Tra social scatenati, intervento del ministro e scontro sulla libertà
educativa, resta la domanda decisiva: fin dove può e deve spingersi lo Stato
per proteggere i figli, e quale strada permetterà un giorno di ricomporre
questa famiglia in sicurezza.
- - di Francesco Anfossi
La
storia, ormai, la conoscono anche i sassi: tre fratellini – una bambina di otto
anni e due gemellini di cinque – prelevati dai boschi abruzzesi dove vivevano
con mamma e papà e condotti in una casa-famiglia per ordine del Tribunale dei
minorenni dell'Aquila. Una vicenda che ha spaccato in due il Paese: da un lato
i paladini della libertà educativa, convinti che ogni genitore abbia il diritto
di crescere i figli come meglio crede; dall'altro chi difende la mano severa
della legge, quando serve a evitare che dei bambini diventino vittime di
negligenze, pur in buona fede. La domanda che tutti si fanno – e che nessuno sa
davvero dove piazzare – è sempre la stessa: fino a dove arriva la
libertà di una famiglia? E fino a dove deve spingersi lo Stato nel proteggere i
più piccoli, anche contro la volontà di chi li ha messi al mondo? Molti
giornali li hanno dipinti come si trattasse del Mulino Bianco. Nel cuore dei boschi di Palmoli, dove il tempo si misura con il sole che filtra tra
le foglie degli alberi, tre bambini crescevano in mezzo alla natura. La loro
scuola erano gli alberi, il vento, la pioggia che bagna le frasche, la neve
sulle colline; i loro amici un cavallo, come Pippi Calzelunghe, un asino, due
cani; niente smartphone, niente televisione, solo un'altalena appesa a un ramo.
È lì, tra la quiete bucolica senza tempo, che Catherine, 45 anni, australiana, e suo marito, Nathan, 51 anni, inglese, avevano costruito la loro fiaba,
dopo aver girato mezzo mondo come dipendenti del settore del turismo. Ma siamo
sicuri che dietro questo quadro bucolico non ci sia qualcos’altro? Mentre sui
social si consuma l'ennesima corrida digitale, con tifoserie improvvisate che
giudicano senza conoscere, conviene fare un passo indietro e ripercorrere i
fatti.
Intossicazione da funghi
Il
procedimento dei giudici del Tribunale trae origine da una segnalazione degli
assistenti del Servizio sociale dell'Aquila, che aveva evidenziato una
condizione di sostanziale abbandono: abitazione disagevole e insalubre, assenza
di pediatra, mancata frequenza scolastica, vita in un rudere fatiscente privo
di utenze e in una piccola roulotte. Il processo che porta all'allontanamento
accelera in occasione di un accesso al pronto soccorso di Chieti di tutta la
famiglia. Tutti e cinque avvertono dei malori, dovuti ad ingestione di
funghi. I medici si rendono conto delle condizioni igieniche, sanitarie e
sociali dei bambini e avvertono gli assistenti sociali. Va detto che su
richiesta del Pubblico ministero minorile, il Tribunale aveva già adottato, in
via cautelare, un decreto di affidamento dei minori al Servizio sociale,
attribuendo al servizio il potere esclusivo di decidere il loro collocamento e
le scelte sanitarie di maggiore rilievo.
Le
condizioni abitative: il rudere senza agibilità
Uno
dei punti centrali dell'ordinanza riguarda l'immobile in cui vive la famiglia.
Lo si vede nei telegiornali e nelle foto sui giornali, poco più che una
catapecchia di pietra senza acqua, né luce, né elettricità., né servizi
igienici. Molti commenti si inneggiano alla vita all'aria aperta e nella
natura, quasi bucolica, ci sono perfino intellettuali che si improvvisano
Rosseau e inneggiano al mito del buon selvaggio. In realtà si tratta di una
vita isolata, asociale, e soprattutto pericolosa, sospettano gli assistenti
sociali. Il Tribunale aveva richiesto una relazione tecnica sulla
sicurezza statica dell'edificio, considerato un rudere fatiscente. I genitori
in risposta hanno prodotto una perizia di una geometra, dalla quale risulta
l'assenza di lesioni strutturali pregiudizievoli per la statica, ma anche
l'“assoluta assenza” di impianti elettrici e idrico/sanitario, oltre a carenze
di rifiniture e infissi.
Per
il Tribunale tale perizia è insufficiente a dimostrare la conformità
dell'abitazione ai requisiti di sicurezza e salubrità previsti dal Testo unico dell'edilizia. Mancano documenti essenziali:
agibilità, collaudo statico, verifiche sugli impianti elettrici, idrico e
termico e sulle condizioni igienico-sanitarie, soprattutto in relazione
all'umidità e al rischio di patologie polmonari. In base all'articolo 24 del
Testo unico dell'edilizia, l'assenza di agibilità comporta una presunzione di
pericolo per l'incolumità e l'integrità fisica dei minori: è su questo
presupposto normativo che il Tribunale fonda una parte rilevante della sua
decisione.
I
rapporti difficili con i Servizi sociali
Dopo
la prima udienza cautelare, i genitori avevano inizialmente dichiarato
disponibilità a collaborare con il Servizio sociale. Era stato concordato un
progetto di intervento per favorire l'integrazione, migliorare il contesto
abitativo dei minori e acquisire la documentazione sanitaria e quella relativa
all'obbligo scolastico. Il percorso tuttavia si interrompe: i genitori, secondo
la relazione del 14 ottobre 2025, smettono di presentarsi agli incontri e
negano in un primo momento l'accesso domiciliare agli assistenti sociali,
impedendo un contatto diretto con i minori. Solo dopo l'intervento del
difensore (che però ieri si è tirato indietro e ha rinunciato al mandato perché
non accettano nulla, hanno rifiutato persino una nuova casa offerta dal sindaco
«dove stare almeno di notte») accettano di discutere nuovamente un progetto di
intervento, che prevede anche un accesso settimanale dell'intero nucleo
familiare a un centro socio-psico-educativo comunale per attività di supporto
alla genitorialità. Nonostante gli impegni assunti, i genitori non vanno ad
alcun incontro. E nemmeno gli accertamenti sanitari obbligatori non
vengono eseguiti. Al Servizio sociale vengono ricevuti certificati pediatrici
che raccomandano visita neuropsichiatrica infantile ed esami ematochimici per
valutare lo stato vaccinale e lo sviluppo psicologico e comportamentale dei
minori. I genitori, però, dichiarano che consentiranno agli
accertamenti solo a fronte del pagamento di 50.000 euro per ciascun figlio.
Cupidigia? Provocazione? Una condizione che il Tribunale evidenzia come
ostacolo all'esecuzione dei trattamenti sanitari obbligatori per legge.
Allontanare
i bambini? La famiglia nel bosco e il bisogno di “doppia ragionevolezza”
Istruzione
parentale e isolamento dai coetanei
Nel
corso del procedimento, i genitori producono un certificato di idoneità alla
classe terza elementare per la bambina maggiore, rilasciato da un istituto
privato di Brescia, a sostegno della regolarità del percorso di istruzione
parentale. Tuttavia, al Servizio sociale e al Tribunale non vengono
messi a disposizione la dichiarazione annuale al dirigente scolastico della
scuola più vicina, necessaria per attestare la capacità tecnica ed economica
dei genitori di provvedere all'istruzione parentale, né il progetto
didattico-educativo previsto dal DM 8 febbraio 2021. Il certificato stesso non
risulta regolarmente depositato alla dirigenza scolastica competente per la
vigilanza.
Il
Tribunale sottolinea che la misura cautelare non si fonda tanto sul pericolo di
lesione del diritto all'istruzione, quanto sulla lesione del diritto alla vita
di relazione (articolo 2 della Costituzione): i minori vivono in condizioni di
marcato isolamento, senza rapporto stabile con bambini di pari età. L'ordinanza
entra nel merito, richiamando in modo sintetico la letteratura scientifica (Vygotskij, Piaget, Bandura, Bronfenbrenner, Erikson) per descrivere i potenziali effetti negativi della
deprivazione del confronto tra pari: difficoltà nell'apprendimento cooperativo
e nel lavoro di gruppo; possibile riduzione dell'autostima e della motivazione
scolastica; problemi nella regolazione emotiva e comportamentale, con rischio
di isolamento o aggressività; minore empatia e difficoltà nel riconoscere
l'altro; rischio di isolamento sociale, ansia o depressione; maggiore debolezza
alla pressione del gruppo quando l'esposizione ai pari si verifica in ritardo;
difficoltà nella gestione dei conflitti e nella costruzione
dell'identità.
L'esposizione
televisiva di minori
La
socializzazione tra pari, conclude il Tribunale, è un ambiente necessario allo
sviluppo di competenze sociali, emotive e cognitive essenziali. La sua assenza
ostacola l'adattamento del bambino sia nel sistema educativo sia nella
società. L'esposizione televisiva: i minori in prima serata Un
ulteriore elemento che incide sulla decisione è la partecipazione dei minori a
una trasmissione televisiva nazionale, Le Iene , l'11 novembre 2025. Il curatore speciale dei
minori, in una memoria del 12 novembre, segnala che i genitori hanno fatto
comparire i figli in TV, illustrando le condizioni di vita della famiglia. Il
Tribunale rileva che ciò comporta la violazione del diritto alla riservatezza e
all'identità personale dei minori, tutelato dall'articolo 16 della Convenzione
di New York del 1989, dall'articolo 8 della Corte europea dei diritti dell'uomo
e dall'articolo 7 della Carta dei diritti fondamentali dell'UE. Viene
richiamato l'articolo 50 del Codice in materia di protezione dei dati
personali, che estende il divieto di pubblicare o diffondere notizie o immagini
idonee a identificare i minori a tutti i procedimenti giudiziari nei quali i
minori siano coinvolti, non solo penali ma anche civili. L'ordinanza segnala
che le vicende del procedimento sono state ampiamente diffuse su stampa, TV,
online e social media , con pubblicazione di elementi idonei a identificare i
bambini sia direttamente (foto, immagini) sia applicare (generalità e residenza
dei genitori). Secondo il Tribunale, i genitori hanno così “fatto uso” dei
figli per ottenere un risultato processuale a loro favorevole in un
procedimento de potestate, ponendosi in conflitto di interessi con i minori e
cercando di condizionare l'esercizio della giurisdizione attraverso la
pressione dell'opinione pubblica, invece che utilizzare gli strumenti e le
garanzie del processo.
La
decisione: sospesa la responsabilità genitoriale e collocamento in
casa-famiglia
Alla
luce di questo complesso quadro – condizioni abitative non sicure, rifiuto di
collaborare stabilmente con il Servizio sociale, mancata esecuzione degli
accertamenti sanitari isolamento, sociale e esposizione mediatica
pregiudizievole – il Tribunale ritiene sussistenti “gravi e pregiudizievoli
violazioni” dei diritti dei figli: all'integrità fisica e psichica;
all'assistenza materiale e morale; alla vita di relazione; alla riservatezza.
Sulla base dell'art. 473-bis.22 del codice di procedura civile, il Tribunale:
1.
sospende la responsabilità genitoriale di Nathan Trevallion e Catherine
Birmingham nei confronti dei tre figli;
2.
nomina un tutore provvisorio, individuato nell'avvocata Maria Luisa Palladino,
foro di Vasto;
3.
ordina l'allontanamento dei minori dalla dimora familiare e il loro
collocamento in casa-famiglia;
4.
conferma l'affidamento esclusivo al Servizio sociale, incaricandolo di dirigere
l'esecuzione dell'ordine di allontanamento, di garantire sostegno psicologico
ai minori e di disciplinare le modalità di frequentazione tra genitori e figli,
con particolare attenzione al rischio di sottrazione;
5.
autorizza l'esecuzione con l'assistenza della forza pubblica, secondo modalità
dettagliate in motivazione.
Esecuzione
dell'allontanamento e ruolo della forza pubblica
L'ordinanza
entra in modo anche nel piano operativo: sia i genitori (anche se sospesi) sia
il Servizio sociale sono specifici tenuti a dare attuazione ai provvedimenti a
tutela del minore; l'inosservanza può comportare responsabilità civile e, in
determinate condizioni, penale; la forza pubblica, se richiesta, deve assistere
il Servizio sociale quando vi sia pericolo per l'incolumità delle persone o
rischio di resistenza attiva; può intervenire autonomamente per interrompere
eventuali reati, ai sensi dell'art. 55 del codice di procedura penale; si
richiamano i criteri operativi tipici delle attività di soccorso e
repressione/interruzione di reati, tenendo conto che nel caso concreto vi è un
pericolo – accertato o anche solo temuto in pendenza di istruttoria – per
l'integrità fisica o psichica di persone incapaci, quali sono i minori secondo
il provvedimento giurisdizionale; le modalità concrete di esecuzione rientrano
nella discrezionalità tecnica degli operatori, con possibilità di coinvolgere
anche professionisti dell'area sanitaria. Comunicazione alle autorità consolari
e al giudice tutelare. Infine, il Tribunale dispone che il provvedimento sia
comunicato alle autorità consolari del Regno Unito e dell'Australia, in
applicazione dell'articolo 37, comma 2, della Convenzione di Vienna del 1963.
L'obiettivo è favorire un'eventuale collaborazione per individuare risorse
familiari alternative in grado di fornire alle carenze genitoriali. Una copia
dell'ordinanza viene trasmessa anche al giudice tutelare presso il Tribunale di
Vasto, mentre cancelleria e Servizio sociale del Comune di Palmoli sono
incaricati delle ulteriori comunicazioni alle parti costituite, al tutor e agli
uffici coinvolti.
Un
caso internazionale
È
un caso nazionale, addirittura internazionale. I media si scatenano. I bambini
vengono protetti ma ormai è tutto un ribollire di commenti e prese di
posizione. Persino il ministro della Giustizia Carlo Nordio annuncia l’invio
degli ispettori al Tribunale dei minori, suscitando il sospetto che
l'operazione sia di natura politica, viste le polemiche per la recente riforma
della magistratura. Sembra addirittura che la vicenda abbia colpito il
subconscio collettivo degli italiani, sedotti dall'idea di poter vivere nella
natura. Se uno vuol vivere come Hansen e Gretel chi può impedirglielo? Sui
social girano meme assortiti che ritraggono cappuccino rosso che non ha paura
del lupo ma dei giudici dell'Aquila e altre scempiaggini del genere.
I
bambini prima di tutto
In
realtà questa vicenda, che sembra la trama di un film di Comencini, ha anche a
che fare con la salvezza dei bambini. Se può turbare e persino urtare la
letteratura scientifica inserita con grande sfoggio di titoli e autori per
giustificare l'ordinanza, quasi che si possano allontanare dei bambini sulla
base di disquisizioni accademiche, il vero punto cruciale è uno solo: fino a
che punto può andare avanti la vita di quei bambini che bevevano acqua di
pozzanghera o di ruscello (il padre diceva che in quella potabile c'era troppo
cloro) rischiando la leptospirosi, che è un batterio mortale, o sono soggetti
ai pericoli di prendersi una trave in testa, o di morire di polmonite,
aggirandosi tutto il giorno per i boschi, magari per finire nelle mani di
qualche malintenzionato o di perdersi venendo braccato da qualche
animale?
Cosa
dice la Costituzione
D'altro
canto la Costituzione dice che spetta ai genitori educare i figli. È anche un
problema di principio: se si possono allontanare i figli di una famiglia del
genere allora lo si potrebbe fare con molti rom che mandano i figli a rubare, i
padri e le madri inadempienti rispetto ai loro doveri, quelli che li lasciano
tutto il giorno davanti al cellulare e non si curano di loro e via di questo
passo. fino a considerare tutti coloro che non rispondono ai requisiti della
letteratura scientifica ostentata dai giudici dell'Aquila. Ma i figli vanno
protetti, educati, non basta l'amore incondizionato, sono loro l'interesse
primario. Sempre. E i genitori sono responsabili della loro integrità fisica e
morale. Se un genitore non vuole la trasfusione di sangue per suo figlio per
motivi religiosi lo Stato ha il dovere di intervenire per salvargli la vita, o
no? Non è il caso dei coniugi in questione, amorevoli nei confronti dei propri
figli. Ma si può parlare anche di responsabilità di fronte al rifiuto di una
casa (in campagna) con luce, acqua e servizi offerti gratuitamente dal sindaco?
Un interesse primario, quello per i fanciulli, che per chi crede, ma anche per
chi non crede, che ha radici fino al Vangelo. La speranza – e forse un po'
anche il sogno – è che questa vicenda trovi un finale diverso dal presente: una
famiglia riunita, un padre e una madre che accettano le regole minime per
vivere con i loro figli senza metterne a rischio la salute o addirittura la vita.
Anche
perché, se fosse accaduto un incidente – un fungo sbagliato, una trave
malferma, una polmonite trascurata – oggi parleremmo di tutt'altro, saremmo qui
a chiederci perché non abbiamo saputo proteggerli.
Famiglia cristiana
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