venerdì 14 novembre 2025

LA MORALE SESSUALE E I POTENTI DEL MONDO

SCANDALI 
IN 
CORSO



di Giuseppe Savagnone 


Un nuovo scandalo a carico del presidente

La pubblicazione di alcune email, scambiate da Jeffrey Epstein, con la sua collaboratrice ed ex amante Ghislaine Maxwell e con l’opinionista Michael Wolff, ha dato nuovo impulso a un dibattito che coinvolge la figura del presidente Trump e che già da tempo si prolungava, in modo strisciante, sui media  statunitensi.

Oggetto della polemica sono i rapporti di Trump col finanziere miliardario Jeffrey Epstein, arrestato, il 6 luglio 2019, per abusi sessuali e traffico internazionale di minorenni e morto in carcere presso il Metropolitan Correctional Center di New York il successivo 10 agosto.

Secondo la versione ufficiale, si sarebbe suicidato impiccandosi, ma una serie di elementi ha giustificato inchieste successive sulla possibilità che in realtà sia stato strangolato.

In un’email del 2011 a Maxwell – poi condannata anche lei a vent’anni di carcere per il suo ruolo nell’adescamento e reclutamento delle vittime –  il finanziere scriveva che Trump aveva «passato ore» a casa sua con una delle ragazze che la squallida coppia, dopo averne abusato, cedeva come oggetti di piacere a personaggi potenti e danarosi. 

Sembra si trattasse di Virginia Giuffre, che nel recente passato ha denunciato gli abusi subiti, quando ancora aveva 17 anni, da Jeffrey Epstein e dal principe Andrea, secondogenito di Elisabetta II, (per questo poi spogliato di tutti i suoi titoli dalla Corona inglese), senza peraltro riuscire a liberarsi dei propri fantasmi, visto che ha concluso la sua disgraziata esistenza suicidandosi, a 41 anni, nell’aprile scorso.

In un’altra email, questa volta indirizzata, nel gennaio del 2019, pochi mesi prima dell’arresto, a Wolff, Epstein dice che il presidente – ormai giunto alla Casa Bianca due anni prima, nel gennaio 2017 – «ovviamente sapeva delle ragazze poiché ha chiesto a Ghislaine di smettere».

I democratici chiedono ora la piena divulgazione dei cosiddetti “Epstein files”, i documenti che potrebbero contenere nomi, contatti e registri delle frequentazioni del miliardario con esponenti del mondo politico, economico e culturale. Proposta cui la Casa Bianca continua a opporsi fermamente, ma che invece viene appoggiata da un numero sempre maggiore di deputati e senatori repubblicani.

Non si tratta, peraltro, del primo scandalo in cui Trump si trova coinvolto, anche se il fatto che in questo caso si tratti di minorenni costituisce un’aggravante dal punto di vista sia etico che giuiridico.

Che la sua vita sessuale, fuori del matrimonio, fosse movimentata era noto. Ma a evidenziare il suo approccio al mondo femminile era stato, nel 2016, prima ancora del suo primo mandato, un fuori onda di Access Hollywood, in cui Trump illustrava con un linguaggio volgare la sua visione del sesso e parlava dei palpeggiamenti a cui, forte del suo potere economico, usava sottoporre le donne.

Ma il caso che con più clamore ha portato alla luce lo stile del Tychoon è stato quello della pornostar Stormy Daniels che Trump, allora sessantenne, più volte divorziato e da poco sposato con Melania, aveva incontrato nel 2006, avendo con lei per un certo periodo frequenti rapporti sessuali. 

Durante le elezioni presidenziali del 2016, la pornostar aveva minacciato di rendere pubblica questa storia e Trump, per tacitarla, aveva pagato il suo silenzio con 130.000 dollari – fattile avere tramite il proprio avvocato Michael Cohen – sottratti illegalmente ai finanziamenti destinati alla campagna elettorale repubblicana.

Quando la vicenda è emersa, a elezioni avvenute, Cohen si è dichiarato colpevole e, nel dicembre 2018, è stato condannato a tre anni di prigione. L’incriminazione di Trump è arrivata, più tardi, nel marzo 2023, e ha portato a un processo penale conclusosi il 30 maggio 2024, quando la giuria popolare lo ha dichiarato colpevole di tutti i 34 capi d’imputazione di cui era accusato. La sentenza finale è stata emessa il 5 gennaio 2025. Ma il condannato era stato appena eletto, a novembre, presidente, cosicché il giudice ha stabilito che, – pur avendo ora la fedina penale macchiata dalla condanna – non sarebbe andato in prigione e non avrebbe dovuto pagare alcuna multa.

La coerenza di Trump

Siamo davanti, dunque, a un personaggio che, nella più blanda delle possibili valutazioni, non è certo un modello di moralità. Nulla di eccezionale, a dire il vero, se non fosse che il personaggio di cui parliamo è stato assunto dalla destra religiosa – soprattutto evangelica, ma in parte anche cattolica – degli Stati Uniti come il simbolo della difesa dei valori cristiani e in qualche caso addirittura investito dell’aura del messia

A dire il vero, ci sono anche altri e più gravi motivi per mettere in discussione questa pretesa, dalla sospensione degli aiuti ai paesi poveri alla deportazione dei clandestini, in modalità particolarmente violente ed umilianti, al sostegno dato a Netanyahu nella sua politica di sterminio sistematico nella Striscia di Gaza, col dichiarato intento di sfruttare questo territorio per costruirvi un resort di lusso.

Significativo anche il fatto che dopo la sua elezione a presidente Trump abbia chiamato a guidare il Faith Office, un dipartimento che  esisteva dal 2001, una telepredicatrice milionaria, Paula White, adepta della “teologia della prosperità”, movimento religioso fondato da Oral Roberts che ritiene che più un fedele prega più otterrà benefici economici.

Siamo agli antipodi del vangelo e i vescovi americani, che pur erano stati in gran parte favorevoli all’elezione di Trump – per reazione alla campagna dei Kamala Harris, incentrata tutta sulla libertà di aborto – , alla fine ne stanno prendendo atto

Ma nella tradizione cristiana il sesto comandamento – «Non commettere adulterio» (Es 20,14) – ha sempre avuto un particolare valore simbolico. E chiudere gli occhi sui trascorsi di Trump è stato difficile per la base dell’elettorato Maga (l’acronimo di Make again great America), che ha accettato solo davanti alla promessa che, un volta rieletto, il Tychoon avrebbe portato alla luce e smantellato la rete di magnati e personaggi pubblici che gravitavano intorno ad Epstein.

Ora invece si trova di fronte a nuove prove del coinvolgimento di Trump in questa rete e – ciò che forse agli occhi degli americani è ancora più grave (come ha dimostrato il Watergate al tempo di Nixon) – al tentativo di nasconderlo e negarlo. Anche in questo caso, infatti, la portavoce della Casa Binca Karoline Leavitt ha dichiarato che «queste email non dimostrano assolutamente nulla, se non il fatto che il presidente non ha fatto nulla di sbagliato».

E non si tratta solo della sua persona: tra i suoi sostenitori, c’è la sensazione che Trump, più che se stesso, stia cercando di proteggere personaggi ricchi e famosi, contraddicendo platealmente il principio fondamentale della fede Maga, che è la lotta alla casta dei privilegiati. Da qui un malessere che ormai rischia di diventare una frattura.

Trump e Berlusconi

La fede nel presidente americano sembra invece intangibile presso la destra italiana. Troppo forte è il legame che si è stabilito fra lui e Giorgia Meloni, basato non solo su una sintonia ideologica, ma anche su un reciproco apprezzamento, più volte ribadito pubblicamente da entrambi.

Del resto, che il problema dell’immoralità sessuale dei politici non impressioni più di tanto la nostra premier lo dimostra la sua disponibilità a fare di Silvio Berlusconi il “padre” ispiratore del suo governo.

Dalla proclamazione del lutto nazionale per la sua scomparsa, prolungato per una settimana, alla dedica della recente riforma della giustizia, questa “beatificazione” del cavaliere è stata una costante in questi tre anni. Per non parlare del temerario accostamento – ricorrente nei discorsi del vicepremier Tajani – tra la sua figura a quella di De Gasperi, che invece era davvero un cristiano.

L’associazione che viene spontaneo fare è invece fra Berlusconi e Trump, entrambi imprenditori scesi in politica con il chiaro intento di tutelare e promuovere interessi personali, entrambi pervenuti al successo in una battaglia contro il “comunismo” dei loro oppositori ed entrambi tutt’altro che restii a esibire loro spregiudicatezza nell’ambito sessuale, malgrado i loro legami coniugali.

Nel caso di Berlusconi, più che in quello di Trump, il successo sessuale – si vantava di non accontentarsi di una donna per notte –  è stato addirittura, insieme quello economico e a quello politico, un fattore importante del fascino che ha esercitato su milioni di italiani, molti dei quali hanno visto in lui la proiezione dei loro sogni. E anche il cavaliere, come Trump, ha ampiamente fatto ricorso al suo potere e al suo denaro per soddisfare i propri impulsi sessuali, creando un vero e proprio harem di escort.

Anche lui non ha disdegnato le minorenni, come dimostra il caso che nel maggio 2010 lo vide intervenire presso la questura di Milano per il rilascio della diciassettenne marocchina Karima El Mahroug, soprannominata “Ruby Rubacuori”,  sostenendo che si trattava della nipote del presidente egiziano Mubarak.

Resta agli atti della storia del nostro parlamento la mozione, approvata dalla maggioranza di destra, in cui non si negava che il cavaliere avesse approfittato del suo ruolo pubblico per ottenere il proprio scopo, ma ci si diceva certi che lo avesse fatto perché davvero convinto che ci fosse il pericolo di una crisi internazionale.

È inevitabile il confronto tra questa esaltazione di un personaggio  indiscutibilmente responsabile di una condotta sessuale gravemente immorale, con ricadute pubbliche, e le continue dichiarazioni della destra al governo di voler difendere a tutti i costi la tradizione cristiana, con particolare riferimento ai valori della famiglia.

In un discorso tenuto a Budapest nel settembre del 2023 Meloni ha ricordato una sua dichiarazione precedente a questo proposito: «Con il mio discorso ormai celebre “sono una donna, una madre, sono cristiana” volevo dire che viviamo in un’era in cui tutto ciò che ci definisce è sotto attacco e questo è pericoloso per la nostra identità nazionale di famiglia e di religione. Senza questa identità siamo solo numeri».  E ha parlato della necessità di «una grande battaglia» per «difendere la famiglia», perché questo significa «difendere Dio, la nostra identità e tutto quello che ha contribuito a costruire la nostra civiltà».

Sono Trump e Berlusconi i modelli di questa “difesa”? Posto che il problema del sesso non è il centro della questione e che anche per il governo italiano si possono citare altri elementi, ancora più significativi, che evidenziano la sua lontananza dalla prospettiva di un umanesimo ispirato cristianamente – dalla politica migratoria al favore nei confronti dei ceti privilegiati al sostegno a Netanyahu – ,  resta il fatto che la coniugazione tra sesso, denaro e potere, di cui sono simboli le figure di Trump e di Berlusconi, è il contrario di ciò a cui un vero rinnovamento del nostro paese e dell’Occidente deve mirare.

Attendiamo con speranza dei leader che nella loro vita privata – ormai inevitabilmente destinata ad essere anche pubblica – esprimano la rottura con questo modello squallido.

www.tuttavia.eu

Immagine: 

 

 

Nessun commento:

Posta un commento