sabato 27 febbraio 2021

ATTENTI AL "CIUKINISMO" !


 Fa discutere il fenomeno del cosiddetto “ciukinismo”, emerso la scorsa estate.

Lo psicoterapeuta Lavenia: «In Rete esplodono rabbia e violenza, genitori ed educatori intervengano con responsabilità e vigilanza»

 

-         di DANILO POGGIO

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Il nome richiama gli asinelli nei giochi innocenti dei bambini, ma il cosiddetto 'ciukinismo' (o 'chukinismo') è, in realtà, uno dei fenomeni più crudeli del web degli ultimi anni. Ha avuto origine in Italia ed è emerso pubblicamente durante la scorsa estate, quando un tal Ciukino, su Telegram, incitava alla più feroce spietatezza e alla violenza sessuale nei confronti delle donne. La procura dei minori di Lecce aveva aperto un’inchiesta e le indagini, delegate al compartimento della polizia postale, hanno portato all’identificazione, pochi giorni fa, di un minorenne residente nel Salento. La pagina è stata oscurata ma si teme che il fenomeno possa, in un modo o nel-l’altro, continuare. 'Discrimina, minaccia, massacra, accoltella, spara. Zero pietà' oppure 'Le donne servono solo al piacere e a niente altro' erano gli audio messaggi che questo personaggio condivideva con tutti i suoi interlocutori all’interno di una chat. Le frasi erano pronunciate da una misteriosa voce metallica perché Ciukino (probabilmente un minorenne) si nascondeva dietro un bot, una sorta di robot programmato da qualcuno per interagire nelle chat. Il metodo era sempre più o meno lo stesso. Raccoglieva sugli altri social network foto di ragazzine minorenni o appena maggiorenni e le condivideva nei gruppi tematici che aveva creato, frequentati anche da giovani e giovanissimi. Spesso proponeva anche dei 'sondaggi' per decidere, in base ai 'voti' dei membri del gruppo, quale fosse la ragazzina da prendere di mira. Oppure c’era un vero e proprio scambio di fotografie, accompagnate da commenti aggressivi a dir poco disumani. «Tutto questo – spiega lo psicoterapeuta Giuseppe Lavenia, presidente dell’associazione nazionale Di.Te. (Dipendenze Tecnologiche) – è semplicemente un’altra faccia, ancora più violenta, dell’ormai noto cyberbullismo. Da molto tempo su Telegram esistono delle chat in cui si prendono di mira e si insultano ragazzine e ragazzini. Persino la didattica a distanza ha alimentato, involontariamente, il fenomeno. Durante le lezioni si scattano degli screenshot quando un compagno assume un’espressione buffa e poi si crea un gruppo per prenderlo in giro in modo spietato a sua insaputa». Il ciukinismo è emerso la scorsa estate in tutta la sua crudeltà soltanto in seguito alle segnalazioni delle stesse ragazzine, che hanno visto le proprie fotografie dove mai le avevano postate, ritrovandosi improvvisamente coinvolte in un vortice di insulti e minacce. Quando una di loro si è rivoltamente direttamente al profilo di Ciukino, la risposta ricevuta è stata eloquente: «Io picchio le donne e butto l’acido in faccia, le donne sono peggio degli oggetti, non hanno valore. Se una donna è pari ad un uomo, può essere picchiata».

«Il rischio è che queste immagini diventino virali – avverte Lavenia – perché vengono create delle vere catene che promettono addirittura ricariche del telefono in cambio della condivisione delle fotografie. Nell’ultimo periodo l’esplosione dell’utilizzo della tecnologia e l’iperconnessione alla rete hanno alimentato questo trend, portando i ragazzi a riversare tutta la propria rabbia e la propria frustrazione sul web. Il cyberbullismo è triplicato in un anno e l’autolesionismo online è raddoppiato, spesso legandosi a challenge (sfide, ndr) pericolose, come hanno dimostrato molti fatti di cronaca». E le vittime sono sempre più giovani. Secondo ricerche dell’associazione DiTe, il 27% dei minori tra gli 11 e i 13 anni ha inviato proprie foto o video intimi su chat e sui social, il 43% ne ha ricevuti e il 30% ha registrato vocali intimi o personali per condividerli in qualche chat. «È necessario lavorare sull’educazione al digitale dei ragazzi – conclude Lavenia – ma anche sulla formazione dei genitori e degli educatori. La legge vieta l’uso dei social ai minori di 13 anni e ciascun genitore è comunque responsabile della condotta del figlio minorenne, online e offline. Non esistono questioni legate alla privacy, non usiamola come scusa per deresponsabilizzarci come adulti».

 

www.avvenire.it

 

 

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