, Comunità del Trentino (Cimbri e Mòcheni) e del Veneto (Cimbri).

 

Unesco-Italia

 

 

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